Chico Forti ingaggia i picchiatori mafiosi per dare una lezione a Travaglio e Lucarelli? Non sappiamo oggi cosa ci sia di vero, ma sappiamo che è senz’altro verosimile.
Verosimile perché è stata ormai pericolosamente sdoganata la insofferenza verso le voci libere, verso il giornalismo investigativo. La destra meloniana, degna erede del Berlusconi-bulgaro che ottiene l’epurazione di Biagi, Santoro e Luttazzi, continua a colpire la legittimazione stessa del giornalismo-giornalismo: ha cominciato la Colosimo, Presidente della Commissione Antimafia, portando in audizione il direttore di Domani, Fittipaldi, e domandandogli se fosse moralmente lecito pubblicare informazioni non note, ma vere e di rilevanza pubblica (nella fattispecie i compensi ricevuti da Crosetto prima di diventare ministro).
Questo argomento insidioso che scomoda la moralità stessa dell’attività giornalistica che disvela il segreto del potere, è stata ripresa ed amplificata dalla mentore della Colosimo ovvero la Presidente Meloni che ha bollato l’inchiesta di Fanpage niente meno di eversione democratica. Insomma: è dire la verità il male, non il male che si racconta dicendo la verità. La destra che diffonde insofferenza, censura Scurati, punisce la Bortone, ed occupa i media per sostituire l’informazione con la propaganda, sembra infatti del tutto indifferente alla violenza criminale che monta contro le voci libere: dov’è il governo in casi come Regeni, Paciolla, Rocchelli, Attanasio, che hanno come comun denominatore la verità cercata, denunciata, difesa?
Insomma: che semina vento…
Verosimile poi la storia di Chico Forti perché è altrettanto sdoganato in Italia da sud a nord il ricorso alla criminalità organizzata come agenzia di servizi illeciti, buoni soprattutto a risolvere conflitti.
Quante inchieste penali ci raccontano di onesti imprenditori e stimati professionisti che per ottenere il pagamento di un credito, mettere in riga un lavoratore riottoso, sgombrare il campo da un concorrente troppo competitivo, ricorrono ai ‘servizi’ resi da malavitosi che offrono sul mercato la forza di intimidazione del ‘brand’ mafioso? La nefasta affermazione delle mafie come agenzie di servizi è uno degli effetti collaterali della amoralità sociale e dell’ arretramento della forza regolativa del diritto.
Dove crolla il principio di legalità (anche perché la politica dà il cattivo esempio e premia i furbi), non resta che tornare all’antico principio regolativo della prepotenza.
C’è infine l’aspetto più inquietante di questa notizia, quello che non soltanto non sappiamo se sia vero, ma non vorremmo considerare nemmeno verosimile: la possibilità di Chico Forti di saldare il debito contratto con la mafia sembrerebbe legata alla prospettiva di fare politica e di essere eletto. Una sorta di promessa di corruzione a favore della mafia, una preventiva messa a disposizione prima ancora di raccogliere i voti. Una saldatura terribile contro la quale non potrebbe nulla nemmeno il severissimo 416 ter, cioè il reato che punisce lo scambio elettorale politico mafioso.
Il ‘diavolo’ in questo caso avrebbe fatto anche il coperchio oltre alla pentola.
L'articolo Chico Forti, l’aspetto più inquietante è che possa candidarsi davvero proviene da Il Fatto Quotidiano.