Scopettoni, stracci e mocio per asciugare la chiesa finita sotto qualche centimetro d’acqua. I ragazzi della parrocchia di Santa Bona a Treviso hanno dato una mano a don Roberto, parroco di Pieve di Zoldo, che li ospita in questo periodo. Con loro anche il cappellano trevigiano Stefano Tempesta. Tirati su i banchi all’interno della navata, una decina di giovani ha dato una mano ad asciugare la pietra per evitare che l’acqua rovinasse gli arredi.
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È la fantastica immagine che fa da contraltare a quelle legate alla nuova emergenza maltempo che ha flagellato lo Zoldano venerdì mattina, all’ora di pranzo. «Tutto risolto, anche grazie all’aiuto dei ragazzi».
Don Roberto De Nardin, parroco della chiesa di Pieve, racconta lo sforzo fatto. L’acqua si è raccolta sul sagrato esterno, complici anche i tombini che non assorbivano. Gli stracci sull’uscio non hanno chiaramente tenuto.
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«L’acqua si è incanalata davanti alla porta», spiega don Roberto, «la pioggia è arrivata all’improvviso. Per fortuna eravamo lì pronti. I ragazzi di Santa Bona mi hanno aiutato a risolvere la situazione, insieme al loro cappellano accompagnatore don Stefano Tempesta. Hanno asciugato, si sono dati da fare, sono stati davvero bravi, perché si potevano rovinare gli arredi. In passato mi dicono sia già successo, da quando ci sono io, da tre anni, non era mai capitato. Ma il sistema di drenaggio non è bastato un po’ovunque: anche in piazza si è alzata la pavimentazione».
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Una bomba d’acqua quella che ha spazzato una buona parte della provincia, facendo martire (non che ce ne fosse bisogno, dopo il Duran) proprio il territorio di Val Zoldo. In valle anche il sindaco è stanco di una emergenza dopo l’altra: «Abbiamo appena riaperto la strada del passo Duran ed ecco questa bomba d’acqua. Non ne possiamo più», afferma.
Pioggia battente, tutta in una volta ha fatto saltare condotte e tombini: se la chiesa è finita allagata, alla pavimentazione in piazza non è andata meglio, visto che si è alzato il porfido. Poi frane e fango lungo alcune strade non principali, cantine e garage sott’acqua, tombini che non assorbivano, una frana anche dietro il municipio.
«Per un’ora e mezza sembrava di essere in un altro mondo», dice il sindaco Camillo De Pellegrin. «Ora c’è il sole. I danni sono diffusi e di entità non macroscopica per fortuna: acqua nelle case, scantinati allagati, un sacco di smottamenti, rii usciti dall’alveo, tombini esplosi perché quantità e pressione di acqua non sono più sostenibili per le condotte».
De Pellegrin parla di qualche centinaio di migliaia di euro di danni, ma chiaramente i conti si debbono ancora fare. «Le opere idrauliche dei comuni non sono più idonee ad assorbire tutta questa quantità di acqua caduta in breve tempo: abbiamo avuto un temporale pazzesco con una quantità di acqua impressionante».
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Il Duran questa volta ha tenuto, ma una lieve emergenza ha bloccato il traffico lungo la 251, all’altezza di Dont e Forno: strada bloccata per detriti, poi tolti dalle ruspe. «Nella famosa galleria», prosegue De Pellegrin, «si lavora per liberare il pozzetto che si è otturato. Principalmente il maltempo si è concentrato nella parte bassa della valle. Paradossalmente due territori del medesimo comune hanno subito effetti diversi: uno all’asciutto e l’altro è finito sott’acqua».
I danni? Si stanno conteggiando. «La chiesa di Pieve si era allagata ed è stata asciugata grazie a un gruppo di ragazzi che hanno aiutato il parroco don Roberto. Poi c’è una frana dietro al municipio che costerà qualche decina di migliaia di euro sistemarla», aggiunge il sindaco. «Danni ai privati che si sono ritrovati l’acqua in casa e nelle cantine, e la piazza dove si è sollevata la pavimentazione: è saltato tutto, come con i tombini».
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Un De Pellegrin che non ne può più, come gli abitanti, e che invita a investire di nuovo sulle difese idrauliche: «La politica deve essere responsabile: bisogna dare delle priorità, la Regione ha competenza in difesa del suolo e sanità, non c’è altro da fare. Ci sono aspetti del futuro dei nostri territori dai quali non si può prescindere: grazie alla Regione abbiamo investito dopo Vaia. Sono state concluse opere che se non ci fossero state, a quest’ora staremmo piangendo. La zona industriale senza quell’opera idraulica terminata oggi avrebbe avuto aziende sott’acqua. Bisogna farlo capire alla gente: i Comuni debbono impegnarsi lì, su questi progetti, non in altro. Ma conti a parte, sono le opere di prevenzione da fare a essere costose»