Hunter Biden non la spunta: il figlio del presidente degli Stati Uniti è stato dichiarato colpevole dalla giuria del Delaware di tutti e tre i capi di imputazione che gli sono stati contestati per aver mentito riguardo alla sua tossicodipendenza quando acquistò un’arma nel 2018. Dopo la lettura del verdetto raggiunto dai 12 giurati, la giudice Maryellen Noreika non ha fissato una data per l’annuncio della sentenza dell’illustre imputato, spiegando che provvederà a ratificarla in un secondo momento. Intanto, si apprende che per due capi di imputazione la sentenza massima è di 10 anni. Mentre per un terzo è di cinque anni. Per ognuna delle accuse è prevista una multa massima di 250mila dollari.
Dunque, Hunter Biden, al centro di una vicenda giudiziaria che non ha risparmiato colpi di scena e rumors, è stato giudicato colpevole per possesso illegale di armi. Ci sono volute appena tre ore di camera di consiglio perché la giuria del tribunale di Wilmington, in Delaware, raggiungesse il verdetto. Una sentenza di colpevolezza che Hunter Biden ha ascoltato in aula e per la quale sa di rischiare 25 anni di carcere. Una prospettiva inquietante, che neppure la con ferma che il figlio del presidente non sarà incarcerato in attesa della sentenza di condanna riesce ad alleggerire in alcun modo. Un verdetto che l’imputato ha incassato abbracciando gli amici e i familiari presenti in aula un istante dopo il pronunciamento. E con la first lady Jill Biden arrivata sette minuti dopo la lettura del dispositivo…
Ripercorrendo la cronaca di una sentenza che ha visto la giuria del tribunale del Delaware riunirsi per decidere se Hunter Biden fosse o meno colpevole delle accuse federali relative al fatto che ha mentito quando ha acquistato un’arma nel 2018, non dichiarando di essere tossicodipendente, va detto che tutto si è svolto secondo il protocollo processuale d’oltreoceano. Dunque, con i 12 giurati che si sono ritirati in camera di consiglio dopo le arringhe finali dell’accusa e della difesa del figlio del presidente Biden, che hanno messo fine ad un dibattimento imbarazzante per la Casa Bianca. Oltreche pericoloso per le chance di rielezione del presidente.
«Abbiamo presentato prove personali, è stata una cosa brutta e stravolgente, ma assolutamente necessaria», ha detto Leo Wise, assistente procuratore speciale, facendo riferimento al fatto che l’accusa ha chiamato a testimoniare l’ex moglie, l’ex fidanzata, e la figlia di Hunter Biden per rispondere a domande personali sulla sua dipendenza dal crack.
Non solo. Al banco dei teste è stata chiamata a testimoniare anche la vedova del fratello, Beau, con cui Hunter ha avuto una relazione, dopo la morte del marito. Queste testimonianza, insieme alle foto e ai messaggi mostrati, «possono provocare disgusto o simpatia, o entrambi. Ma l’imputato non è accusato di essere un tossicodipendente, ma di aver mentito per scelta. È per questo che è qui», ha aggiunto Wise.
Anche durante l’udienza di ieri, in aula era presente la first lady Jill Biden, protetta dagli agenti del Secret Service. «Le persone sedute in galleria non fanno parte delle prove», ha detto ancora il procuratore, chiedendo ai giurati di decidere senza considerare le implicazioni politiche del caso. Sul fronte della battaglia processuale, infine, l’avvocato della difesa, Abbe Lowell, ha puntato il dito contro l’accusa che «ha speso ore a raccontare la terribile lotta di Hunter con alcol e droga». Senza dimostrare però – a detta del legale – che effettivamente l’imputato facesse uso di sostanze stupefacenti nel momento in cui ha acquistato l’arma. E ha compilato il questionario federale». Oggi però il pronunciamento della giuria sulla colpevolezza di Hunter Biden ha messo fine a rilievi, contromosse e obiezioni. Confermando che Hunter Biden non sarà incarcerato in attesa della sentenza di condanna.
E tra verdetti e polemiche arriva anche il commento del presidente Joe Biden: «Accetterò l’esito» del procedimento penale e «continuerò a rispettare il processo giudiziario mentre mio figlio Hunter considera l’appello», ha dichiarato l’inquilino della Casa Bianca. Aggiungendo in calce: «Sono il presidente, ma sono anche un papà. Io e Jill ci saremo sempre per Hunter. Siamo orgogliosi di lui oggi», ha chiosato Biden sulla vicenda. Una vicissitudine che sta provocando dolore, preoccupazione e imbarazzo alla famiglia presidenziale.
L'articolo Finisce male per Hunter Biden: il figlio del presidente a processo, dichiarato colpevole. Ora rischia 25 anni sembra essere il primo su Secolo d'Italia.