Bastava un’ora e un minuto a Barbora Krejcikova per sbarazzarsi di Jasmine Paolini in un match di qualificazione dell’Australian Open. Era l’11 gennaio 2018. Rimane quello l’unico precedente della finale di Wimbledon che si disputerà oggi sabato 13 luglio, la prima per una giocatrice italiana (e la stessa considerazione era valsa anche per la semifinale, visto che nessuna delle cinque prima di Paolini aveva mai sfondato il muro dei quarti) e la seconda in assoluto ai Championships, dopo quella di Matteo Berrettini nel 2021. Di fronte Jasmine non avrà però un giocatore del calibro di Novak Djokovic, o di Iga Swiatek, la sua avversaria qualche settimana fa a Parigi. Sfiderà una giocatrice ceca che è entrata in tabellone da numero 32 del mondo, dopo un’annata tormentata dai problemi fisici; Krejcikova ha, comunque, un passato da numero due. In ogni caso: nonostante i bookies diano la sua sfidante leggermente favorita – probabilmente anche in virtù dell’esperienza a questi livelli – la partita si prospetta, almeno ai nastri di partenza, alquanto equilibrata.
Da quell’11 gennaio 2018 è cambiato un mondo. Sotto la guida di Renzo Furlan, Jasmine è entrata quest’anno per la prima volta in top venti, grazie al successo nel 1000 di Dubai. Il culmine di uno straordinario percorso di crescita che la rendeva in pochi mesi la migliore giocatrice italiana, si pensava. E invece era solo l’inizio. Grazie anche ai consigli e all’esempio della sua fidata compagna di doppio Sara Errani (con cui ha vinto anche Roma) Paolini, che non aveva mai neanche raggiunto i quarti, ha trovato a Parigi la prima finale Slam. Oggi gioca la sua seconda, quattordicesima per il tennis italiano, da decima (fra uomini e donne) a riuscirci. E’ peraltro la seconda finale consecutiva in uno Slam (prima azzurra a riuscirci). I suoi primati non riguardano però il solo suolo patrio: è, per esempio – perché se ne potrebbe citare molti – la prima giocatrice dal 1987 (nientemeno che Steffi Graf) a raggiungere le prime due finali Slam della carriera nello stesso anno; ed è la quinta dal 1999 (dopo nomi come la stessa Graf, le sorelle Williams e Justine Henin) a trovarsi all’atto conclusivo di entrambe le manifestazioni; è la prima di sempre a riuscirsi se contiamo le classificate fuori dalla top 5. Potrebbe in questo senso segnare un traguardo anche in…negativo: sarebbe la prima dal 2002 (Venus) a perderle entrambe.
Nonostante abbia già 28 anni (esattamente come la sua avversaria: è la finale Slam meno giovane dai Championships del 2018) arriva a questo traguardo tennisticamente giovane: prima del 2024 non aveva mai vinto partite nel main draw di Wimbledon, né in alcun altro main draw su questa superficie; capitò similmente a Justine Henin nel 2001, ma la belga si fermò in finale. Se Paolini vince, però, diventa numero due della race, altrimenti dovrà accontentarsi del terzo posto. Già delineato invece il quinto nella classifica ufficiale, ad un posto dal record di Schiavone; in ogni caso, un traguardo testimoniato dal numero di partite vinte negli Slam in questa stagione: 15 (a meno due dal record assoluto italiano, e c’è ancora New York), più di Swiatek e di Sabalenka.
Paolini sa bene quanto la sua avversaria, a dispetto della classifica, sia temibile. Ha già vinto uno Slam, a Parigi, nel 21, e come anticipavamo è stata per qualche tempo numero due in singolare, nonché uno e medaglia d’oro olimpica in doppio. La tradizione delle sue connazionali a Wimbledon è ben più ricca della nostra: è la quinta in finale, dopo Novotna, Kvitova (due volte) e Vondrousova, soltanto l’anno scorso. E nessuna di loro ha perso la propria finale. Peraltro, ha già vinto questo torneo, addirittura due volte: nel 2018 e nel 2022, sebbene in doppio. Vincendo, otterrebbe l’ottavo titolo in carriera, e tornerebbe dove è già stata a lungo, ovvero in top ten, per la prima volta da inizio stagione.
“Me la godrò, perché arriva dopo un momento difficile”, ha detto Krejcikova parlando di questa finale: effettivamente, dopo alcuni anni ad altissimo livello, questo 2024 era stato quasi del tutto avaro di soddisfazioni, anche per i problemi alla schiena che, fra le altre cose, l’avevano costretta a saltare quattro master 1000 consecutivi e sprofondare in classifica. Per Paolini, invece, come ha già avuto modo di ripetere più volte, sarebbe “un sogno”, ed anzi lo è già aver raggiunto questo traguardo. Non dobbiamo aspettarci, però, nonostante i proclami e la naturale disposizione, che Jasmine giochi col sorriso: già con Vekic, dopo la partita straordinaria con Navarro ai quarti (se dovesse giocare nuovamente a quel livello, per Krejcikova non ci sarebbe speranza) l’abbiamo vista tesa e contratta, come è normale in una situazione del genere. In ogni caso, ha dimostrato di esser in grado di uscire da una difficile situazione come quella, come era uscita dalla partita quasi persa con Keys – in quel caso anche grazie ad una buona dose di fortuna, o meglio, di sfortuna dell’avversaria. In tutto è stata in campo, comunque, un’ora in meno della sua avversaria: 10 e 42 minuti, contro le 11 e 42 della ceca. Per Krejcikova pesano soprattutto le tre ore e quattordici del soffertissimo esordio con Kudermetova.
Insomma: Krejcikova sa giocare bene dovunque, ha soprattutto un’ottima visione di gioco che le è conferita dall’esperienza di consumata doppista; le qualità di Paolini, tecniche e mentali, si conoscono. Non dobbiamo aspettarci, a meno di sorprese, una partita di grandissima qualità, vista la tensione e la posta in palio. Sarà, comunque vada, una finale storica per il tennis italiano, perché nessuna azzurra si era spinta fin qui.
Il match verrà trasmesso in diretta esclusiva su SKY Super Tennis e NOW dalle 15, mentre verrà trasmessa in chiaro in differita su TV dalle 21:30.