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Wimbledon – Sinner e Paolini contro due americani sognando i quarti. Djokovic va meglio e segna un rigore. Fognini quanti rimpianti. Quel Panatta-Pasarell…

Torneo femminile più aperto che mai, dopo i k.o. di Swiatek e Jabeur. Musetti centra i suoi primi ottavi in Church Road

In mezzo secolo di Wimbledon poche cose mi sono state più difficili da digerire per me che a) quest’ora di fuso orario che ci separa fra Italia e Inghilterra, b) questa assurda tradizione inglese che non fa giocare le partite sul campo centrale prima delle 13, cioè le 14 italiane. Con il bel risultato che tutte le sere si finisce di giocare a buio. E il video che devo fare a fine giornata, ma fuor dai cancelli, perché la protezione di chi ha pagato i diritti tv è tale per cui l’All England Club al massimo ti concederebbe un minuto di “stand-up” da una stanzetta, lo si fa in condizioni difficili e pessime. Ma in un minuto come si fa a raccontare quanto è successo in un’intera giornata con a volte più di 60 incontri? Impossibile.

Non resta che trascinare fuori treppiede, microfoni, luci, e parlare forte forte per superare tutta processione di macchine che a quell’ora abbandonano i parcheggi dei giocatori, dei vip, dei members dell’All England Club.

Il tutto va fatto nei cinque minuti successivi alla chiusura dell’ultimo incontro cui è permesso l’utilizzo del campo centrale coperto dal tetto fino alle 23, non uno minuto di più altrimenti scoppia la rivoluzione del vicinato, già parecchio infastidito dai progetti di estensione dell’All England Club.

Mai lasciati la sala stampa, il Club – con la C maiuscola …- e Church Road prima delle 23, ma più spesso dopo mezzanotte, per tutta questa prima settimana dei Championships e con ancora l’editoriale da scrivere, cercando magari di recuperare e scrivere quanto non detto nei sei minuti del video quotidiano di fine giornata che molti lettori vedono sul sito magari l’indomani mattina e altri sullo YouTube di Ubitennis.

Chi si iscrive a YouTube, (gratis eh..), ha il vantaggio di ricevere la notifica della pubblicazione,  per cui se ho fatto il video 5 minuti dopo la vittoria di Djokovic su Popyrin, nei 10 minuti successivi l’appassionato più ansioso e iscritto viene avvertito e lo può vedere, quasi in diretta.

Se Djokovic fosse andato al quinto avrei ovviamente dovuto aspettare la conclusione del match perché la garanzia che Nole, con quel ginocchio barlaccio, vincesse ovviamente non c’era e non si poteva “bucare” la notizia dell’eventuale sconfitta di uno che Wimbledon lo ha vinto sette volte.

Quando lavoravo solo per la carta stampata quell’ora di fuso…sfalsato, era ancora più maledetta. Dovevi lottare con le rigide chiusure tipografiche di una volta per una partita che finiva tardissimo o, peggio ancora, per una partita importante che sembrava sempre stesse per finire e non finiva mai o addirittura …veniva rinviata al giorno dopo. Come quel Panatta-Pasarell del 1976 in cui Adriano, campione a Roma e Parigi, ci combinò un pessimo scherzo. Panatta allora era come il Sinner di oggi, per i nostri giornali. Adriano non era il n.1 del mondo, ma solo il n.4, ma sulle copertine dei magazine extra tennis era il n.1. Molto più di Sinner anche se ora grazie alla bellezza della Kalininskaya il ragazzo del Val Pusteria sta recuperando. Ma dovrà imparare anche a diventare personaggio come era Adriano per fare davvero …fuochi d’artificio. Bastava che un paparazzo beccasse Adriano all’uscita di un ristorante o all’ingresso in una discoteca con qualche ragazza, magari un’attrice o una cantante, e le copertine glamour si sprecavano.

Quindi l’attesa per Panatta-Pasarell, terzo turno, era notevolissima. Tutto il resto passava in secondo piano. Adriano gioca terzo match del giorno, vince i primi due set come da pronostico e noi tutti cominciamo allegri e allegramente a scrivere il nostro pezzo. Poi però lui si distrae e perde il terzo set. Pasarell non era mica un carneade. Andate a rileggervi chi era. Fra noi comincia a serpeggiare un certo nervosismo. C’era anche chi aveva comprato i biglietti per un musical a Piccadilly. Ma Adriano non lo sa e perde anche il quarto set allo scoccare delle 21, 30 quando ci sarebbero voluto palle fosforescenti per intravederle. O il tetto… che non c’era. Il quinto set salta. Match rinviato. Lo si concluderà il giorno dopo: 8-9,4-6,6-4,7-5,6-4. Non vi dico i moccoli. Musetti sarebbe arrossito. Mica si poteva scrivere una pagina intera di giornale su una partita che non era finita, senza né vincitori né vinti, né tantomeno dichiarazioni dei protagonisti. In Italia erano le 22,30 e non ero il solo a dover scrivere per più giornali. C’erano intere pagine da riempire con qualcos’altro. Meglio non ripensare a quello stress.

Ma oggi è quasi peggio. Le chiusure…almeno chiudevano. Mettevano una fine. Con Internet, e i siti come Ubitennis, non si chiude mai. C’è sempre da aggiungere, da correggere. Mi domando spesso chi me lo faccia fare. La risposta però c’è: la passione. Per il tennis e  il giornalismo

Anche Musetti non si è troppo divertito. Quell’UFO (unidentified fying objecht che davvero a momenti sembrava volasse tanto era rapido) argentino, Comesana, mai visto e conosciuto prima, era un tipo tosto, per nulla stereotipicamente argentino direi. Non pallettaro, ma attaccante dal fondo, non un tennis monocorde ma anzi, assai vario, palle corte, lob, dritti coperti e rovesci bimani che improvvisamente diventavano slice tagliati ad una mano, seguiti anche da chop d’approccio a rete. Un tennis per nulla banale, sorprendente anzi per un tennista non compreso tra i primi 100 del mondo.

Vabbè, alla fine Lorenzo, dopo aver mancato la trasformazione di due setpoint nel secondo set, dopo il 62 a favore nel primo, ha regalato un minibreak nel tiebreak del secondo set con una volee che non avrei sbagliato neppure io al giorno d’oggi – invece di 3 pari è andato sotto 4-2 –   e perso il secondo set, meno male che ha annullato un setpoint nel terzo, altrimenti chissà come sarebbe andata a finire.

Invece, soffrendo e lottando in una partita cominciata alle 15 e finita alle 20,30 fra piovaschi e interruzioni, tappeti che coprivano e scoprivano in continuazione il campo 14, Lorenzo  ha vinto in 4 set e così adesso abbiamo lui e Sinner in ottavi, due azzurri in ottavi a Wimbledon, come era già successo solo 4 volte, nel ’49 con Cucelli e Rolando (fratello di Marcello…) Del Bello, nel’55 con Merlo e Pietrangeli, nel 2021 con Berrettini e Sonego, nel 2023 con Sinner e Berrettini.

Incontrerà il francese Perricard (risparmiatemi l’altro cognome…) che lui battè a Stoccarda tre settimane 76 76 senza riuscire a strappargli mai il servizio. “A Stoccarda il campo era più veloce” ha detto Lorenzo, forse per farsi coraggio. Quel gigante di 2 metri e 2cm se mette dentro il servizio…suona a morto. Quando si trovò a giocare con un “similPerricard”, l’americano Reilly Opelka, Musetti venne strapazzato. E’ anche vero che Perricard aveva perso nelle qualificazioni, quindi imbattibile non è. Certo se mette a segno 52 ace come contro Korda al primo turno è più facile perderci che vincerci. Anche perché non ti dà mai ritmo. “Vedremo” direbbe Sinner.

C’è il rimpianto per il mancato record di tre italiani in ottavi, ma di Fognini battuto nell’ennesima partita che avrebbe potuto far sua, scrivo più in basso, dicendo quel che penso, anche se ai suoi fan apparirà ingeneroso.

 C’è stata l’eliminazione di Iga Swiatek e anche di Ons Jabeur di cui si deve far cenno.

Iga Swiatek quest’anno aveva vinto 45 partite, più di Jannik Sinner. E un torneo più di Jannik Sinner, cinque, Doha, Indian Wells, Madrid, Roma e Roland Garros. La polacca n.1 del mondo per 111 delle ultime 119 settimane era imbattuta da 21 partite e questa non era neppure la striscia vincente più lunga della sua carriera perché nel 2022 era arrivata a 37. Con la piccola kazaka (1m,63cm) Yulia Putintseva non aveva mai perso in 4 incontri. Ma la Putintseva, n.35 WTA (best ranking 27) che aveva battuto la nostra Cocciaretto in semifinale a Birmingham prima di vincere il torneo non era del tutto nuova a questi exploit: nel 2019 aveva battuto un’altra n.1 del mondo, Naomi Osaka, proprio a Birmingham. Però nessuno si aspettava, soprattutto dopo che la polacca aveva vinto il primo set 6-3, che la kazaka vincesse due set di fila cedendo appena 3 game, 6-1 6-2.

163 cm di furore agonistico e grande temperamento, questo è quello che Yulia Putintseva – 29 anni, russa di nascita, kazaka di convenienza da un bel po’ di anni – ha saputo tirar fuori dalla sua piccola stazza. Il buon vino sta nelle botti più piccole, dicevano i contadini toscani (e probabilmente non solo quelli). “Piccolo è bello!” diceva tanti anni fa Amanda Coetzer, sudafricana alta 1m54cm e n.4 del mondo, e lo si poteva dire anche per la “cipollina” slovacca, Dominika Cibulkova (1m e 60 cm) finalista in Australia e vittoriosa nelle finali Wta. Oggi potremmo dirlo anche per la nostra Jasmine Paolini che non è certo un gigante, ma con il suo metro e 63cm scarsi, si sta facendo onore. Altro che. Gioca oggi contro la Keys – con l’obiettivo di vendicare il 6-1,6-1 patito a Dubai un anno fa – alle 14 italiane di nuovo sul campo n.1, quello sul quale ha battuto la canadese Andreescu. Speriamo le porti bene. La sensazione in sala stampa è che possa dipendere più dalla giornata della Keys, che sembra in possesso di un arsenale di colpi potenzialmente più completo – dritto e servizio in particolare…ma  mentre col dritto Jasmine non deve aver complessi, il suo servizio non è sullo stesso livello di quello  dell’americana – ma forse chi la pensa così non dà sufficiente credito ai progressi di Miss Simpatia, alias Jasmine Paolini. Potrebbe trovare le chiavi per battere la Keys. Battutaccia infima.

Insomma, per concludere sul sorprendente k.o. patito dalla Swiatek, non resta che dire che lei sull’erba proprio non si trova e alla fin fine non se ne capisce troppo bene il motivo. Perché si muove bene, i colpi ce li ha tutti, il servizio è migliorato, eppure perde.

Si capisce invece piuttosto bene perché Fabio Fognini non va quasi mai troppo avanti negli Slam – un solo quarto di finale raggiunto a Parigi nel 2011 – anche se lui esce dal campo, come contro Bautista Agut, e dice: “A tennis gioco meglio di lui, ma lui è stato più solido e ha meritato di vincere”.  Così Fabio dimostra fairplay, indubbiamente. Ma dimostra anche di non aver forse  capito, dopo tutti questi anni nel circuito, che il punto – purtroppo per lui e per noi che potevamo oggi gioire per avere il record di tre italiani negli ottavi di uno Slam e nello Slam più prestigioso – non è chi ha la più bella mano (“In giro non vedo chi ce l’abbia meglio della mia” aveva detto l’altro giorno), ma chi vince. E vince chi regala meno, chi sta più concentrato, chi – appunto – è più solido.

Se Fognini è avanti 4-1 nel tiebreak del primo set e fa due doppi falli perde il tiebreak. Se pure non avendo un grande servizio si concede 15 doppi falli pur servendo il 56% di prime palle, mentre Bautista Agut anziché una su due ne mette 3 su quattro, alla fine vince lui anche se a tratti sembra che Fognini (87 vincenti contro 30, ma anche 77 errori contro 39) che lo surclassi. I punti di Fognini entusiasmano, quelli di Bautista Agut sono quelli ammassati da una formichina spagnola. Che contro la cicala italiana alla fine trionfa, fregandosene se l’italiano ha fatto i punti più belli perché ha la mano più bella.

D’altra parte Bautista, anche se ha avuto come best ranking 9 come Fabio, su questi campi di Church Road è stato anche semifinalista, mentre Fognini non è mai arrivato agli ottavi. Lo spagnolo di Castellon che tifa Villareal aveva raggiunto nel 2019 – l’anno in cui Fognini ha vinto Montecarlo – i quarti a Melbourne e la semifinale qui a Wimbledon. Anche a me sarebbe piaciuto di più giocare come Fognini piuttosto che come Bautista Agut, però alla fine chi vince di più ha ragione, comunque vinca.

Se Fognini conquista 15 pallebreak ma ne trasforma solo 6, hai un bel ricordare tutte le opportunità che ha avuto – come dire che è stato forse anche sfortunato – però se poi non riesce a sfruttarle, tutte quelle pallebreak lasciano il tempo che trovano. E’ più un merito averle conquistate o un demerito averle viste sfumare?

Fognini non sarebbe stato comunque favorito negli ottavi con Tommy Paul, consoliamoci così per la sua assenza al fianco di Sinner e Musetti e il mancato record dei tre italiani negli ottavi. Meglio due che niente, no?

Torno sul singolare femminile per dire che ora è tutto molto aperto: si era ritirata la Sabalenka, hanno perso Swiatek e Jabeur finalista delle ultime due edizioni e battuta da Elina Svitolina-Monfils (immortalata con cellulare nel momento della stretta di mano finale sul 6-1, 7-6 dall’ex milanista Shevchenko, attuale coach dell’Ucraina del pallone e presente in tribuna). Rivincerà di nuovo la Rybakina come nel 2022? Di certo per le tenniste kazake è stato un bel sabato.

Lo è stato anche per Djokovic che ha mostrato qualche progresso, pur avendo perso il primo set con Popyrin – bella la scenetta quando il pubblico è esploso cn un boato alla notizia della vittoria inglese ai rigori sulla Svizzera: Nole ha capito, qualcuno gli deve aver detto e  lui ha mimato il tiro di un calcio di rigore…e dall’altra parte della rete Popyrin, reattivo, ha mimato un mezzo tuffo e una parata.

Incredibile il tiebreak del terzo set con cui Zverev ha chiuso la pratica Norrie: lo ha fatto al sesto matchpoint utile. E Norrie aveva avuto 5 setpoint per trascinare il match al quarto set. 17 punti a 15. Due meno del tiebreak più famoso nella finale del 1980 fra Borg e McEnroe. Lo vinse Mac, 18-16 e durò 20 minuti, ma Borg vinse poi quella finale, per perdere quella del 1981. Nel video mi sono sbagliato e ho detto che era accaduto nel 1979…quando sapevo benissimo che Borg aveva vinto 64 al quinto su Roscoe Tanner. Quel 1979 non lo si dimentica soprattutto per la sconfitta di Panatta con DuPre…

Zverev è stato spiritoso nel ringraziare Pep Guardiola seduto nel Royal Box: prima lo ha invitato ad allenare il Bayern Monaco, poi gli ha detto: “E se vuoi abbandonare il calcio, viene a fare da coach a me!”.

Hanno vinto anche Medvedev, in 4 set su Struff, e Rune in 5 su Halys sul campo 18. “Giocherò certamente sul campo 18 anche con Djokovic…” ha scherzato il danese che con Halys aveva perso i primi due set e nel tiebreak del quarto set era avanti 4 a 3 con due servizi da battere. Insomma ha rischiato grosso.  

Mi rendo conto, dopo questo lunghissimo articolo, che anche se ne ho parlato nel video, qui non ho detto nulla su Jannik Sinner. Giocherà sul campo 1 dopo Jasmine. Contro Shelton che è stato in campo tre ore con l’altro mancino Shaovalov. E cinque set. Cinque set erano stati necessari a Shelton anche per battere sia Bellucci sia  Harris. E’ stato in campo più di 10 ore. Jannik otto. Fra i due ci sono tre precedenti: Shelton vinse a Shanghai, ma perse a Vienna e poi quest’anno a Indian Wells. Trent’anni fa in ottavi a Wimbledon era arrivato suo padre Brian. Lui spera di andare oltre, ma Sinner è favorito. O non è’ il numero 1 del mondo?

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