Ora non è più solo una questione locale. Fallito il pressing con l’amministrazione comunale per bloccare la realizzazione del park Vittoria e valutare soluzioni alternative, Italia Nostra ha deciso di muovesi da corazzata, coinvolgendo tutti i livelli dell’associazione e portando la battaglia sul tavolo del Ministro dei Beni Culturali Gennaro Sangiuliano.
È a lui, come al direttore generale archeologia e belle arti di Roma Luigi La Rocca, e agli alti dirigenti della Soprintendenza che è stato indirizzato un dossier di 60 pagine contro la maxi opera.
Uno studio corposo, puntuale, che annovera tutte le ragioni per le quali l’opera viene ritenuta pericolosa e inadatta, a cui partecipano due firme di peso: Eugenio Manzato, storico dell’arte e Direttore dei Musei Civici di Treviso dal 1980 al 2001, Elisabetta Gerhardinger, archeologa e Direttore dei Civici fino al 2022.
Inviato a fine primavera, senza pubblicità, al termine della serie di incontri pubblici fatti per spiegare le ragioni del no al parcheggio, amplia la prima relazione che l’associazione aveva fatto a fine inverno con una serie di interventi puntuali e tematici.
Oltre a Manzato e alla Gerhardinger, il dossier conta gli interventi della presidente di Italia nostra Paola Crucianelli, dell’ingegner Romeo Scarpa (fin dal 2000 tecnico contrario alla realizzazione dell’opera), e di Marco Vianello, archeologo della Scuola Interateneo di Specializzazione in Beni Archeologici.
Il dossier analizza puntualmente il contesto monumentale e storico in cui andrebbe a inserirsi l’interrato, dal palazzo delle poste al Riccati, dagli edifici storici tra la piazza e via Avogari, la chiesa di Santo Stefano e il monumento ai Caduti per il quale «la riproposta attuale del park fa ritenere che, anche senza entrare nel merito di possibili rischi strutturali gravi determinati dalla escavazione, o dallo smontaggio e rimontaggio, sarebbe incompatibile con il suo valore storico in un contesto stravolto».
Proprio sulle procedure per lo smontaggio e rimontaggio del monumento gli approfondimenti chiesti da tempo dalla Soprintendenza veneta al Comune. Solo un caso?
Puntualissima la ricostruzione storico archeologica fatta nel dossier, ripercorrendo tutte le fasi dello sviluppo del quadrante cittadino dove insisterebbe lo scavo, la sua urbanizzazione e civilizzazione. E senza tralasciare i risultati dei saggi di scavo fatti vent’anni fa, quando il progetto venne proposto e poi abbandonato.
«Le evidenze archeologiche intercettate hanno messo in evidenza una sequenza che comprende circa 3000 anni di storia della città, una lavorazione come quella del Park Vittoria che prevede un’asportazione di terreno di più di 10 metri in profondità comporterebbe un rischio che può essere definito come alto» per gli strati archeologici.
Di qui, il passaggio diretto al “peso dell’opera”: «messa in opera di 18400 mc di calcestruzzo; la formazione di un blocco di calcestruzzo non armato da quota -20m a -12m sul piano campagna di circa 38.700mc; 60.000mc di terreno da asportare».
In sostanza «compromettere in maniera irreversibile un’area di 85x55 metri in centro per una profondità di 21 metri», con inevitabili conseguenze.
Quali? Italia Nostra non delinea gli effetti, ma nel chiedere che il lavoro sia accompagnato da monitoraggio continuo, evidenzia come «per effetto della costruzione del volume interrato, si modificherà il livello “normale” di falda, presumibilmente verso l’alto, ma anche verso il basso, in fase transitoria: un eventuale modificazione delle pressioni neutrali del terreno al piede delle fondazioni degli edifici può comportare degli effetti macroscopici, soprattutto in caso di emungimenti localizzati di lunga durata».
