TRIESTE L’Amministrazione comunale sta preparando una grande mostra per raccontare per immagini ciò che avvenne a Trieste tra l’ottobre e il 4 novembre 1954, quando la città venne restituita all’Italia dopo essere stata gestita per più di nove anni dal Governo Militare alleato. Nucleo centrale di questa rassegna saranno le immagini realizzate 70 anni fa da Ugo Borsatti, 97 anni, il decano dei reporter triestini.
L’annuncio è stato dato ieri nella sala della fototeca di Palazzo Gopcevich nel corso della breve conferenza in cui sono stati comunicati anche i dettagli dei 25 mila euro versati dal Comune allo stesso Borsatti per acquisire documenti, libri contabili, fatture commerciali, fotografie che erano conservate all’interno dello studio dell’anziano professionista, documenti che rischiavano di andare dispersi.
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Come hanno spiegato Claudia Colecchia e Stefano Bianchi, i dirigenti comunali cui l’amministrazione ha affidato la gestione della fototeca, l’acquisizione consentirà agli studiosi di approfondire molti dettagli dei quasi settant’anni di lavoro del reporter triestino che ha documentato in modo esemplare il tragico dopoguerra di Trieste e dei territori che circondavano la città.
Basta citare a questo scopo le immagini scattate a una colonna di prigionieri italiani che il 9 settembre 1943 scendevano per via della Ginnastica, tenuti sotto tiro da militari tedeschi.
All’epoca Borsatti aveva poco più di 16 anni, studiava all’Istituto per geometri e aveva realizzato la fotografia da una finestra semichiusa della sua abitazione. Aveva rischiato la vita come l’avrebbe rischiata dieci anni più tardi nel 1953 durante i drammatici moti di piazza in cui la polizia civile, organizzata e comandata da ufficiali britannici, aprì il fuoco sulla folla, uccidendo sei triestini che manifestavano per l’Italia. Borsatti era lì con le sue macchine fotografiche e il suo coraggio.
Sul “Giornale di Trieste”, la testata sotto cui all’epoca usciva “Il Piccolo”, un editoriale metteva a fuoco la responsabilità di dettagli di quei lutti. «Ancora una volta, il sangue delle vittime ha arrossato il selciato delle strade e delle piazze. Molto sangue. Le parole che noi potremmo dire, le recriminazioni, le invettive, le proteste, non servirebbero ad aumentare la responsabilità già di per sé evidenti di coloro che porteranno nella Storia, il peso di tanta colpevole infamia».
Di queste “infamie”, il principale atto d’accusa diretto contro chi le aveva provocate, è rappresentato dalle immagini realizzate da Ugo Borsatti.
Ecco perché ieri durante la conferenza a Palazzo Gopcevich è stato sollecitato un intervento comunale diretto a far ottenere all’anziano fotografo il vitalizio previsto della legge Bacchelli, riservato ai cittadini italiani di chiara fama che versano in stato di particolare necessità e hanno portato lustro all’Italia. L’importanza del lavoro di Borsatti e il valore storico delle sue immagini sono testimoniate dall’interesse suscitato fin dal 1995 nei funzionari della Soprintendenza ai Beni culturali. Il loro intervento tra il 1999 e il Duemila fu determinante perché la Fondazione Cassa di Risparmio acquisisse l’intero archivio affidandone la gestione alla fototeca comunale.
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