Il mondo della finanza e dell’asset management non è particolarmente noto per la sua capacità innovativa. Le aziende di altri settori sono molto più brave a creare prodotti nuovi, a volte rivoluzionari, che sono in grado di soddisfare meglio i bisogni dei consumatori, di assecondarne le abitudini, a volte di cambiare i nostri stessi comportamenti.
Da “noi” il bisogno fondamentale del Cliente non è cambiato di molto nel tempo, restando quello di vedere custodire e far fruttare il capitale a disposizione sulla base del grado di rischio / volatilità che si è in grado di sopportare e dell’orizzonte temporale che si ha di fronte. Se ben pensate tutti i prodotti che sono nati, dalle gestioni patrimoniali, ai fondi, dalle polizze agli ETF (exchange traded funds o fondi passivi per chi non mastica il gergo dei mercati) hanno l’obiettivo di soddisfare in un modo o nell’altro tale bisogno.
E’ però altrettanto vero che ogni tanto qualche parvenza di novità arriva. E allora oggi vi raccontiamo degli ETF a gestione attiva, ultima frontiera del nostro mondo, almeno lato listed markets.
Gli active ETFs mettono insieme le caratteristiche classiche degli ETF (quotazione in borsa, “replica” di un indice di mercato, basse commissioni di gestione) con una tipica invece dei classici fondi comuni o sicav (l’obiettivo di battere un benchmark attraverso una gestione attiva).
Una bella immagine prodotta da JPM Asset Management ci viene in aiuto per mostrare come queste due cose si mescolano.
Gli ETF attivi sono una «via di mezzo» fra gli ETF normali / Index Funds e i fondi / sicav a gestione attiva. Cercano di battere sistematicamente il benchmark attraverso una gestione attiva che ha un piccolo obiettivo di alfa (in gergo la differenza positiva fra rendimento del prodotto e appunto parametro di riferimento o benchmark), ma anche un bassissimo tracking error (variabilità della performance rispetto a quella del benchmark). In pratica questo vuol dire che la libertà di staccarsi molto dal benchmark, che c’è nei veri fondi attivi, viene ridotta drasticamente; ciò dovrebbe evitare, e finora è stato così, casi di sottoperformance (o alfa negativo) elevata. Lato costi parliamo di prodotti che costano più degli ETF normali, ma molto meno dei fondi attivi.
Nella pratica la gestione degli ETF attivi è tipicamente quantitativa e c’è poca componente discrezionale (unico modo per contenere il tracking error nei limiti stabiliti). Tutti i produttori dichiarano di far uso di algoritmi da loro creati. Spesso in aggiunta si ha una componente “qualitativa” basata tipicamente sulla ricerca che questi asset managers fanno internamente e che permette loro di avere opinioni e idee su società, emissioni obbligazionarie, valute, ecc.
Il mercato di questi prodotti negli Stati Uniti, ma anche ultimamente in Europa, sta crescendo molto. Sono prodotti che piacciono e che sono molto “spinti” da chi li sta proponendo agli investitori. Oggi il mercato europeo vale circa 35 miliardi di euro e si è moltiplicato per cinque volte dal 2019 a oggi. Questa cifra vale solo il 2% delle masse investite su ETF “normali”, ma è destinata a salire molto visto che il tasso di crescita è del 35% medio annuo, ben più elevato di quello del mercato ETF generale come mostra l’elaborazione Banca Patrimoni Sella & C su dati JPM.
Chi sono gli attori che stanno cavalcando questo boom? A oggi grossi asset manager americani e europei che fanno tipicamente gestione attiva fra i quali appunto JPM AM, Pimco, Fidelity, Capital Group lato Stati Uniti e Amundi, HSBC, AXA lato Europeo. Il trend della gestione passiva rispetto a quella attiva sembra essere inesorabile e proprio quest’anno è avvenuto il sorpasso lato quota di mercato a livello mondiale come potete vedere nel grafico di Goldman Sachs. Il fatto che anche grossi players noti per la loro ricerca e per decenni di gestione attiva (con percentuali di successo nel produrre alfa mediamente basse occorre dire) si siano buttati sugli ETF attivi è a nostro parere un segnale molto forte.
Ma sono validi questi ETF attivi? La risposta si basa su quanto abbiamo visto finora nel track record di 4 o 5 operatori che ha una durata variabile dai 3 ai 7 anni e andrà quindi rivalutata in futuro. Tenete conto che a oggi in Europa esistono meno di cento prodotti sul mercato, per quanto in forte crescita come detto.
Eccola: