«Sono sconvolto, non faccio che pensare ad Alex, non mi capacito di cosa possa essere successo». Andrea Zuin è l’organizzatore della serata in Abbazia a Vidor con la compagna Tatiana Marchetto. Sono una coppia da tempo, nella vita e nel lavoro come autori di “musica medicina”, l’hanno proposta in vari festival “di settore”, l’hanno fatta altre volte nelle stesse abbazia (uno degli ultimi concerti proprio il fine settimana prima del dramma). Ora Andrea è letteralmente distrutto.
«Sono in una situazione incredibile. Non ho mai visto un tribunale, non conosco la giustizia. Mi viene da piangere per tutto quello che è successo ad Alex». È sconvolto, il telefono continua a suonare al suo fianco. Ci sono i giornalisti che da giorni provano a rintracciarlo ma soprattutto i tantissimi amici che lo conoscono e lo chiamano per avere informazioni.
Zuin, diplomato in chitarra al conservatorio, poi una tesi all’università in etnomusicologia, ha sempre vissuto Treviso frequentandone anche i locali e i palchi. Musicista di capacità, dopo l’esperienza classica e quella divertita con il gruppo di musica cabaret, complice gli studi universitari ha deciso di mettersi in viaggio alla scoperta di musiche e culture. Di qui le esperienze in Sudamerica, i primi approfondimenti sul tema della musica medicina da cui è stato poi rapito. Di lì prima le conferenze di etnomusicologia e racconti di viaggio, poi sulle potenzialità curative della musica a 432 Hertz, la stessa suonata il fine settimana della scomparsa di Alex Marangon. Ma non si è mai figurato santone.
La mente continua a rivivere quegli istanti ed ora, con il resoconto dell’autopsia sul corpo del ragazzo, cerca un punto di equilibrio. «Non so neanche se sia un incubo o una maledizione, o una realtà» dice Zuin. L’ipotesi della morte violenta, ipotizzata dai medici, è stata un ulteriore durissimo colpo. «Ma qui nessuno ha ucciso nessuno» ripete riferendosi indirettamente a sé, ma forse anche chi conosceva dei partecipanti.
All’ipotesi dell’omicidio non crede. Ma sa adesso di trovarsi davanti una vicenda tanto drammatica quando inevitabile. «Non ho mai visto un tribunale, non conosco la Giustizia, credo che interpellerò un amico avvocato perché mi assista se mi chiederanno conto di qualcosa. Ma non ho commesso nulla di male, di questo ne sono convinto. Il punto è che non avendo mai fatto male a nessuno in vita mia, non so neppure a chi affidarmi e come comportarmi».
Gli si è rovesciata addosso una montagna. Zuin non vuole parlare della serata, non vuole entrare nel merito di quanto accaduto, anche se mai come ora ci sarebbe bisogno di chiarire le sequenze di quella serata come hanno chiesto anche i genitori di Alex Marangon.
Ha parlato la domenica mattina quando scattarono le ricerche, parlerà se servirà con chi chiederà conto. Intanto si fa forza con quel che hanno riferito anche i carabinieri intervenuti per la prima denuncia di scomparsa, quando trovarono «lì gli organizzatori che avevano dato l’allarme, ancora intenti a cercare». «Questa sera (ieri, ndr), ero nella chiesa dove quella sera suonavo, e stasera ho suonato in ricordo di Alex, ho il cuore a pezzi, ma non ho responsabilità».
Sa bene che adesso, dopo l’esito dell’autopsia su Alex Marangon, l’attenzione degli inquirenti non potrà che spostarsi su quella due giorni all’Abbazia, sui partecipanti, su di lui e sulla sua compagna, gli altri musicisti, sugli ospiti colombiani come il cantante Johnni Benavides, noto “musico curandero”. Persone di provenienze diverse, spesso diversissime, e non solo in termini geografici.
Il mondo che ruota attorno alla “musica medicina” di cui Zuin è uno degli interpreti, alle sue ritualità, alle credenze sciamaniche che ne sono parte integrate, riunisce infatti attorno a sé un caleidoscopio di realtà distinte che si allargano in un panorama che va oltre la semplice dicitura di new age.