“Ombre d’Europa” (pagg. 200, euro 19) è uscito nel 2022 per la casa editrice Donzelli, ma è ancora attuale, anzi, attualissimo. Il suo autore, Guido Crainz, udinese, residente a Roma, fa lo storico: le sue tesi non hanno perso nulla della loro validità, non sono certo passate di moda. Anche perché poggiano su fatti, documentati in maniera capillare.
Il libro sarà presentato domani, alle 18, al Kulturni dom di Gorizia, all’interno di un incontro con titolo “Europa, le radici storiche di un presente complesso”.
Con l’autore dialogherà il giornalista Alex Pessotto, direttore dell’Accademia Europeista, mentre l’associazione, che ha sede nel capoluogo isontino, è presieduta da Claudio Cressati, docente all’ateneo di Udine.
«Ombre d’Europa – racconta Crainz, che è anche componente del comitato scientifico di vicino/lontano e della Consulta della Regione Fvg per la riabilitazione sulle fucilazioni sommarie della prima guerra mondiale – si propone di riflettere su aspetti, contraddizioni e problemi che abbiamo sottovalutato a lungo e scoperto tardi.
Ciò in quanto abbiamo avuto una visione ottimistica della costruzione europea motivata, nei primi decenni successivi al ’45, dallo straordinario sviluppo economico dell’Occidente e, dopo il 1989, dal sentimento di gioia per la riunificazione del Continente, Est compreso. Quindi, non sono stati considerati a sufficienza alcuni nodi che si ponevano e riguardavano questi Paesi, i quali avevano una storia molto differente dalla nostra. Un intellettuale ungherese ci diceva già negli anni Ottanta che avevamo vissuto per decenni con le spalle al Muro di Berlino. Ecco, credo che sia proprio così».
A rafforzare l’affermazione, Crainz cita un pensiero espresso all’indomani dell’89 al Senato polacco da Bronisław Geremek, intellettuale e politico, voce importante di Solidarność, quando diceva che i loro sono Paesi che non hanno conosciuto una vera democrazia nemmeno prima del comunismo, con l’eccezione della Cecoslovacchia tra le due guerre. E gli Stati che non hanno una tradizione democratica subiscono tre pericoli: nazionalismo, populismo e tentazione dell’uomo forte.
Per Crainz, Geremek aveva colto nel segno e lo si è visto, con diversità da Stato a Stato, nell’Est europeo con una specificità jugoslava. Perché tutti i problemi sono stati esasperati dalla tragedia della sua lacerazione.
Per lo storico, a lungo docente all’università di Teramo, c’è poi da fare una distinzione importante fra Est e Ovest d’Europa in materia di cessione della sovranità.
«Nell’Europa occidentale del ‘45, che aveva sott’occhio le tragedie dei nazionalismi, i pezzi di sovranità furono ceduti volentieri, basti pensare al primo atto europeo: la Comunità del Carbone e dell’Acciaio, la Ceca, costituiva infatti una cessione della sovranità enorme - aggiunge Crainz -. Non dimentichiamoci che per le miniere di carbone e acciaio, Germania e Francia si erano fatte la guerra. Eppure, quella cessione venne accettata con convinzione per evitare il ripetersi del disastro che tutti stavano vivendo. Ma, per i Paesi dell’Est che nell’89 hanno riacquistato la propria sovranità dopo che a lungo ne erano stati privati, la richiesta di cederla nuovamente non è stata certo una cosa facile da accettare. Questo è un aspetto che va necessariamente compreso, altrimenti non si capiscono alcuni processi che stanno caratterizzando il mondo di oggi. Poi, c’è chi usa questo aspetto in maniera strumentale».
“Ombre d’Europa” ha un sottotitolo: “Nazionalismi, memorie, usi politici della storia”. E qui, a ribadire la sua opinione, Crainz fa un chiaro riferimento a Viktor Orbán, «che nei suoi comizi ha detto più volte che l’homo bruxellicus è analogo all’homo sovieticus. L’homo sovieticus voleva cancellare l’identità ungherese imponendo appunto il modello sovietico, mentre Bruxelles vuole cancellare l’identità ungherese applicando un modello bruxellicus omologato dalla globalizzazione. Ma questa è una stupidaggine colossale. Però, è nostro compito analizzare le premesse che portano a dire una simile sciocchezza».