foto da Quotidiani locali
Poco più di 40 mila prestazioni non urgenti, che ancora attendono di essere fissate e che, magari, saranno programmate oltre i termini indicati nella ricetta. Ma nessun residuo di prestazione urgente, con priorità a dieci giorni: in Veneto, vengono tutte programmate entro i termini, alla prima telefonata con il Cup.
Quattro anni dopo la pandemia che ha rivoluzionato la quotidianità nei nostri ospedali, siamo a questo punto. Le differenti azioni approntate dalla Regione – da un massiccio piano di assunzioni, che però fatica a decollare a causa della penuria di candidati, a un aumento dei compensi del personale sanitario – hanno portato a una riduzione drastica, pari al 73%, delle prestazioni in attesa di essere programmate. «Anche se – ammette il direttore della sanità veneta, Massimo Annicchiarico – non sappiamo quanti pazienti rinuncino a essere inseriti in pre-appuntamento, per rivolgersi direttamente al privato».
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Il lavoro più importante è stato fatto per le prestazioni più urgenti (a 10 giorni), che erano 502 nel maggio 2023, mentre ora sono state azzerate. Le prestazioni con priorità D (a 30 giorni) in un anno sono passate da 82.811 a 13.913 (-83%) e quelle con priorità P (a 60/90 giorni) da 74.489 a 28.317 (-62%). Quanto alle sole visite di controllo, che possono essere fissate già dal medico, queste invece sono passate da 150 mila a 60 mila. I numeri riassumono tutti i tentativi di prenotazione non andati a buon fine, ma che si concludono comunque con una presa in carico dall’azienda sanitaria e una promessa di nuovo contatto con il paziente, al liberarsi della prima disponibilità. Anche un giorno per un altro, certo, e non necessariamente entro i termini previsti dall’impegnativa. A quel punto, il paziente, ricontattato dall’Usl, ha una sola possibilità di rifiutare l’appuntamento proposto: bruciata quella chance, perderà la priorità. E dovrà tornare al punto di partenza, in un gioco dell’oca della sanità.
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«Ci servirebbero 3500 medici» - «Finita la pandemia, avevamo un arretrato di mezzo milione tra visite ambulatoriali e prestazioni di diagnostica per immagini» ricorda però il presidente veneto Luca Zaia, «Siamo riusciti a spianare la curva: un ultimo sprint e torneremo a pieno regime. Le liste d’attesa si creano perché mancano 3.500 medici. Se riuscissimo a colmare il gap, potremmo garantire 36 mila visite in più al giorno». E non è soltanto questo: «C’è una questione di appropriatezza delle prescrizioni e poi pesa la medicina difensiva. La domanda è tanta, la capacità di erogazione è di poco inferiore».
Le prestazioni in maggiore sofferenza, tra quelle con priorità più lunga, sono le prime visite oculistiche, che da sole riassumono oltre un terzo delle prestazioni ancora da erogare. «Per la maggior parte, si tratta di visite di controllo dei nei» fa sapere Annicchiarico. Mentre, tra quelle con priorità a 30 giorni, il residuo maggiore è delle prime visite dermatologiche. L’ambito oncologico, invece, come già ai tempi della pandemia, è tra quelli dove i ritardi sono minimi, vista la sua importanza.
«A livello governativo, è appena stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale un decreto specificamente dedicato alle liste d’attesa, ma non prevede finanziamenti per le Regioni» dice l’assessora alla Sanità Manuela Lanzarin. E intanto, fa sapere il direttore Annicchiarico, è allo studio un meccanismo di intelligenza artificiale, per prescrivere automaticamente la sequenza corretta delle prestazioni, nel caso in cui una patologia necessiti di una cura più articolata. «Abbiamo iniziato a definire il modello ad aprile, contiamo di renderlo operativo dall’autunno, cominciando dall’Usl 8 e dallo Iov» fa sapere il direttore della sanità veneta.
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