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Le 10 spiagge più belle della Calabria



Dici estate, dici mare e pensi alla Calabria. Sarà per il clima e per i quasi 800 km di costa su due mari che la rendono da sempre una delle mete preferite per i turisti di tutto il mondo. difficile però, davanti ad un'offerta così ampia, scegliere la località giusta anche perché ognuno ha i suoi gusti. Ci facciamo quindi guidare da Francesco Bevilacqua, il più autorevole conoscitore del paesaggio calabrese, secondo cui «il mare del Mito continua ad incantare, fondendo viaggi e paesaggi in un binomio con pochi eguali nella già affascinate penisola italiana».

Un concentrato di bellezza ancestrale equamente diviso tra costa tirrenica e litorale jonico: lungo la prima, da nord a sud, tra le province di Cosenza, Vibo Valentia e Reggio Calabria, emergono scogliere, calette e rientranze, ideali per le immersioni; seguendo la seconda, invece, divisa tra le province di Cosenza, Catanzaro, Crotone e Reggio Calabria, le spiagge si presentano prettamente sabbiose, inframmezzate da ampie baie. Spuntano così, come gemme di rara bellezza, le regine dell’estate 2024, le dieci spiagge che da qualche giorno si sono aggiudicate, tra Bandiere blu, verdi ed arancione, le prime dieci posizioni di una classifica destinata non solo a fare breccia tra passioni naturalistiche e luoghi d’interesse storico-culturale, quanto anche a mostrare la propria forza sul mercato delle vacanze. Soverato, perla dello Ionio, in provincia di Catanzaro, Praia a Mare, secondo comune a nord della costa tirrenica, con la sua Isola Dino -a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta tra le proprietà dell’ Avvocato Agnelli- subito seguita dalla confinante spiaggia dell’Arcomagno, l’anfiteatro naturale nel comune di San Nicola Arcella, sempre nel cosentino; e poi Isola di Capo Rizzuto, con Le Castella, nello Jonio crotonese, Roccella Ionica e la Costa dei Gelsomini, lungo lo Jonio reggino, l’arcinota Tropea e la Costa degli Dei, nell’affascinante Tirreno vibonese, Marinella e la Costa Viola, lungo l’immaginifico Tirreno reggino, Zambrone, ancora nel vibonese, Scilla e la sua Venezia in miniatura, perla della costa tirrenica reggina, ed, infine, Ricàdi con l’incantevole “Praia i focu”, ancora nel vibonese. Dieci luoghi d’incanto ancora sostanzialmente preservati in una regione dalle mille problematiche che gioca, anno dopo anno, una titanica battaglia per risalire ben altre classifiche di più stringente attualità e importanza. Ma ora è tempo di mare, di sole, di paesaggio, di escursioni e Panorama.it ha fatto sicuramente centro incontrando il maggiore conoscitore di questo affascinante habitat, sospeso ma mari e monti nel cuore del Mediterraneo.

Francesco Bevilacqua, avvocato di professione, camminatore per passione lungo l’imponente penisola calabrese…

«Percorrendo i suoi celebrati 780 chilometri di costa, la Calabria mostra il suo volto mutevole e, come per le montagne -in molti casi “improbabili” per la latitudine di questa regione- anche i suoi “due Mari” finiscono per non essere mai uguali a sè stessi, così come non lo sono le sue spiagge, i suoi scogli, le sue calette. Esattamente 25 anni addietro, toccò a Fulco Pratesi, nume tutelare del paesaggio italiano, introdurre uno dei fondamentali tasselli che ho dedicato alla natura calabrese, al “Mare del Mito”».

Beh, ci piacerebbe conoscere il pensiero di Pratesi, il quasi novantenne fondatore del Wwf Italia…

«Regalò, a me e alla Calabria, il personale ricordo di una veleggiata estiva lungo le coste calabresi, a tappe, praticamente a largo di queste stesse località che oggi si fregiano del titolo di “spiagge più belle” della penisola calabrese: “Navigavo, in un lontano mese di giugno, in barca a vela lungo le coste della Calabria: e ad un tratto, nella brezza notturna, mi arrivò dalla costa, un’ondata inebriante di aromi: zagara -certo- dagli agrumeti di aranci, limoni e bergamotti delle fiumare biancheggianti nel buio. Ma anche -nota sublime- il gelsomino, un fiore che in quegli anni si coltivava lungo i litorali per ricavarne l’essenza”… Un bell’affresco: ne possiamo essere orgogliosi ancora oggi».

Tra l’altro in Calabria mari e monti viaggiano praticamente appaiati…

«E’ la caratteristica tipica nella secolare storia di questa penisola nel cuore del Mediterraneo: Pratesi raccontava di “Litorali in gran parte intatti, cimose splendenti e sonore delle verdi pianure retrostanti dominate dal profilo scuro dei monti dell’interno, (…) e dove, sotto la superficie del mare, infuria la vita multicolore e fiammeggiante delle gorgonie dorate, delle paramuricee rosso fuoco, delle spugne azzurre, degli asteroidi arancioni che rendono il paesaggio sottomarino dell’Isola Dino e degli Scogli di Isca un qualcosa di irripetibile”. Ecco, questa è l’immagine che della Calabria si coglie osservandola dal mare».

Bevilacqua, siamo nel “mare del Mito”…

«Dov’è Ogigia, l’isola ove la ninfa Calipso tenne prigioniero Ulisse? E dove Scilla, il terribile mostro dai dodici piedi e dalle sei teste? Dove la terra dei Feaci ove Nausicaa la bella accolse l’eroe naufrago? La risposta a molte tra le domande del mito omerico è sulle coste della Calabria: l’isola di Ogigia a largo del Promontorio Lacinio, l’attuale Capo Colonna; Scilla sulla punta meridionale della Costa Viola; il regno di Alcinoo non lontano dal Golfo di Squillace».

La storia antica si racconta percorrendo i litorali calabresi...

«Perché su di essi sorsero e prosperarono le più famose colonie della Magna Grecia: Sibari -alla foce del Crati- Crotone -poco a sud della foce del Neto- Locri Epizephiri -a nord di Capo Bruzzano. Di questo straordinario passato restano vestigia disseminate un po' ovunque, a pochi metri dagli arenili, semisepolte nella sabbia, erette sugli scogli, custodite sul fondo del mare».

All’interno della sua bibliografia dedicata al paesaggio calabrese lei usa una efficace tecnica narrativa: affida il racconto delle visioni marine (come di quelle montane, d’altronde…) ai grandi viaggiatori che hanno attraversato nei secoli questa Regione…

«Sappiamo bene come i quasi ottocento chilometri delle coste calabresi (un quinto dell’intero profilo della penisola) non siano solo i luoghi del Mito e della Storia, ma che essi disvelino, anche, una natura inusitata: le ripide pareti calcaree di San Nicola Arcella, Cetraro e Sangineto, nel cosentino, le impervie scogliere di Capo Vaticano e di Stalettì, gli imponenti aerei dirupi della Costa Viola, le spiagge ciottolose dell’alto Jonio, le sabbie finissime di Tropea e Soverato, gli immensi arenili vergini del Crotonese e del basso Jonio; ovunque meravigliosi fondali, dalle Secche di Amendolara alla Stretto, dalle Isole Dino e Cirella alla Riserva Marina di Capo Rizzuto. Insomma, tutte realtà paesaggistiche che rappresentano un concentrato di natura con pochi eguali in Italia, il tutto avvolto da una millenaria vicenda storica».

Friedrich L. von Stolberg, un giurista tedesco tra gli artefici del mitico Grand Tour, a cavallo tra Settecento e Ottocento, viaggiò in Calabria tra il 1791 e il 1793…

«E al momento di ripartire alla volta della sua madre patria, fu netto: “Lascio con commozione la più bella provincia d’Italia: ciò che le altre parti del mondo hanno singolarmente di grande e di bello è riunito in Calabria” Il Grand Tour fu un’esperienza sensoriale a tutti gli effetti, con i giovani rampolli della nobiltà e della borghesia europea che abbandonavano le fredde e nebbiose terre del centro e nord Europa per seguire il richiamo della grecità classica. E la Calabria -insieme alla Campania, alla Sicilia, alla Puglia- rapì facilmente i sensi di questi colti e fini intellettuali. E la lista è lunghissima…».

Le cronache contemporanee ci narrano anche del suo personale Grand Tour!

«Lasciandomi letteralmente guidare dai protagonisti della storia, proprio partendo dall’alto Tirreno cosentino, con le Isole Dino e Cirella: dirà Alberto Moravia che “dopo Sapri, fino all’estremità della Calabria, la strada non lascia più il mare e questo tratto è certamente il più bello, di una bellezza mitica e primordiale”. O Leonida Rèpaci, bozzettista di “colli rivestiti di ulivi, piane disseminate di vigne, di orti, di fichi, di gelsi, attraversate qua e là dai greti bianchi delle fiumare, fanno di questi luoghi un giardino delle Esperidi”».

E come non citare Giuseppe Berto, veneto di Mogliano…

«E le sue donchisciottesche battaglie in difesa di uno dei promontori più belli al mondo, Capo Vaticano, ammirato un secolo prima da Charles Didier, poeta e viaggiatore ginevrino: “gli usignoli cantavano nei boschi e lo Stromboli che avevo davanti, fumava in mezzo ai flutti. Il suo cono bluastro si confuse presto nelle tinte vaporose del tramonto ed il crepuscolo coperse gradualmente e scolorì tutte le cose”. Bertò si innamorò di Capo Vaticano, si fece promotore di mille iniziative per tutelare il paesaggio di questa parte della Calabria: è sepolto proprio in quest’area, a Ricàdi. Punto».

Scendiamo ancora più a sud, nell’incanto della Costa Viola, tra Palmi e Scilla.

«Dirà Edgard Lear, illustratore londinese, che “Scilla è una delle più sorprendenti scene di questa costa, le sue bianche case e la massiccia rocca munita da un castello, si sporgono come un nobile rilievo contro il blu scuro delle onde marine, mentre le Isole Lipari e Stromboli, con il Faro di Messina, formano un bellissimo sfondo”. Sembra vederlo ancora oggi, Lear, a bordo del suo asino, affacciarsi lungo l’orlo occidentale della montagna aspromontana e scendere per i terrazzamenti a strapiombo della Costa Viola…».

Passiamo dal Tirreno allo Jonio.

«Occorre doppiare Capo Spartivento, il promontorio più meridionale d’Italia, nella Locride, e Capo Bruzzano: “Feci ritorno a Gerace sotto uno di quei chiari di luna che si possono godere solo a queste latitudini…”, ricordava Richard Keppel Craven, ennesimo viaggiatore di Sua Maestà la Regina a rimanere abbagliato dal paesaggio della terra più a Sud d’Italia. Basta risalire verso Caulonia, Riace e Punta Stilo ed incontrare il “fantasma” di Henry Swinburne, intellettuale e viaggiatore inglese, declamare le virtù di “Caulonia, una delle più antiche colonie greche come dimostrano le sue monete che sono incise, cioè di un tipo di conio certamente molto antico».

Stiamo risalendo verso il grande golfo che guarda ad Oriente…

«Nel cuore del Golfo di Squillace, a Copanello e Stalettì, incontriamo George Gissing, autore del celebre “By the Ionian sea”, vero viaggio sentimentale lungo il mar Jonio: “Sulla superficie della roccia che guarda il mare, avrei trovato una grotta, una delle caverne alle quali, secondo alcuni, allude Cassiodoro quando parla dei suoi vivai di pesci”. Ancora su, nel Marchesato e Capo Rizzato, “si scorge verso sud un’isoletta rocciosa che si crede che rappresenti Ogigia, l’isola di Calipso così meravigliosamente descritta da Omero”: così Craufurd Tait Ramage, scozzese di Edimburgo, viaggiatore impenitente. Sino al Golfo di Sibari che per Jean-Claude Richard de Saint-Non, viaggiatore parigino, è il “giardino delle Esperidi, tanto gradevole che utile, e così abbondante che pittoresco”».

Al di là del significato da “classifica estiva”, crediamo che regioni come la Calabria necessitino di costante attenzione in tema di politica ambientale e culturale.

«Quando mi chiedono cosa faccia nella vita, rispondo secco di “curare una malattia epidemica in Calabria, l’amnesia dei luoghi”. Fuor di battuta, dalla fine degli anni Settanta, con un gruppo di affiatati camminatori, provo a risvegliare i calabresi dallo stato di coma topografico in cui versano. Pratico una terapia che chiamo oikofilia, ossia amore per la propria casa, la terra, il paese. Lo faccio con metodi naturali: libri, foto, filmati, narrazioni. Descrivo il mio modo di viaggiare come “viaggiar restando” che è una delle tante coniugazioni possibili di un verbo fin troppo abusato, una forma di stanzialità (in Calabria) errante (peregrinare in cerca dell’ignoto o del non più noto), una sorta di travaso tra l’anima dell’uomo e l’anima dei luoghi. I miei mezzi prediletti sono le gambe e l’istinto, affinati dalla frequentazione ultra quarantennale di monti e valli e dallo studio altrettanto lungo di carte topografiche, scritti sul paesaggio, narrativa legata ai luoghi, diari di viaggio».

*

Francesco Bevilacqua, calabrese di Lamezia Terme, classe 1957, avvocato civilista ed amministrativista di professione, camminatore, scrittore, giornalista e fotografo naturalista per passione, è stato ed è attivo nel volontariato ambientalista con le maggiori associazioni del settore, come Fai, Cai, Wwf e Italia Nostra: ma la sua vera passione è vagabondare e sperdersi, con le gambe e con la mente, per monti e valli, laghi e fiumi, coste e spiagge della Calabria, dove sono le sue radici e, prima o poi, assumerà le sembianze di un albero, fermandosi nel luogo che, dopo tanto errare, sarà la sua ultima e definitiva dimora. Ha scritto 21 libri sul paesaggio calabrese, dedicati equamente alle emergenze ambientali della sua terra, e ha condotto battaglie in favore dell’habitat naturale della penisola calabrese.

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