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Venti giugno, giornata mondiale del rifugiato: 114 milioni di persone in fuga

Venti giugno 2024: Giornata mondiale del rifugiato. Un mondo, quello dei rifugiati, in crescita. Una drammatica crescita.

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Venti giugno 2024: Giornata mondiale del rifugiato. Un mondo, quello dei rifugiati, in crescita. Una drammatica crescita.

114 milioni di persone in fuga

Da un report dell’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr): “Il numero crescente di conflitti, la crisi climatica, le complesse e pericolose interrelazioni tra questi ed i loro effetti secondari, inclusa l’insicurezza alimentare ed energetica, costringono un numero sempre crescente di persone ad abbandonare le proprie case o il proprio Paese alla ricerca di sicurezza e protezione. Sono oltre 114 milioni le persone in fuga da guerre, persecuzioni e violenza a livello globale, almeno 1 persona ogni 73.

Il quadro internazionale che costringe milioni di persone alla fuga è complesso e complesse sono le soluzioni necessarie per intervenire sulle cause di fondo che costringono le persone ad abbandonare le proprie case e alleviare la sofferenza di chi è in esilio, offrendo loro la possibilità di ricominciare in un paese di asilo quando il ritorno a casa non è ipotizzabile.

Il 20 giugno si celebra la Giornata mondiale del rifugiato, appuntamento annuale voluto dalle Nazioni Unite per riconoscere la forza, il coraggio e la perseveranza di milioni di persone costrette a fuggire nel mondo a causa di guerre, violenza, persecuzioni e violazioni dei diritti umani.

Per l’occasione Unhcr lancia la campagna di solidarietà #WithRefugees, per un mondo dove tutti i rifugiati sono benvenuti perché i rifugiati hanno bisogno del sostegno di tutti, ora più che mai. Solidarietà significa lavorare insieme per un mondo che accoglie le persone rifugiate, celebrare i loro punti di forza e le loro conquiste e riflettere sulle sfide che devono affrontare.

Soprattutto, la solidarietà con le persone costrette a fuggire consiste nel trovare soluzioni affinché’ possano ricostruirsi un futuro in dignità e rimuovere gli ostacoli all’inclusione nella vita sociale, economica e politica. In assenza di pace, traguardo sempre più difficile da raggiungere, le persone rifugiate hanno bisogno di opportunità per essere membri attivi delle comunità che li hanno accolti, attraverso il lavoro, la scuola, lo sport o altre attività. Finché restano in esilio, i rifugiati desiderano e devono poter utilizzare i loro talenti e le loro passioni per provvedere alle loro famiglie e contribuire ai Paesi che li ospitano.

L’inserimento lavorativo è cruciale per garantire un’integrazione reale ed efficace. In occasione della Giornata Mondiale, Unhcr premierà le aziende italiane che, partecipando al programma Welcome. Working for refugee integration contribuiscono ad una società più inclusiva, favorendo opportunità di lavoro per i richiedenti asilo e rifugiati. In sette anni di programma oltre 700 aziende hanno permesso la realizzazione di oltre 30 mila percorsi di inclusione lavorativa su tutto il territorio nazionale, contribuendo a ridurre il gap fra domanda e offerta in molti settori, migliorando la produttività e, soprattutto, dando un futuro a migliaia di persone sradicate dalle loro terre.

Offrire alle persone rifugiate soluzioni e concrete opportunità di inclusione è un compito e una responsabilità della società nel suo complesso – istituzioni, società civile e settore privato – in linea con il Global Compact sui Rifugiati, quadro comune per una condivisione delle responsabilità più equa e prevedibile, che riconosce che una soluzione sostenibile alle situazioni dei rifugiati non può essere raggiunta se non attraverso la cooperazione internazionale.

Favorire l’inclusione delle persone rifugiate non è solo una questione di solidarietà e umanità, ma anche una strategia efficace per stimolare la crescita economica, rispondere alle sfide demografiche e arricchire la società con nuove prospettive e competenze, a vantaggio di rifugiati, comunità ospitanti e per l’intero sistema socioeconomico del Paese.

Studio Ipsos- Unhcr: oltre 7 italiani su 10 favorevoli ad accoglienza rifugiati

Un incoraggiante segno di speranza e solidarietà arriva da un’indagine condotta da Ipsos insieme a Unhcr in 52 Paesi, tra i quali l’Italia, sulla percezione nei confronti dei rifugiati. Lo studio rivela che globalmente il 73% delle persone intervistate concorda sul fatto che le persone in fuga da conflitti e persecuzioni dovrebbero essere accolte in altri Paesi, compreso il proprio, un dato che sale al 75% prendendo in considerazione il nostro Paese, che si attesta quindi sopra la media rispetto alla volontà di accogliere. Il 51% tra gli intervistati sostiene che “la maggior parte dei rifugiati che arrivano nel mio Paese si integreranno con successo nella loro nuova società”, in Italia il dato scende di poco al 49%. In generale, dallo studio emerge che il quadro della percezione dei rifugiati è complesso, con significative differenze di opinione a seconda della domanda e della località in cui si trovano gli intervistati.

Le storie di Ahmad e Samir

In occasione della Giornata mondiale del rifugiato, le testimonianze di due minori stranieri non accompagnati raccolte dagli operatori dei centri di pronta accoglienza della Caritas di Roma.

Ahmad e Samir, nomi di fantasia per proteggere la loro identità, sono due giovani provenienti dall’Africa Subsahariana che hanno recentemente trovato accoglienza in uno dei Centri di pronta accoglienza gestiti dalla Caritas di Roma. Il loro viaggio è iniziato oltre un anno e mezzo fa, un percorso lungo e segnato da esperienze traumatiche, soprattutto durante il loro soggiorno in Tunisia e la pericolosa traversata del mare per raggiungere l’Italia.

In Tunisia, hanno vissuto un’esperienza di prigionia, senza la possibilità di comunicare con le loro famiglie, costretti a condividere case sovraffollate e in pessime condizioni igieniche. Diversi video e foto documentano le violenze alle quali erano sottoposti, senza alcuna concreta motivazione. A volte avvenivano delle incursioni nell’abitazione con lanci di lacrimogeni, a cui seguivano bastonate molto violente su tutto il corpo. Vi è una foto in particolare in cui Samir ha il viso gonfio e sfigurato, con una ferita molto evidente sull’occhio destro. Questi episodi erano molto ricorrenti e i due ragazzi erano oggetto di continue aggressioni verbali e torture fisiche.

Ahmad aveva già sperimentato una situazione simile nel suo Paese d’origine, il Mali, a causa della guerra. Questo lo aveva spinto a cercare asilo in cerca di un futuro migliore e ritrovarsi nuovamente in una situazione così difficile lo aveva messo a dura prova, con la paura di non riuscire più a liberarsi da questa condizione.

In quei momenti, l’unica fonte di forza per i due ragazzi è stato il sostegno reciproco. Ahmad e Samir hanno compiuto diversi tentativi per scappare dalla Tunisia e potersi mettere in salvo. Durante il viaggio in barca hanno rischiato la vita e assistito alla morte di amici e di molte altre persone. La prima volta uno dei due è stato respinto e costretto a rientrare in Tunisia, riuscendo a raggiungere l’Italia solo al secondo tentativo.

Il loro viaggio è giunto a termine nel luglio dello scorso anno, quando sono arrivati a Lampedusa. Inizialmente, sono stati ospitati in un hotspot e successivamente, su disposizione della Prefettura, sono stati trasferiti a bordo di un pullman direttamente presso il servizio Caritas. Non era mai accaduto che arrivassero minori direttamente dalle zone di frontiera e questo fa immaginare i livelli di emergenzialità legati al cospicuo arrivo di migranti in Italia e alla saturazione dei posti disponibili in Sicilia e nelle aree circostanti.

Entrambi i ragazzi riportavano ancora dolori fisici e disagio, motivi per cui sono stati sottoposti a controlli medici per escludere fratture o lesioni. Soffrono di ricordi intrusivi e incubi ricorrenti e manifestano il desiderio di distrarsi il più possibile per evitare di ripensare alle loro esperienze. 

Questa storia è una delle tante strazianti storie e riassume solo alcune delle difficoltà affrontate dai due giovani. È la storia di due persone che sono sopravvissute. Molte altre non ce l’hanno fatta. La triste storia di Ahmad e Samir ci ricorda che nessuno abbandona la propria casa a cuor leggero, per affrontare un viaggio pericoloso e un futuro incerto. Per queste persone l’Europa, e l’Italia, sono la speranza. La Giornata Mondiale del Rifugiato ci ricorda che non dobbiamo deludere questa speranza e dobbiamo impegnarci per offrire loro sicurezza e conforto.

Rifugiati: lottatori di speranza, seminatori di pace”.

Così il Centro Astalli, sede italiana del Servizio dei Gesuiti per i rifugiati: “,Trentacinque anni fa il mondo e l’Europa erano pervasi dalla fiducia e dall’euforia di una rinnovata epoca di pace ed equilibrio dopo la caduta del muro di Berlino. Oggi assistiamo inermi a una progressiva metamorfosi, a prevalere sono paura, ansia, risentimento.
Sempre più assuefatti e continuamente esposti “a distanza” a scene di guerra, distruzione, sofferenza, il rischio che stiamo correndo noi tutti è la perdita dell’empatia, di quell’umano “sentire che sollecita una risposta di fronte al bisogno dell’altro.


In questa complessità in cui siamo immersi c’è il rischio che, per sbrogliare la matassa, prevalga la logica bellica più arcaica e semplice dell’“amico-nemico”. È quanto sta avvenendo da anni nei confronti dei migranti. Mercificati, colpevolizzati, esclusi, stigmatizzati sono stati assurti a “nemico immaginario” della società, personificazioni del conflitto sociale, della paura e dell’insicurezza collettiva. Mentre l’equilibrio mondiale si fa  sempre più fragile, assistiamo gradualmente a un progressivo irrigidimento delle politiche di accoglienza in Europa. Pensata e nata come comunità fondata su libertà, democrazia, uguaglianza, Stato di diritto e promozione della pace, l’Unione Europea, specie in materia di asilo, sembra aver perso quella dimensione rispettosa dei suoi valori fondativi.
A farne le spese sono le persone in fuga da persecuzioni, violenze, guerre, crisi climaticheche chiedono asilo alle porte d’Europa. Uomini, donne e bambini migranti messi in secondo piano, deprivati dell’unicità degli esseri umani, attraverso regole di accesso alla protezione sempre più rigide, in nome della sicurezza e della pratica, cinica e codarda, di esternalizzazione del diritto di asilo.


Leggi che si definiscono pragmatiche sollevano di fatto chi le applica dalla responsabilità di porsi domande sulle conseguenze che hanno sulla vita di molte persone.


Anche all’interno della nostra società cresce il numero degli esclusi e degli invisibili che, anche per effetto di alcuni provvedimenti amministrativi, rischiano di essere privati deldiritto di avere diritti.


Ciò che accade deve inquietarci, nel senso di scuoterci le coscienze. In pericolo è la dignità dell’uomo.
La questione migratoria continua a non essere affrontata dal punto di vista di coloro che si mettono in viaggio: persone in cerca di speranza, di una vita libera, di pace, in un altrove dove incontrano frontiere di indifferenza e discriminazioni.


In questo momento storico sarebbe invece più che mai opportuno pensare a una politica di accoglienza capace di creare occasioni di incontro, dialogo e integrazione, affinché non siano più i deboli a fare le spese di un sistema che erige barriere, muri e recinzioni, sempre più alti su cui si sta infrangendo l’Europa dei diritti.


«Affermare i diritti significa non volgere lo sguardo altrove di fronte ai migranti»: così nel suo discorso di fine anno il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.


La Giornata mondiale del rifugiato 2024 vuole essere un’opportunità per riflettere sulla tutela dei diritti umaniper tutti e sulle vie da percorrere insieme per costruire una società davvero libera e aperta alle differenze, capace di riconoscere e rispettare la diversità”

Una “battaglia” di civiltà che vale la pena di “combattere”. Ciò che il mondo solidale fa ogni giorno, dalla parte dei più indifesi, dei senza diritti. Per realizzare una società libera, aperta, inclusiva che vede l’altro da sé come ricchezza, per l’intera comunità, e non come minaccia. È il mondo che costruisce ponti di dialogo e non muri di odio. Globalist, nel suo piccolo e nel suo campo, se ne sente parte. Con orgoglio. 

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