La superstrada passa, le contaminazioni in falda restano. Per la mancata bonifica dell’ex discarica di via Risorgimento gli enti e le società coinvolte continuano a darsi battaglia in tribunale.
Da quelle del Tar del Veneto, che si è espresso dando ragione alla Provincia, si andrà ora al Consiglio di Stato. A ricorrere in secondo grado contro le prime due sentenze sfavorevoli sono Contarina e ditta Bigaran, cui secondo la Provincia va attribuita, in sostanza, la responsabilità di gestione del sito e quindi l’onere della bonifica.
L’ex discarica di cui si parla è al confine tra Spresiano e Villorba.
L’area viene sfruttata, in diverso modo, fin dagli anni ‘70: all’inizio cava per l’estrazione di materiali inerti destinati alla costruzione dell’A27. Poi, secondo un copione diffuso all’epoca, riempita di rifiuti: quelli del comune di Villorba, ma anche dell’Amniup di Padova.
Negli anni ‘90 altri rifiuti, con gestione in capo al Consorzio Priula e lavori affidati alla So.Co.Tre (oggi Bigaran).
La vicenda di questa discarica, ormai sigillata nel passato, è riemersa con tutte le sue magagne una decina d’anni fa. Parte del sito di stoccaggio è infatti ora attraversata dal tracciato della Pedemontana Veneta.
I primi carotaggi, effettuati, proprio dal concessionario dell’opera, tra gennaio e febbraio 2012, in vista dell’avvio dei lavori.
Dai primi riscontri che segnalavano la presenza di percolato, si è arrivati ad approfondire progressivamente la situazione, con tempi non esattamente celeri.
Nel 2017 la Provincia, prorogando la gestione post operativa della discarica a Contarina, raccomandava di verificare eventuali contaminazioni sulla falda.
Nell’ottobre 2020, per non incastrare il cantiere dell’opera, proprio in un punto nevralgico (vicino all’intersezione con l’A27), anche la Regione dispose approfondimenti. I test dell’Arpav, nel 2021, hanno rilevato la contaminazione dell’acqua di falda: valori oltre soglia di ferro, manganese e ammonio.
È emerso anche che la discarica risulta priva di un sistema di raccolta del percolato e presenta un fondo di ghiaia che non garantisce l'impermeabilizzazione.
I privati chiamati in causa da Sant'Artemio come «responsabili della gestione» del sito e della contaminazione, non hanno mancato di sollevare eccezioni. A causare la contaminazione, a loro dire, potrebbero aver contribuito i carotaggi di Spv, o altri agenti esterni.
La guerra fra enti e privati al primo grado ha visto prevalere le posizioni della Provincia, escludendo il Consorzio Sis da ogni responsabilità. Al nuovo round al Consiglio di Stato lavorano gli avvocati: la bonifica può aspettare.