Il Vangelo odierno: In quel giorno, venuta la sera, Gesù disse ai suoi discepoli: «Passiamo all’altra riva». E, congedata la folla, lo presero con sé, così com’era, nella barca. C’erano anche altre barche con lui.
Ci fu una grande tempesta di vento e le onde si rovesciavano nella barca, tanto che ormai era piena. Egli se ne stava a poppa, sul cuscino, e dormiva. Allora lo svegliarono e gli dissero: «Maestro, non t’importa che siamo perduti?».
Si destò, minacciò il vento e disse al mare: «Taci, calmati!». Il vento cessò e ci fu grande bonaccia. Poi disse loro: «Perché avete paura? Non avete ancora fede?».
E furono presi da grande timore e si dicevano l’un l’altro: «Chi è dunque costui, che anche il vento e il mare gli obbediscono?» (Mc 4,35-41 – XII TO B).
Non ci sono solo le guerre, ci sono tante situazioni di incertezza e di paura. La paura è, di fatto, una condizione esistenziale. Nella vita sono tante le paure: quella di crescere, di essere autonomi, di intraprendere relazioni stabili e durature, di non trovare o cambiare lavoro; ci sono le paure delle malattie, dei rischi per strada, del terrorismo, di incappare in ladri, briganti, maniaci sessuali, pedofili, violentatori, truffatori. E così via. Su di tutte emerge, madre e sovrana, la paura della morte. Forse oggi le avvertiamo di più perché siamo molto più fragili rispetto alle generazioni passate. Tuttavia si comprende bene come il problema è, innanzitutto, antropologico, prima che sociale e politico. Ovviamente non esistono ricette, vista l’ampiezza del problema e i suoi mille volti. Certamente esistono percorsi educativi e psicologici che aiutano a fronteggiare e superare le tante paure. Come esiste, nel nostro caso, una riflessione che va fatta su fede e paura.
Il punto è capire, allora, come e se la nostra fede genera e amplifica incertezze e paure o come le riduce e le controlla. Domande difficili. Gli Apostoli sulla barca, in preda alla paura, vivono un momento di crisi non solo con se stessi, tanto da sentirsi “perduti”, ma anche tra di loro, con la potenza del vento e persino con il Signore Gesù. Il tutto trova espressione in quel grido ansioso: “Maestro, non t’importa che siamo perduti?” . Gesù ristabilisce un ordine pacifico e benefico. Ordina al vento di tacere e di calmarsi. Ma la tempo stesso rimprovera i discepoli per la paura che deriva dalla loro mancanza di fede, ossia da una relazione con Dio in crisi. “Tutto è in relazione”, dice il papa nelle Laudato si’. Quindi se una relazione (con Dio) va in crisi, ne risentono anche le altre tre relazioni fondamentali (con se stessi, con gli altri e con la natura). Si tratta, allora, per chi non lo fa già, di non pensare mai la propria vita a compartimenti stagni, ma pensarla, meditarla, progettarla e realizzarla come un “tutto in relazione”: con se stessi, con gli altri, con la natura e con Dio.
Parole illuminanti quelle di Dietrich Bonhoeffer: “Comprendete l’ora della tempesta e del naufragio, è l’ora della inaudita prossimità di Dio, non della sua lontananza. Là dove tutte le altre sicurezze si infrangono e crollano e tutti i puntelli che reggevano la nostra esistenza sono rovinati uno dopo altro, là dove abbiamo dovuto imparare a rinunciare, proprio là si realizza questa prossimità di Dio, perché Dio sta per intervenire, vuol essere per noi sostegno e certezza. Egli distrugge, lascia che abbia luogo il naufragio, nel destino e nella colpa; ma in ogni naufragio ci ributta su di Lui. Questo ci vuole mostrare: quando tu lasci andare tutto, quando perdi e abbandoni ogni tua sicurezza, ecco, allora sei libero per Dio e totalmente sicuro in Lui. Che solo ci sia dato di comprendere con retto discernimento le tempeste della tribolazione e della tentazione, le tempeste d’alto mare della nostra vita! In esse Dio è vicino, non lontano, il nostro Dio è in croce. La croce è il segno in cui la falsa sicurezza viene sotto posta a giudizio e viene ristabilita la fede in Dio”.
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