Una nuova casa rifugio per donne maltrattate e vittime di violenza sorgerà in Cadore.
Grazie ad un lascito di un appartamento ad uno dei comuni cadorini da parte della proprietaria che voleva che venisse utilizzato per aiutare le donne in difficoltà.
Saliranno così a tre le case rifugio dell’associazione Belluno Donna che ne ha già una nel Bellunese e un’altra nel Feltrino per un totale di 4-5 posti letto a seconda che ad usufruirne siano donne sole o con figli.
«Siamo andati a vedere l’immobile ed è tenuto molto bene», precisa la presidente di Belluno Donna, Anna Cubattoli che poi non fa previsioni su quando potrà entrare in funzione questo alloggio.
«Dobbiamo considerare che siamo una associazione di volontariato e quindi i tempi sono un po’ dilatati. Ma vista la necessità faremo il possibile per rendere disponibile l’appartamento cadorino in breve tempo anche per onorare la volontà di chi ce l’ha lasciato».
Ma l’associazione è alla ricerca anche di sportelli di ascolto per dare un maggior aiuto alle donne in difficoltà. Ad oggi sono quattro e sono ubicati a Belluno, Ponte nelle Alpi, Sedico e Feltre, ma «ne servirebbero anche all’imbocco della vallata agordina e del Cadore-Comelico».
Nel 2023 sono state 154 le donne prese in carico dall’associazione, «praticamente tre ogni settimana, che si sono aggiunte alle 60 già presenti per un totale di 216 donne».
Sul fronte della realizzazione di una rete a sostegno delle donne vittime di violenza si sta muovendo anche l’Ulss 1 Dolomiti che dal gennaio scorso ha attivato un servizio specifico.
Si tratta di un servizio di Medicina legale, afferente al Dipartimento di Prevenzione.
Il servizio sperimentale di pronta disponibilità si attiva nelle giornate di sabato e nei festive per garantire il pronto intervento di infermieri esperti a fronte di casi di violenza di genere e non, attivati dai Pronto Soccorso del territorio.
L’attività nei sabato e festivi è integrativa della attività ordinaria dal lunedì al venerdì, consentendo di coprire l’intera settimana.
Il servizio ormai consolidato ha svolto finora 12 interventi nei sabato e festivi.
Un aiuto in più per riuscire a prendere in carico immediatamente la donna in difficoltà.
«Come associazione oltre a lavorare a stretto contatto con l’azienda sanitaria», conclude Cubattoli, «ci muoviamo anche con le scuole ma anche con gli sportelli del lavoro per riuscire a trovare un impiego alle donne maltrattate che si rivolgono al nostro servizio. Quello che cerchiamo è di garantire l’autonomia e l’indipendenza a queste vittime tramite un impiego. Inoltre anche le nostre case rifugi sono utilizzabili soltanto per periodi brevi, massimo un anno, per rispondere a casi di emergenza».
Ma se Belluno Donna sta cercando di adoperarsi per intercettare sempre più segnali di allarme che arrivano ai loro centralini, dall’altro deve fare i conti con una burocrazia che rischia di mettere in pericolo il lavoro stesso dei volontari.
«Abbiamo scoperto che come associazione dobbiamo pagare pure l’Irap cioè l’imposta regionale sulle attività produttive, come se noi producessimo qualcosa. Ritengo che sia discutibile questa scelta per associazioni che si prodigano per il bene degli altri e che sono costrette ad assumere personale che poi viene tassato anch’esso per rispondere ai requisiti impostici per svolgere questa attività di aiuto e solidarietà».