TRIESTE Il Silos è stato sgomberato, i migranti trasferiti «lontano». Ma mentre il centrodestra parla di operazione «necessaria» per porre termine a una «situazione» di «illegalità» e «degrado», il centrosinistra accusa di «cinismo», mentre il mondo dell’accoglienza torna a riunirsi in piazza Libertà e a chiedere certezze per il destino dei migranti in arrivo.
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«Si deve prendere atto che in questo momento la capacità di accoglienza di Trieste è chiaramente esaurita», dichiara il capogruppo di Fratelli d’Italia in Regione Claudio Giacomelli, intervenendo l’indomani dello sgombero, operazione lodata anche dal segretario provinciale Fsp Polizia Alessio Edoardo e dal capogruppo forzista in municipio Alberto Polacco.
«Ringraziamo il Comune, ma anche – rimarca Giacomelli – il governo Meloni che ha trovato modo di trasferire queste persone in altri luoghi diversi da Trieste». Fratelli d’Italia lo dicono da tempo e lo ripetono, fermamente «contrari all’apertura di nuovi Cas in città: chi polemizza contro i controlli alle frontiere e chiede ulteriori centri a Trieste – rilancia Giacomelli – dica una volta per tutte quanti posti vuole in città».
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Una posizione ferma e condivisa nel centrodestra. Ma segno di un «cinismo raro», secondo la deputata Pd Debora Serracchiani, che invece accusa la maggioranza di aver scelto «il momento tra europee e arrivo di Mattarella e Papa» per procedere con un intervento che «la legge e un minimo di umanità avrebbero imposto da tempo».
Ma se «c’è chi si intesta la chiusura come una vittoria», sgombero e trasferimenti «occasionali» a parte «non cambia nulla nella gestione dei flussi», ricorda Serracchiani. E c’è quindi il rischio, riflette la dem, che «il fenomeno Silos si replichi altrove». L’unica alternativa è per ora Campo Sacro, che però «resta da vedere quando e come sarà gestito», mentre piazza Libertà rimane «un’area di transito affidata alle associazioni».
E in cui i migranti continuano a dormire. «La realtà si impone presto su una propaganda che annuncia soluzioni facili invece di costruire un sistema di intervento pubblico adeguato», commenta duramente Gianfranco Schiavone. Perché se Trieste, ricorda il presidente di Ics, «ha un ottimo sistema di accoglienza diffusa per chi vi vive stabilmente», la città «non ha ancora nessun sistema di prima accoglienza in grado di dare una risposta all’arrivo quotidiano di persone in cerca di protezione». La maggior parte di loro è in transito, ma c’è anche chi vorrebbe chiedere asilo, ma giunge negli orari di chiusura degli uffici preposti. «La mancanza di consapevolezza delle istituzioni segna una impressionante cecità», conclude Schiavone: la «cecità di una città che non vuole vedere».