È stato il primo atto e il suo aggiornamento è stato anche l’ultimo. Lo scioglimento del “Comitato media e minori” – deciso dal governo Meloni attraverso l’approvazione e l’entrata in vigore del decreto legislativo 50 del 2024 – è arrivato dopo l’ultima revisione concreta del cosiddetto “Codice di autoregolamentazione media e minori” annunciato nel novembre scorso, in occasione della Giornata mondiale dei diritti del fanciullo. Il testo iniziale – datato 2002 – era infatti ancorato a dinamiche televisive del passato, senza considerare l’impatto dei nuovi strumenti di comunicazione digitale.
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Il 29 novembre del 2002 può essere considerato come il giorno in cui questo organo ha preso piede nel nostro Paese. Tutto è nato da quella scrittura privata firmata dalla principali emittenti televisive e satellitari (RAI, Mediaset, La7, MTV, FRT, Aeranti, Corallo, Airlab, CNT, Conna, GRI, Rea e Terzo Polo) in cui erano stati messi nero su bianco alcuni dei princìpi atti alla tutela dei più piccoli di fronte a uno schermo televisivo. Il Codice di autoregolamentazione media e minori è tutt’oggi valido, con il testo aggiornato alle nuove dinamiche digital e social, anche se attualmente – dopo lo scioglimento del Comitato media e minori – manca un organo di controllo.
Era, dunque, il novembre di 22 anni fa quando quel testo venne adottato a mo’ di autoregolamentazione, prima di essere recepito dalla Legge di sistema 112/04 (la cosiddetta “Legge Gasparri”, dal nome dell’allora Ministro delle comunicazioni del secondo governo Berlusconi). Poi, nel 2005, venne trasfuso all’interno TUSMA (Testo Unico dei Servizi Media Audiovisivi) con il decreto legislativo 177/05. Dunque, un codice nato come scrittura privata per l’autoregolamentazione del sistema tra i principali attori delle emittenze televisive italiane e poi entrato a far parte del tessuto normativo del nostro Paese. Infatti, a doverlo rispettare non sono solamente i firmatari, ma tutte le emittenti che trasmettono in ogni forma (analogica, satellitare, digitale terrestre, Iptv) in Italia.
All’interno del testo, ci sono moltissimi riferimenti ai contenuti che non devono essere trasmessi in televisioni in determinate fasce orarie (la famosa “fascia protetta”) per tutelare la visione dei minori. I contenuti da limitare e vietare nella fascia 16-19 sono: violenza, sfruttamento, abuso, alcol, fumo e gioco d’azzardo. A tutto ciò vengono aggiunti anche dei limiti alla comunicazione pubblicitaria che – sempre nella fascia protetta – non può prevedere contenuti dannosi per i più piccoli.
Nel novembre scorso, questi vincoli erano stati aggiornati in linea con il continuo mutamento dei media e non solo della televisione, almeno secondo gli annunci. Come riporta l’Agenzia ANSA, infatti, il sistema doveva essere modernizzato, pur mantenendo vivi i capisaldi di quel testo del novembre 2002, in particolare quelli riguardanti le fasce protette (16-19) per le reti generaliste, ma estendendo la platea alle nuove realtà editoriali nel mondo dei media, inserendo anche i cosiddetti servizi non lineari (ovvero quelli al di fuori del “vecchio” mezzo televisivo).
Dunque, come previsto dal Codice di autoregolamentazione media e minori, a effettuare i controlli, monitorare la corretta applicazione, a ricevere e controllare le segnalazioni è il Comitato media e minori. Ora che non esiste più – il 19 giugno scorso è andata in scena l’ultima riunione -, c’è un vuoto. Nel comma 7 dell’articolo 1 del decreto legislativo 50/2024, il governo spiega che questo organo sarà sostituito da un Comitato consultivo interistituzionale che ricoprirà le stesse funzioni. La norma è entrata in vigore il 2 maggio scorso, ma di questo nuovo organo non vi è alcuna traccia.
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