Missili Usa a lungo raggio in Germania per la prima volta dalla guerra fredda, scudo della Nato a Kiev, minacce di sanzioni a Pechino: è ormai scontro aperto tra l’Alleanza da una parte e Russia e Cina dall’altra, col rischio di un’escalation tra i due blocchi mondiali e di una nuova corsa agli armamenti.
Su tutto aleggia inoltre lo spettro di una blacklist del Cremlino per eliminare leader dell’industria delle armi europee per l’Ucraina, come il ceo della tedesca Rheinmetall, Armin Papperger, finito nel mirino di un complotto russo sventato dagli 007 di Washington e Berlino.
Di «ritorno alla guerra fredda» ha parlato apertamente il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, accusando «la Germania, gli Stati Uniti, la Francia e il Regno Unito di partecipare direttamente al conflitto in Ucraina». In precedenza il governo russo aveva minacciato una «risposta militare» ai missili Usa ed altre misure «per contenere la Nato». Quanto a Pechino, dove la premier Giorgia Meloni sbarcherà a fine luglio, ha accusato l’Alleanza di «incitare allo scontro».
L’annuncio mercoledì dei missili americani in Germania a margine del summit Nato era passato quasi inosservato, ma il giorno dopo sono esplosi tutti i suoi effetti dirompenti. Washington e Berlino hanno comunicato che dal 2026 cominceranno a dispiegare in Germania capacità a lungo raggio, prima in modo «episodico» e poi «duraturo», per «dimostrare l’impegno degli Usa verso la Nato e il suo contributo alla deterrenza integrata europea». Il nuovo arsenale comprenderà gli Sm-6 e i Tomahawk ma anche armi ipersoniche, con una gittata «significativamente più lunga rispetto agli attuali missili con base terrestre in Europa».
Tali missili sarebbero stati vietati in base al trattato Inf firmato da Reagan e Gorbaciov nel 1988 ma il patto è andato in frantumi cinque anni fa, fra accuse reciproche di violazioni tra Usa e Russia. Il ministro della Difesa tedesco Boris Pistorius, intervenendo al vertice Nato, ha spiegato che l’idea è quella di incoraggiare la Germania ed altri Paesi europei a investire nello sviluppo e nell’acquisto di missili a lungo raggio per colmare «un crescente grave gap in Europa». Il dispiegamento delle armi americane darebbe agli alleati della Nato il tempo di prepararsi. Va in questa direzione la lettera di intenti firmata al summit da Germania, Francia, Italia e Polonia per sviluppare missili a lungo raggio nel Vecchio Continente. Il cancelliere tedesco Olaf Scholz ha accolto con favore la decisione degli Stati Uniti di schierare occasionalmente missili a lunga gittata nel suo Paese: «Ciò fa parte della deterrenza e garantisce la pace, è una decisione necessaria e importante, presa al momento giusto», ha commentato a Washington.
Ma la Russia ha reagito duramente. Mosca darà «una una risposta militare a questa nuova minaccia, senza ansia ed emozioni», ha attaccato il vice ministro degli Esteri Sergei Ryabkov, definendo la mossa Usa «solo un anello della catena di un processo di escalation». Anche il Cremlino è sceso in campo, definendo la dichiarazione del vertice della Nato «una seria minaccia per la sicurezza della Federazione Russa», in particolare per il percorso «irreversibile» di Kiev verso l’Alleanza, nonché per l’avanzamento delle infrastrutture nemiche verso i confini russi. E ha preannunciato «misure ponderate, coordinate ed efficaci per contenere la Nato».
Come sempre sopra le righe la replica del vicepresidente del Consiglio di sicurezza russo Dmitry Medvedev, che ha sollecitato un impegno per «far scomparire» l’Ucraina e la Nato.
Duro anche lo scontro tra la Nato e la Cina, dopo che per la prima volta l’Alleanza si è unita agli Usa nel denunciare il suo sostegno militare a Mosca e le sue «maligne attività cyber e ibride, compresa la disinformazione, negli Stati Uniti e in Europa». La dichiarazione finale contiene anche la minaccia implicita che il crescente sostegno del Dragone alla Russia avrà un prezzo: la Cina «non può consentire la più grande guerra in Europa nella storia recente senza che ciò abbia un impatto negativo sui suoi interessi e sulla sua reputazione», afferma la dichiarazione, richiamando in particolare «il suo sostegno su larga scala alla base industriale della difesa russa». Il primo passo naturale sarebbero le sanzioni economiche, che escluderebbero Pechino da parti dei mercati globali.
Immediata la reazione: «La Nato dovrebbe smettere di esaltare la cosiddetta minaccia cinese, smettere di incitare allo scontro e alla rivalità e contribuire maggiormente alla pace e alla stabilità nel mondo», ha commentato un portavoce della missione cinese presso l’Unione Europea. Intanto il Dragone ha gonfiato i muscoli a Taiwan, con 66 aerei e sette navi da guerra a circondare l’isola nel giro di 24 ore.
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