La disastrosa performance di Joe Biden durante il primo dibattito televisivo con Donald Trump ha portato sotto i riflettori il tema della scarsissima lucidità mentale, mostrata dall’attuale presidente americano. Molti giornalisti e commentatori si sono improvvisamente accorti di un problema che non è affatto nuovo ma che, anzi, è in realtà sul tavolo addirittura da prima che Biden si insediasse alla Casa Bianca nel gennaio del 2021.
A maggio 2019, confuse in pubblico Theresa May con Margaret Thatcher, mentre – a febbraio del 2020 – fece altrettanto, scambiando Xi Jinping per Deng Xiaoping. Non solo. Nel corso dello stesso 2020, Biden si sbagliò, sostenendo di essere candidato al Senato anziché alla presidenza degli Stati Uniti. Sempre quell’anno, l’allora candidato dem non si ricordava il nome di Mitt Romney: il repubblicano che, nel 2012, aveva sfidato quel Barack Obama di cui Biden stesso era vicepresidente. Non a caso, nel corso del 2020, ci si pose la questione del perché l’attuale presidente non si fosse sottoposto a un test cognitivo, per fugare i dubbi sulle sue condizioni mentali. Ad agosto di quell’anno, un giornalista della Cbs gli chiese espressamente se avesse sostenuto quell’esame: una domanda a cui Biden rispose piccato: “No, non ho fatto un test. Perché diavolo dovrei farlo?”
Tutto questo per dire che evidenti problematiche erano già chiaramente emerse prima delle elezioni del 2020. Poi, dopo l’insediamento, la situazione è man mano peggiorata: dalle cadute sulla scaletta dell’Air Force One ai frequenti lapsus, passando per vari momenti in cui il presidente è apparso spaesato. Nel 2022, per esempio, durante una cerimonia per il dodicesimo anniversario dell’Obamacare, Biden si mostro improvvisamente disorientato e confuso.
Eppure, l’argomento della sua lucidità mentale, è sempre stato o sottaciuto o minimizzato da una certa stampa. E dire che si trattava di una questione di importanza decisiva. Un presidente americano resta infatti in carica almeno quattro anni: ragion per cui è rilevante capire se un candidato presidenziale riscontri dei problemi sotto il profilo della salute (soprattutto mentale). Non si tratta di fare illazione, ma di rispettare banalmente il dovere di cronaca. Qualcuno sostiene che, in assenza di un referto medico ufficiale, non si può parlare né fare ipotesi sulla presenza di eventuali malattie. Una tesi, questa, un tantino paradossale.
Certo, in assenza di un referto non è corretto attribuire a qualcuno un determinato tipo di problematica medica. Tuttavia, dovrebbe essere dovere di un giornalista prendere atto di sintomi e comportamenti oggettivamente preoccupanti da parte di una figura pubblica, da cui dipende – per il ruolo che ricopre o che si accinge a ricoprire – parte importante dei destini del mondo. Limitarsi a dire che va tutto bene perché la Casa Bianca dice così, significa invece affidarsi completamente alle notizie che arrivano dagli uffici stampa, fingendo di ignorare che gli uffici stampa hanno un interesse ad alimentare certe narrazioni a discapito di altre. Ecco, nel 2019 e nel 2020 sarebbe bastato dare la giusta attenzione ai comportamenti preoccupanti di Biden, senza azzardare diagnosi o ipotesi mediche specifiche. Sarebbe bastato raccontare quei comportamenti per come apparivano anziché sottacerli o minimizzarli. Molti hanno scelto di fare il contrario. E adesso fingono di stupirsi di quanto emerso dal dibattito televisivo di giovedì.