di Paolo
Quando ero ragazzo mi consideravo di una mezza generazione, troppo giovane rispetto a quelli più grandi di me e troppo vecchio rispetto a quelli della mia età. Per intenderci: essendo io l’ultimo di quattro fratelli, cresciuto con gli adulti e avendo perso mia mamma a otto anni, sono dovuto crescere mio malgrado e considero oggi la mia maturità aberrata. Ho raccontato questo con l’intento di chiarire perché ho sempre visto le cose diversamente dai miei coetanei dell’epoca, di modo che si comprenda perché mi facevano tenerezza, anche quando mi pseudo-bullizzavano, e quindi non lo dico con la sola maturità di ora, ma con quella di allora.
Da studente – parecchio tempo fa – ricordo che alcuni miei compagni disegnavano svastiche sui banchi e sul diario, quasi per prenderne appunti; suppongo sarebbe stato un guaio saltare qualche giorno di una sana routine scolastica. Sebbene non certo ai livelli di quel che ho potuto vedere nell’inchiesta di FanPage, inneggiavano il Duce, facevano battute contro gli ebrei, i neri, gli omosessuali… Tra uno spinello e l’altro, parte di loro non studiava, altri invece erano al contempo ottimi studenti, molto più bravi ed intelligenti di me. Coprivano con le mani o con i quaderni il metodico lavoro amanuense, ma capitava di essere beccati: una volta, un professore chiese ad uno di loro se comprendesse il significato di quegli appunti. Sia la domanda che la risposta rimasero sospese nel vuoto e dubito che il convitato di pietra fosse lo studio della simbologia delle antiche culture e religioni dell’Eurasia.
Per parte mia del fascismo non sapevo nulla, come loro del resto, eccetto quel che mi raccontava mia nonna. Diceva, come forse molti del suo tempo, che in fondo ci si viveva benino sotto il Duce, ma che lo stesso si “rincoglionì” quando si mise con Hitler. Io sapevo che mia nonna poteva dire questo, perché mi raccontava sempre di una vita di stenti, di fame, di malattie, di dolore e con la perdita di tanti cari. Per cui credo non ci voglia un genio per capire che, se dopo una vita di miseria arriva un periodo di stabilità, esso vale per quel che è, qualunque fosse il regime che l’ha preceduto.
Il punto però è che ascoltare una storia da una persona che conosci molto bene non è la stessa cosa di seguire la litania di uno sconosciuto. I ragazzi raggruppati come mosche, ripresi a pronunciare parole vuote a mo’ di sermone senza senso, non sono diversi dai compagni di scuola che avevo io. Sono ragazzi spaesati, ignoranti, il che non li giustifica né toglie gravità al problema. La differenza è che io almeno avevo mia nonna, loro hanno questi guru della cialtroneria che paradossalmente propagandano queste boiate e poi dicono di pensare da uomini liberi. Sotto questo aspetto la politica di destra, e non solo, non è mai cambiata. Quante nefandezze sono state nascoste, vengono tuttora e verranno domani nascoste sotto la parola libertà?
Così come il coccodrillo, la destra che prende piede in Europa vince perché non si è mai dovuta evolvere troppo e perché per quanto ci sconvolga, alcuni di noi sono così. Mi trovo concorde con ciò che è stato detto nella seconda parte dell’inchiesta, tuttavia quando il giornalista Formigli dice che la sinistra è scarsa, potrei aggiungere che è così non perché non poteva battere la destra prima: la sinistra è scarsa perché non può battere la destra senza che le si assegni il primato. Adesso sono tutti in fila a cantare “Bella ciao”, ma quando altri arginavano la destra senza palcoscenico e il cartellino di sinistra li si chiamavano “fascisti!”.
Riguardo la risposta esilarante del presidente del Consiglio, considerare un’inchiesta giornalistica su un partito una cosa da regime mi rammenta una frase che diceva: “A volte ci vorrebbe una dittatura per ordinare una democrazia”. Per quel che mi riguarda penso solo che ci vorrebbe molta più cultura… e anche molte più nonne.
L'articolo Quei ragazzi che inneggiano al Duce mi ricordano i miei compagni di scuola. Con una differenza proviene da Il Fatto Quotidiano.