Via libera al premierato: l’aula di Palazzo Madama, al termine di una seduta da grandi occasioni in diretta televisiva, ha approvato il disegno di legge che introduce in Costituzione l’elezione diretta del presidente del Consiglio. Il ddl Casellati passa con 109 voti favorevoli, 77 no e un astenuto. Il provvedimento ora andrà alla Camera per la seconda lettura delle quattro previste. Riforma cardine del governo Meloni, all’insegna della stabilità e del rispetto della volontà popolare, contro la quale si è scatenata la crociata delle opposizioni. Che gridano alla deriva plebiscitaria, alla ferita della Carta costituzionale e al ‘voto di scambio’ con la riforma delle autonomie in aula a Montecitorio. Tutto come da copione.
“Sono sicuro che non ci sarà da parte di nessun senatore alcun disturbo, come ci si aspetta in questo caso”, ha detto aprendo la seduta Ignazio La Russa, ricordando la diretta televisiva dopo la rissa sfiorata la scorsa settimana. La posta in gioco è alta: tutti precettati in un campo e nell’altro. Da un lato il centrodestra, concentrato a battezzare il primo step di una riforma costituzionale che viene da lontano. Dall’altro il centrosinistra che, in mancanza di numeri, si ritrova dietro un copione ‘copia e incolla’, che indugia sulla presunta bulimia di potere del governo (espressione utilizzata sia dal Pd Boccia che dal grillino Patuanelli).
Pochi minuti dopo il semaforo verde del Senato è la premier Giorgia Meloni a commentare su X. “Un primo passo in avanti per rafforzare la democrazia, dare stabilità alle nostre Istituzioni, mettere fine ai giochi di palazzo e restituire ai cittadini il diritto di scegliere da chi essere governati”.
Durante le votazioni i senatori della minoranza dai banchi sventolano il testo della Costituzione, lo stesso fanno gli esponenti della maggioranza perché, come ricorda La Russa in chiusura d’aula, “la Costituzione rappresenta tutti dal primo all’ultimo articolo, compreso il 138”. “L’Italia ha un problema di stabilità dalla notte dei tempi, la durata media di governi è di un anno. Noi ci siamo assunti la responsabilità di risolverlo, con una proposta rischiosa, ma non volteremo mai le spalle ai cittadini italiani”. Così in dichiarazione di voto Marco Lisei, di Fdi che accusa le opposizioni di speculare sulla riforma costituzionale. Per Fabio Rampelli con il voto di oggi “la seconda Repubblica comincia per davvero. Riusciremo laddove tutti hanno fallito”.
“I poteri del capo dello Stato – sottolinea il senatore di FdI – sono rimasti pressoché invariati. Manterrà i poteri garantiti dalla Costituzione, non potrà nominare i senatori a vita e avrà qualche grattacapo in meno”. Per Maurizio Gasparri il sentiero è tracciato: “Più popolo, meno palazzo. Questa è la strada che indichiamo. Con orgoglio votiamo questa riforma, per noi fondamentale, perché rafforza democrazia e libertà”.
Il senatore azzurro rispedisce al mittente le accuse delle sinistre. “Le dittature sorgono non dai governi che governano e durano ma dalla impossibilità di governare. La scelta è tra stabilità e manovra di palazzo. La scelta è tra una democrazia affidata ai cittadini o l’intrigo. Abbiamo aperto un confronto ma non accettiamo il diritto di veto. E non ci arrenderemo al diritto di veto delle minoranze”.
La Lega, dal suo canto, smonta la tesi dello scambio tra premierato, autonomia e giustizia. “Non si chiama scambio, ma accordo politico tra forze di maggioranza che hanno tutto il diritto di farlo”, dice il capogruppo leghista Massimiliano Romeo. Dalle opposizioni è un coro di “vergogna, vergogna” in una gara a chi la spara più grossa prima mostrare i muscoli in piazza Santi Apostoli, luogo simbolo dell’ulivo prodiano, in cerca di qualche titolo contro il governo sovranista che mette a rischio la tenuta democratica. “Non vi sono bastati 65 decreti legge e quasi 50 voti di fiducia? Non vi basta tutto questo potere? Ne volete di più?”. Così uno scatenato Francesco Boccia che accusa la maggioranza di “bulimia di potere sulla pelle del Paese e della Costituzione”.
Identico lo schema del capogruppo 5Stelle, Stefano Patuanelli. “La dinamica di elezione del secondo premier dà le chiavi del paese a chi non è stato eletto direttamente, quello è un ribaltone”, attacca il pentastellato. “Ma voi avete una totale bulimia di potere”. Non è da meno Avs che parla di riforma “dannosa, che vuole dare potere a una sola persona, limitare le prerogative del capo dello Stato e stravolgere la Costituzione italiana”. Anche il centro dello scacchiere, uscito a pezzi dalle europee, fa la sua parte. Almeno in Aula perché in piazza con il presunto campo largo non si fa vedere. “Rischiamo di ritrovarci con un cittadino suddito”, dice il renziano Enrico Borghi. Per Carlo Calenda, invece, questa riforma “dice che se un governo va male e perde consenso, il premier è comunque blindato”.
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