Credo proprio che nessuno dubiterà del fatto che per la vittoria di Jasmine Paolini io mi sia fortemente commosso. Una ragazza italiana in finale a Wimbledon è un sogno per lei – Jasmine lo ripete come un mantra – ma lo è anche per chi in 51 anni di Wimbledon consecutivi, non lo aveva mai vissuto.
E, diciamo la verità, per un cronista che non c’era mai andato neppure troppo vicino a viverlo, perché nessuna delle 4 ragazze che avevano raggiunto i quarti dopo la Valerio negli Anni Trenta (Golarsa nell’89, Farina nel 2003, Schiavone nel 2009, Giorgi nel 2018) aveva qualità e prospettive tecniche per vincere sull’erba di Wimbledon una o altre due partite con le avversarie che avrebbero dovuto affrontare. Aver raggiunto i quarti, per tutte, era già stato un mezzo trionfo.
La vittoria di Jasmine è arrivata alla fine di una semifinale non bella tecnicamente ma straordinariamente intensa per le emozioni che ha procurato lungo 2 ore e 50 minuti che ne fanno la semifinale di più lunga durata a Wimbledon.
Non sono davvero mancate le sofferenze per, papà Ugo, mamma Jaqueline, parecchi italiani sul centre court, anche per tutti noi in tribuna stampa, che abbiamo tifato per lei che ha perso netto il primo set, vinto il secondo in modo piuttosto rocambolesco, quindi è stata indietro 3-1 nel terzo set e poi indietro anche 3-1 nel tiebreak finale, dopo che aveva in precedenza mancato la trasformazione di un primo matchpoint sul 5-4 e di un secondo sul 6-5.
Che sospiro di sollievo, e che goia quando ha finalmente chiuso con le braccia al cielo quella sorta di Via Crucis con il tiebreak vinto per 10 punti a 8.
AGF ha già pubblicato la cronaca del match ricco di saliscendi e momenti emozionanti, ma riassumo di seguito i passaggi più sofferti:
Dal 3 pari in poi non ci saranno più minibreak fino a che, sul 9-8 – e 35 minuti elettrizzanti dopo quel primo matchpoint sul 5-4 – la Vekic tira fuori e Jasmine può finalmente far esplodere tutta la sua gioia.
Gioisce con lei in estasi il pubblico che, contagiato e sedotto dal suo sorriso, l’ha sempre sostenuta neppure fosse inglese. Idem gli italiani presenti sul Centre Court e fra chi esulta senza troppo ritegno anche chi era rimasto avvitato sulle sedie della tribuna stampa.
Difficile non commuoversi, dopo tutte quelle situazioni altalenanti, fortemente coinvolgenti.
È stata una vittoria che mi ha toccato particolarmente il cuore perché del percorso di Jasmine sono a conoscenza praticamente da sempre, quasi fin da quando era bambina anche se non ho conosciuto lo zio che a 5 anni le ha messo la racchetta in mano e andrebbe benedetto.
L’ho seguito quel percorso perché è toscana come me, perchè è nata e cresciuta a Bagni di Lucca frequentando un circolo, il TC Mirafiume, nel quale ho giocato estate dopo estate tornei (di seconda categoria eh, non Slam…il giudice arbitro non era Alan Mills ma Umberto Galli) per non so più quanti anni, perché poi Jasmine ha dovuto spostarsi al Tennis Club Lucca la cui presidente per tanti anni è stata Paola Cecchini, seconda categoria di tennis come me e vecchia simpatica amica…
Jacqueline, la mamma di Jasmine cameriera al ristorante Del Sonno – davanti al circolo dei Forestieri per chi conosce Bagni di Lucca… non vi perdete il risotto o le pappardelle con i funghi quando è stagione – non poteva più continuare a portarla ad allenarsi a Lucca tutti i giorni, anda e rianda un’ora e mezzo e tutta una giornata persa.
Più tardi Jasmine si sarebbe tesserata, per giocare la serie A, per il Tennis Club Italia di Forte dei Marmi del presidente Sergio Marrai – il cui figlio Matteo per un certo periodo ha fatto da vicecoach di Jasmine, li ricordo insieme al torneo del Country Club di Palermo e di Oliviero Palma – il club dove i miei figli e io abbiamo giocato quasi tutte le estati e dove lei spesso si allena, sotto gli occhi di Renzo Furlan che abita a un tiro di schioppo, verso Marina di Carrara.
Al di là del punteggio sempre incerto la partita non aveva nulla a che vedere con quella splendida giocata da Jasmine contro la Navarro. Jasmine era tesa, Vekic pure. Per entrambe era un’occasione chissà se irripetibile. Giocarla pensando di essere favorita non aiutava. Anzi. E si vedeva a occhio nudo.
Ma Vekic, 16cm più alta con il suo metro e 79, aveva l’arma del servizio che le dava diversi punti gratuiti. Mentre Jasmine se li doveva costruire e non poteva fare a pallate perché Vekic, più potente, l’avrebbe messa sotto come ha quasi sempre fatto addirittura con Sabalenka (6 a 2 per Vekic i precedenti).
Oltretutto, avrebbe detto Jasmine, “io oggi ho servito proprio male”. Quindi la “nostra” ha cercato di alzare qualche traiettoria, giusto per spezzare il ritmo alla sua avversaria. Il guaio, però, era che lo spezzava anche a se stessa. E gli errori sono fioccati, da una parte e dall’altra. Ora che Jasmine, e comunque nel secondo set ha cambiato un po’ tattica, ha giocato qualche palla corta vincente, è venuta a conquistarsi qualche bel punto a rete, e alla fine ha vinto si dirà… e chisseneimporta se la qualità del match non è stata granchè! Infatti, anche se credo che sia giusto dirlo per onestà intellettuale, non è importante.
Infatti siamo qua a celebrare la prima finale raggiunta da una nostra tennista che, dopo aver ottenuto lo stesso risultato anche al Roland Garros, entra addirittura in quella straordinaria elite formata da 4 supercampionesse, Graf, Henin e le due sorelle Williams – la creme de la creme – che negli ultimi 25 anni sono state le sole a raggiungere due finali Slam negli stessi 45 giorni sia a Parigi sia a Wimbledon. Dopo Serena nel 2016 la prima a riuscirci è Jasmine Paolini. Pazzesco che sia accaduto a una tennista di 28 anni che lo scorso aveva raggiunto il best ranking a n.29 (chiudendo l’anno a n.30) e che nel 2022 non era stata più su del n.44. Oggi è n.5!
Ora, mentre festeggio anch’io felice come un bambino come se avessi vinto io, al contempo comincio a ritrovarmi povero di argomenti. Eh sì, perché che cosa si può dire di nuovo sul conto di Jasmine che non si sia detto già a Parigi dopo le sue sei partite vinte e qui dopo altre sei successi? Che a Wimbledon non aveva mai vinto un match è già stato scritto… Del resto anche lei non sa più che dire, dopo aver detto sul campo: “Ricorderò questo match per sempre!”. E in conferenza stampa: “Mi sono trovata più volte con l’acqua alla gola, ma sono riuscita a nuotare”.
Ieri dopo la vittoria ha dovuto parlare con due radio e 13 TV. E a tutte ha dovuto dire le stesse cose: “È un sogno… è un sogno… è un sogno… ed è ancora un sogno”.
E se sabato contro Krejcikova dovesse vincere per la prima volta – ci ha perso in un match di qualificazione dell’Austraian Open nel lontano 2018 (6-2 6-1), “speriamo di far meglio sabato eh”… mi ha messaggiato quando glielo ho ricordato dopo che in conferenza stampa lei aveva detto di non averci mai giocato… – dirà certamente ancora, come in trance: “È un sogno… è un sogno… è un sogno”.
Ma, mettetevi al suo posto, che cosa volete che dica, che si inventi? C’è una altra domanda ricorrente che le viene chiesta: “se un anno fa ti avessero detto che saresti arrivata in finale a Parigi e a Wimbledon che avresti risposto?”. La risposta l’ho già sentita sei o sette volte e in tutte le lingue: “Un anno fa? Due mesi fa! Avrei detto, siete pazzi! You are crazy!“.
Chiudo su Jasmine riprendendo uno spunto interessante segnalatomi dal nostro superesperto di tennis femminile, il celeberrimo AGF.
Se è vero che solo quattro super campionesse, sopra citate, avevano fatto finale a Parigi e Wimbledon back to back, negli ultimi anni si è quasi instaurata una tradizione che vede le vincitrici (o anche finaliste al Roland Garros) imporsi anche a Wimbledon.
Ispirato da AGF dico che Muguruza ha vinto Parigi nel 2016 e poi Wimbledon nel 2017, Halep ha fatto lo stesso percorso, (Parigi 2018, Wimbledon 2019), poi Barty (Parigi 2019, Wimbledon 2021) e Vondrousova (finale a Parigi nel 2019, vittoria a Wimbledon 2023).
A questo punto Jasmine vorrebbe “copiare” Vondrousova e Krejcikova, regina a Parigi nel 2021 tutte le altre. Una cosa è certa: per l’ottavo anno di fila Wimbledon avrà una vincitrice diversa.
Detto inter nos, dopo che Jasmine, mentre ancora Krejicikova e Rybakina stavano lottando, si è rifiutata di rispondere a quella domanda cui nessun giocatore mai risponde (–Con chi preferiresti giocare?- “Non te lo dico!”) penso che per Jasmine sarebbe stato molto meglio affrontare la Rybakina che serve meglio della Krejcikova ma attraversa spesso fasi di alti e bassi e ha un tennis molto meno vario e talentuoso della ragazza ceca che fu “allenata” da ragazzina da Jana Novotna e che lei non manca mai di ricordare, inevitabilmente commuovendosi come ha fatto anche ieri dopo la vittoria sulla kazaka.
Jasmine non dimenticherà mai questo match e questa giornata. Il vostro cronista neppure.