Mentre uomini e donne di tutte le età lottavano tra la vita e la morte supini sui letti della terapia intensiva, attaccati a un respiratore, lui stava al di là del vetro, fuori dal reparto, e filmava corridoi vuoti. Mentre migliaia di famiglie trevigiane piangevano nonni o genitori stroncati dal virus, lui postava quel video realizzato con il telefonino per dire che il Covid era tutta un’invenzione.
Di questo, oggi, il 46enne Francesco Fella, negazionista convinto e autore del surreale video quasi quattro anni fa, dovrà rispondere davanti al giudice: si presenterà in tribunale l’8 luglio, accusato di diffamazione, violazione di domicilio e interferenza illecita nella vita privata. Lo aveva denunciato l’Ulss 2 dopo la pubblicazione del “reportage” a novembre del 2020, nel pieno della seconda, violentissima ondata della pandemia, con il personale sanitario impegnato in uno sforzo immane per far fronte all’onda crescente di ricoveri.
IL VIDEO
«Emergenza zero, panico zero»: questo diceva Fella nel video, filmando però il Pronto soccorso del Ca’ Foncello e l’esterno della Terapia intensiva, reparto al quale, per ovvie ragioni di natura sanitaria, non gli era stato permesso di accedere. Il video era diventato virale sui social, aveva raggiunto migliaia di utenti e a suo modo contribuito nella diffusione di un sentimento negazionista che nella Marca, nei mesi successivi, si sarebbe palesato anche nelle affollate proteste di piazza della galassia No vax. Quel giorno di novembre, però, più di qualcuno aveva gridato allo scandalo, a partire da chi, in Terapia intensiva, ci era finito per davvero a causa del Covid, uscendone vivo ma portando con sé ricordi dolorosissimi - oltre che guai fisici - che nemmeno il tempo avrebbe mai guarito del tutto.
LA RISPOSTA DELL’ULSS
Il direttore generale dell’azienda sanitaria, Francesco Benazzi, all’epoca intervenne immediatamente per ribattere alle fake news contenute nel video di Fella. E lo fece, assieme al personale sanitario, con un altro video, realizzato all’interno della vera Terapia intensiva, in cui venne mostrata la reale situazione del reparto. Che era quella di cui tutti parlavano: pazienti intubati, tutti i posti letto occupati, sforzi sovrumani da parte del personale sanitario. Al video l’Ulss fece seguire la denuncia per diffamazione nei confronti dell’uomo. «Non possiamo accettare, quel video è un’offesa alla sofferenza dei nostri pazienti e all’impegno di medici, infermieri, operatori sanitari» aveva detto all’epoca Benazzi. Ora la palla passa alla giustizia: appuntamento all’8 luglio per l’inizio del processo. L’uomo è difeso dall’avvocata trevigiana Helga Lopresti.