BELGRADO. Il messaggio è grave e preoccupante, soprattutto perché arriva da una fonte – anzi, da più fonti autorevoli. E andrebbe preso sul serio, perché suggerisce che i Balcani – la Bosnia in particolare - potrebbero tornare a essere un’area caldissima. Mosca, infatti, sarebbe sempre più orientata a spostare l’attenzione del mondo dall’Ucraina, aprendo un nuovo fronte di tensione nel cuore dell’Europa.
L’inquietante messaggio è arrivato da uno degli ultimi bollettini dell’Institute for the Study of the War (Isw), uno dei più rinomati centri di ricerca al mondo su crisi e conflitti, che si è specializzato in particolare, negli ultimi due anni, a fornire quotidianamente un quadro preciso fin nei dettagli della situazione sul campo in Ucraina, ma nei suoi “bullettin” vengono a volte inserite anche delle preziose informazioni su possibili mosse della Russia al di fuori del teatro di guerra.
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È quanto accaduto di recente, quando l’Isw ha avvisato che «il Cremlino» e personalità vicine a Putin sono attivamente impegnate ad approfondire «relazioni con la Republika Srpska», l’entità politica dei serbi di Bosnia, con il fine preciso di «destabilizzare i Balcani». La previsione si basa su dati concreti, una sorta di puzzle, con l’Isw che ha collocato le tessere per meglio illustrare il quadro generale attuale. Quadro che vede, ad esempio, «l’apertura di una ambasciata russa a Banja Luka», una dependance di quella sarajevese. Si tratta di una mossa importante e non solo simbolica, che conferma che i rapporti tra Russia e Rs «sono ai massimi livelli», ha sottolineato così il ministro degli Esteri russo, Sergei Lavrov, che ha anticipato che l’ufficio è solo l’inizio, con progetti di costruzione da destinare a «istituzioni religiose e culturali» russe a Banja Luka, a conferma dei «legami e della fratellanza» tra Russia e Rs. Ma c’è di più, ha avvisato l’Isw, che monitora anche canali Telegram e blog vicini al Cremlino.
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Uno di questi, molto influente, ha così suggerito che la Russia sarebbe persino disponibile a «sostenere l’indipendenza» dei serbi di Bosnia, uno dei sogni proibiti del suo leader, il filorusso Milorad Dodik. Il blogger ha poi anticipato l’apertura a Banja Luka di un “Russkii dom” (Casa russa, nda), istituzione che le autorità ucraine e moldave hanno fatto notare essere strumenti per la propaganda e base per «operazioni di sovversione» all’estero, mentre sarebbe già attiva una cosiddetta «scuola sui media» per insegnare nella Rs tecniche per «gestire canali Telegram» e contrastare la «disinformazione». Potenziali minacce russe che possono crescere su un terreno già fertile, ha ricordato anche un’altra organizzazione di livello, il Carnegie Endowement for International Peace, sottolineando che da almeno due anni diplomatici russi, in testa l’ambasciatore a Sarajevo, Igor Kalabukhov, fomentano sentimenti anti-occidentali. La Rs non dovrebbe ad esempio coltivare alcuna aspirazione ad entrare, nell’ambito della Bosnia, in una Ue «istituzionalmente e moralmente» decadente, aveva fatto sapere Kalabukhov, mentre il Carnegie ha ricordato che «il sentimento pro-russo tra i serbi di Bosnia» è oggi ai massimi livelli. Timori profondi sono stati espressi anche dall’International Crisis Group (Icg). Che in un rapporto allarmante ha messo nero su bianco che «la Bosnia-Erzegovina è vicina al punto di rottura, con la Rs che minaccia la separazione». E Dodik ha chiesto proprio il «sostegno» della Russia, oltre che delle nazioni amiche Serbia e Ungheria, per condividere i suoi piani. La miccia? Potrebbe arrivare non da Mosca, ma da Washington, in caso di «vittoria di Trump alle elezioni Usa», la tabella di marcia svelata dallo stesso leader serbo-bosniaco.
