Immaginate una serie di ratti molto grandi, ciascuno del peso di 2 kg, messi in gabbia in batteria. A ciascun ratto vengono presentati in sequenza campioni clinici di pazienti diversi. Gli animali annusano i campioni e reagiscono se questi contengono il bacillo della tubercolosi. Ogni ratto analizza fino a 100 campioni ogni 20 minuti.
Ratti che annusano le malattie? Uno scenario da fantascienza? Niente affatto, perché questa è la realtà di un programma di screening della tubercolosi che sta andando avanti in Tanzania, Mozambico ed Etiopia grazie ad una organizzazione non profit belga, la Apopo.
Ogni giorno, sabato e domenica compresi, un corriere in motocicletta visita centinaia di cliniche in questi Paesi per raccogliere i campioni dell’espettorato di pazienti sospettati di avere la tubercolosi. Poi porta i campioni in un laboratorio centralizzato, questi vengono sterilizzati per inattivare tutti i batteri e poi annusati dai ratti.
L’efficienza di diagnosticare la presenza del bacillo della tubercolosi da parte degli animali è almeno il 40% superiore a quella dei test di laboratorio, oltre a essere molto più veloce e meno costosa. Gli animali sono ratti giganti africani, una specie che vive in gran parte dell’Africa centrale. Sono tra i roditori più grandi al mondo. Per motivarli ad annusare i campioni basta soltanto un po’ di frullato di banana o di avocado.
Tra il 2013 e il 2023, i ratti della Apopo hanno eseguito lo screening di oltre un milione di campioni, identificando oltre 30mila casi di tubercolosi che erano sfuggiti alla diagnosi convenzionale di laboratorio.
Quella di possedere un olfatto straordinariamente sensibile non è peraltro una prerogativa di questi ratti giganti. Il naso dei cani, per esempio, è almeno 100 mila volte più sensibile di quello dell’uomo, in quanto contiene più di 200 milioni di recettori olfattivi, contro soltanto 5 milioni nell’uomo. Questo straordinario numero di recettori consente a questi animali di annusare e distinguere una serie diversa di composti volatili organici (i cosiddetti Voc), ovvero molecole chimiche specifiche rilasciate nell’aria attraverso la pelle, o nell’urina, o nell’aria espirata dai polmoni.
Prima di dedicarsi alla diagnosi delle sostanze rilasciate dal bacillo della tubercolosi, l’Apopo aveva iniziato a usare i ratti giganti per annusare la presenza di mine antiuomo, residui dei conflitti in tante regioni dell’Africa.
Una serie ormai numerosa di studi hanno dimostrato che cani, ratti e anche invertebrati come locuste, formiche e vermi sono in grado di identificare i Voc rilasciati dai batteri che causano l’ulcera gastrica, o le infezioni del rene, del polmone o dell’intestino. Ma anche di diagnosticare diversi tipi di tumore annusando urina, saliva o semplicemente venendo a contatto con il sudore sulla pelle.
Nel 2019, uno studio francese ha chiesto a 36 donne con un tumore della mammella e a 51 volontarie sane di dormire con dei pannolini assorbenti a contatto del petto. Il giorno dopo, questi pannolini sono stati fatti annusare da due cani allenati a riconoscere l’odore del tumore. I risultati sono stati stupefacenti: diagnosi precisa nel 90% dei casi.
Questa straordinaria capacità di annusare le malattie ha anche un campione umano. Joy Milne è una donna di 72 anni che vive a Perth, in Scozia, e ha una forma ereditaria di iperosmia, una condizione molto rara che amplifica il suo senso dell’olfatto. Joy si rese conto di questa sua capacità quando suo marito iniziò improvvisamente ad emanare un odore che lei percepiva differente dal solito. Dopo un po’ di tempo al marito fu diagnosticato il morbo di Parkinson, di cui poi sarebbe morto. Cosa annusava in realtà Joy? Lo hanno scoperto all’Università di Manchester, dove è risultato che Joy è in grado di percepire due sostanze chimiche presenti nel sebo della pelle, sostanze che vengono generate dal metabolismo alterato dei pazienti con che appunto sviluppano il Parkinson.
Il futuro di questi studi? Quello di rendere scientifica la diagnostica tramite annusamento utilizzando l’elettronica. L’obiettivo è quello di generare dei sensori ultrasensibili in grado di rilevare le stesse minuscole quantità di Voc che attivano i recettori olfattivi degli animali, ma anche ultraspecifici per distinguere le sottili differenze tra queste molecole chimiche. Dei veri e propri nasi elettronici, che di fatto mimano quello che l’evoluzione ha donato spontaneamente a ratti e cani.
