BELGRADO. Il passato non passa mai veramente, nei Balcani. E anche dolorosissimi episodi dei tempi cupi della Seconda guerra mondiale possono venire attualizzati per fini politici, causando risentimenti e tensione. E rischiando di mettere i paletti tra le ruote a un Paese che, dopo qualche intoppo, stava nuovamente accelerando verso l’adesione alla Ue. Paese, il Montenegro, che è al centro di una nuova diatriba con la Croazia. La miccia è l’approvazione da parte del Parlamento montenegrino – dove siede una maggioranza che ha anche l’appoggio esterno del movimento filoserbo “Per il futuro del Montenegro” – di una controversa risoluzione-omnibus. Che mette insieme la condanna dei crimini nazifascisti e del genocidio commesso in lager come Dachau e Mauthausen, stabilendo un parallelismo con quello ustascia di Jasenovac, dove secondo le stime più affidabili furono sterminati almeno 80 mila serbi, rom, ebrei e oppositori dello Stato fantoccio filonazista di Ante Pavelic. E che dichiara ogni 22 aprile come “Giornata di commemorazione del genocidio a Jasenovac”, con eventi di sensibilizzazione e visite al memoriale, in Croazia.
A votare a favore della risoluzione, fortemente sostenuta dai partiti filoserbi in Parlamento, sono stati 41 deputati, mentre l’opposizione e parte dei deputati che formano il governo pro-Ue ha lasciato l’aula in segno di protesta.
Perché, secondo i critici, il documento sarebbe stato eterodiretto da Belgrado. E sarebbe solo un “contrappeso” – o vendetta - verso la risoluzione approvata all’Assemblea generale dell’Onu, malgrado la strenua opposizione di serbi e serbi di Bosnia, cioè la proclamazione dell’11 luglio Giornata di commemorazione del genocidio di Srebrenica, usando Jasenovac e la Croazia come pretesto, per spostare l’attenzione su altri genocidi del passato. Ed è proprio la Croazia a essere insorta dopo il sì del Parlamento montenegrino. La risoluzione su Jasenovac altro non è che uno «strumento per svalutare e relativizzare la risoluzione sul genocidio di Srebrenica», ha stigmatizzato il ministero degli Esteri di Zagabria, avvisando Podgorica che la mossa «non è in linea con il dichiarato obiettivo di adesione alla Ue» del Montenegro. E la Croazia, da Paese Ue, può ostacolare la corsa verso la bandiera blu a dodici stelle di Podgorica, il sottinteso neppure troppo velato. Croazia che appare veramente infuriata, affermando di ritenere «inaccettabile, inappropriato e non necessario adottare una risoluzione che ha come intenzione non la costruzione di una cultura del ricordo, ma solo la strumentalizzazione della memoria delle vittime di Jasenovac per miopi obiettivi politici». Ancora più duro, il premier croato Andrej Plenkovic, che ha definito la risoluzione un attacco «deliberato e una politica di divisione del Montenegro», tra chi guarda alla Ue e al futuro e politici nazionalisti e oscurantisti con lo sguardo rivolto al passato. Dietro alla risoluzione «ci sono Vucic» e la sua Serbia, ha accusato da parte sua Ivan Penava, leader del Movimento Patriottico (Dp), destra nazionalista oggi al governo a Zagabria – mentre lo stesso Vucic ha annunciato un viaggio in Montenegro a luglio. Dovrebbe essere invece forfait per Charles Michel, presidente del Consiglio europeo, che secondo i media locali avrebbe rinviato una visita a Podgorica proprio dopo il sì a una scelta «che ci danneggia», ammissione del premier europeista montenegrino, Milojko Spajic. Che mira – ora con qualche difficoltà in più - a portare il Montenegro nella Ue entro il 2028.