Uno dei padri della Sociologia moderna, Max Weber, parla delle tradizioni come l’agire determinato dall’abitudine. A dare un il colpo di grazie a una lunga tradizione padovana è adesso una istituzione che è invece tradizionalmente orientata alla conservazione: la Soprintendenza.
Eppure il mondo è cambiato, le abitudini pure e non ha più senso collocare le giostre in Prato della Valle – per di più nel lobo di Santa Giustina – durante la Tredicina del Santo, la festa religiosa più importante della città.
«Si ritiene del tutto auspicabile che l’amministrazione si adoperi per individuare per la manifestazione un’altra e alternativa area che presenti caratteristiche di maggiore opportunità», scrive nel burocratese delle istituzioni pubbliche il soprintendente Vincenzo Tiné. Tradotto: basta montagne russe, autoscontri, tagadà e quant’altro in Prato, dal prossimo anno sarà necessario trovare un altro posto per le giostre.
Quale? Qui la faccenda si complica, perché il Comune sta iniziando a fare delle valutazioni ma non ci sono soluzioni pronte. Di certo non è utilizzabile piazza Rabin, che è ormai un parcheggio assegnato a una società privata.
IL PARERE DELLA SOPRINTENDENZA
Il parere arrivato dagli uffici di via Aquileia è quello che ha autorizzato l’installazione delle giostre nei giorni scorsi (il luna park del Santo è finito lo scorso 16 giugno), ma con il niet per quelle di maggiore altezza. E con un avviso chiaro: dal prossimo anno va trovato un altro posto.
«Tali attrazioni si configurano come un insieme eterogeneo, composto da manufatti di diversa e considerevole altezza, in alcuni casi ben superiore al limite massimo ritenuto ammissibile (che è di 5 metri, ndr) – si legge nel parere – La difformità appare evidente laddove si prevede, ad esempio, l’installazione di strutture con altezza dichiarata pari a 10,80 metri, a prescindere dal principio di rispetto dei coni visivi a tutela della Basilica di Santa Giustina».
Pur nella freddezza del linguaggio della burocrazia si nota tutta l’irritazione del soprintendente Tiné rispetto all’utilizzo di un ambiente così delicato come il Prato: «Questo ufficio ha sempre ritenuto il sensibile contesto urbano e architettonico di Prato della Valle inidoneo ad ospitare in termini sistematici e con carattere di ordinarietà le ingombranti ed eterogenee attrezzature correlate allo svolgimento del Luna Park, da cui discende un inevitabile effetto di congestione e disordine visivo che, considerate la durata e la tipologia delle installazioni, configura le stesse come ridondanti, incongrue e detrattive della qualità scenografica del contesto architettonico tutelato, compromettendo la fruizione pubblica e il decoro dello spazio urbano».
LE ALTERNATIVE POSSIBILI
Chiusa ogni possibilità di discussione, c’è da dire che anche quest’anno la presenza del Luna Park in Prato ha creato alcuni problemi con risse e cattive frequentazioni, denunciate da alcuni padovani. In più da anni c’è l’aperta ostilità di quasi tutti i commercianti della zona.
Dunque si tratta di trovare un’area alternativa.
E la palla passa a Palazzo Moroni, dove l’assessore al commercio Antonio Bressa assieme ai colleghi interessati, dovrà provare a sciogliere il rebus. Il tempo c’è tutto, un anno intero. Ma in termini di spazi nell’area del Prato è difficile trovare alternative, anche perché in via 58esimo Fanteria sono in corso i lavori per riportare alla luce il canale Alicorno. L’alternativa è spostarsi in un’altra parte della città.