foto da Quotidiani locali
Dalla Zelata alla Francia, dalla Corea a Bergamo, da Milano a Casorate Primo, dove dal 2019 lavora come chef alla Enoteca ristorante Raiteri, in via Santagostino, dove si occupa del ristorante e di allestire banchetti in occasioni sapeciali.
Fabrizio Ferrari, una stella Michelin nel curriculum, pavese, 59 anni, 33 di esperienza, ha il suo luogo del cuore a Costa De’ Nobili, dove si rifugia quando vuole staccare e riposare.
La sua cucina parla lingue diverse, anche se quella lombarda e pavese emergono.
Ferrari lei ha conquistato una stella nel 2010 al ristorante “Roof Garden”, all’Hotel Excelsior San Marco di Bergamo e l’ha tenuta tre anni, poi non l’ha più avuta. Come mai?
«Personalmente non mi interessa più. Ho mollato questo tipo di socialità e poi non è che se uno è stellato è un uomo o un cuoco migliore, secondo me. La cucina rimane comunque la mia passione».
Oggi dove lavora?
«Ora sto seguendo, oltre all’enoteca Raiteri di Casorate, anche un progetto a Dalmine, dove ho messo in cucina due dei miei ragazzi e al bar un giovane di Belgioioso che è un esperto di mixology».
Cosa ne pensa degli chef stellati?
« Sarò impopolare, ma prima c’era solo la categoria dei cuochi ora si aggiunge quella dello chef stellato. Io quando vado in giro per la cucina del mondo, sono stato ad esempio in Kazakistan per l’ambasciata italiana, sono stato presentato come stellato, nonostante non abbia più la stella da tredici anni. Tra l’altro un tempo avere una stella era più difficile, oggi ci sono chef che in quattro mesi hanno una stella».
La sua idea di cucina?
« Amo la semplicità, la mia cucina è lo specchio del mio modo di vivere. In particolare la miaè sempre stata molto vicina alle realtà territoriali in cui vivo o ho vissuto, lombarda e ligure, ma anche la Sicilia, tanto che ho realizzato la mia idea di pane cunzato, tipico della cucina siciliana».
Trae spesso ispirazione dai viaggi?
«Ho viaggiato molto e ho sempre portato a casa profumi, odori, sapori e ricordi, che utilizzo nelle mie preparazioni».
C’è qualche piatto che ha elaborato e che ricorda con piacere?
«Ho preparato una rivisitazione della zuppa alla pavese, uno dei piatti più bistrattati della gastronomia internazionale ma che mi ha sempre attirato. Ho letto un articolo di Mino Milani che parlava della Battaglia di Pavia e di come nacque la zuppa, che non poteva essere su una base di brodo di carne, piuttosto sarà stato di erbe o di tuberi. Così l’ho preparata con un brodo di erbe e l’uovo perfettamente rotondo. L’altra mia passione è il risotto. Fra i tanti che amo cucinare c’è quello cn aglio, olio e peperoncino ma preparato con la crema di aglio nero». —
Maurizio Scorbati