Sarà presentato domenica 16 giugno, in anteprima mondiale al Biografilm Festival di Bologna, “Il Frastuono e il Silenzio” il documentario che il regista Giampaolo Penco ha dedicato alla figura di Toni Negri.
Due parole chiare e precise che si contrappongono. Il “frastuono” è quello mediatico legato a Toni Negri, al suo arresto e ai coinvolgimenti possibili alla lotta armata, il “silenzio” è quello degli ultimi anni, quello che si trova nella casa parigina nella quale vediamo Negri muoversi tra libri, letture e riflessioni. Un silenzio che diventerà definivo con la sua morte avventa lo scorso dicembre.
L’autore articola il suo film su queste due linee narrative mettendo in scena il racconto di un’epoca attraverso il ritratto di uno dei personaggi più discussi della storia italiana di fine millennio. Se dovesse dire quali sono le difficoltà maggiori che ha incontrato per dare forma a questo progetto cosa le viene in mente?
«Prima di tutto vorrei sottolineare come a Padova sono nate idee rivoluzionare e autodistruttive. Padova è la città di Negri, ma anche quella di Freda e Ventura. Per raccontare una figura complessa come quella di Negri sono dovuto andare all’origine della sua vita ricordando quanto sua madre fosse cattolica e quanto lui fosse stato influenzato da una rigidità dalla quale ha imparato quella tipica disciplina propria dell’educazione gesuita che ha formato tanti intellettuali d’Italia.
«Negri da giovane diventerà amico del Vescovo di Padova che gli permetterà di raggiungere i vertici dell’Azione Cattolica cittadina» prosegue «In quel contesto proverà ad introdurre le sue prime idee rivoluzionarie cercando di dividere i componenti dell’Azione Cattolica secondo le classi sociali e non seguendo il criterio canonico dell’epoca che era quello legato all’età. Da quel contesto venne espulso e così intercettò il malcontento e lo sbandamento emotivo generato dalla nascente industria veneta. Da lì Negri acquisisce una nuova identità operistica divenendo paladino delle classi operaie. Questa è stata sicuramente la parte più difficile perché molto probabilmente è una parte poco nota della sua vita».
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Nel documentario Negri non sembra voler parlare di errori a qualche ripensamento. «Quando Negri è stato incarcerato ero uno studente universitario. Non ho mai avuto tessere di partito, ma da studente militavo nelle correnti di sinistra al di fuori del Pc»
Aggiunge Penco. «Lo percepivo come un uomo le cui idee erano quelle di un politicante filosofo, ma mi sentivo sempre un po’ distante dalle sue posizioni anche se le seguivo con curiosità. Riconoscevo un pensiero vicino a Spinoza un filosofo che ho sempre amato. E questa cosa un po’ mi ha legato a lui. Di negativo, come a tanti altri, mi aveva colpito la sua fuga in Francia, e la sua conseguente storia d’amore borghese».
«Durante una delle nostre interviste» conclude «scherzavo dicendo che noi giovani degli anni Settanta siamo stati molto diversi da loro, e che in un certo senso forse siamo stati dei nemici perché in parte con la nostra attenzione alla creatività, con il nostro individualismo e la ricerca del piacere abbiamo chiuso l’esperienza precedente legata all’operaismo puro»
