foto da Quotidiani locali
Il coordinatore della sicurezza avrebbe dovuto essere nominato per almeno due ragioni: perché non c’è prova che, qualora presente, non si sarebbe reso conto dei segni di cedimento del palco e perché, quando a operare nello stesso luogo sono più imprese, i rischi aumentano.
Questo, in estrema sintesi, aveva rilevato la Corte di Cassazione quando, lo scorso ottobre, aveva annullato con rinvio la sentenza di assoluzione emessa nel novembre 2021 dalla Corte d’appello di Trieste nei confronti di Loris Tramontin.
E cioè del legale rappresentante di Azalea Promotion srl, accusato dalla Procura di Trieste di disastro colposo, omicidio colposo e lesioni colpose, a seguito del crollo del palco di Jovanotti in cui, il 12 dicembre 2011, perse la vita il 19enne il triestino Francesco Pinna, mentre lavorava al suo allestimento al PalaTrieste.
Ieri, la Corte d’appello di Trieste, in linea con l’orientamento espresso dagli ermellini, ha concluso per la conferma della condanna dell’imprenditore decisa in primo grado, nel maggio del 2019, dal gup del tribunale di Trieste, riducendone tuttavia la portata da 1 anno e 10 mesi a 1 anno e 3 mesi, sospesi con la condizionale, in minima parte per effetto dell’intervenuta prescrizione di una contravvenzione.
«Leggeremo la motivazione per valutare l’eventuale proposta di un ulteriore ricorso per cassazione», ha affermato l’avvocato Riccardo Cattarini, difensore di Tramontin, definendo la vicenda processuale «parecchio sorprendente, visto l’andamento così altalenante delle decisioni». Altrettanto farà l’avvocato Caterina Belletti, che invece assiste la società.
Il collegio ha inoltre previsto il risarcimento dei danni al giovane operaio rimasto a sua volta ferito nell’incidente e che nel procedimento si è costituito parte civile con l’avvocato Rino Battocletti. Sarà il giudice civile a stabilirne l’entità. «La sentenza della Corte d’appello – il commento del legale – ha preso atto dei principi di diritto indicati dalla Cassazione che affermavano in modo stringente la responsabilità dell’imputato per avere omesso la nomina del coordinatore della sicurezza in fase esecutiva. Figura – ha aggiunto – che avrebbe potuto intervenire per sospendere le lavorazioni ed evitare così il crollo della struttura che reggeva il palco».
Tutt’altra l’interpretazione giuridica che dei fatti avevano prospettato i colleghi triestini, sostenendo che la mancata nomina da parte del committente - Tramontin, appunto – del coordinatore della sicurezza fosse stata ininfluente sul nesso di causalità, non rientrando tra i suoi doveri la vigilanza sulla tenuta statica della struttura. Al pari di quanto argomentato dalle difese in tutti i gradi di giudizio, il primo collegio d’appello aveva quindi ascritto le cause del crollo esclusivamente a un errore di calcolo dell’ingegnere incaricato della verifica statica dell’impalcatura collassata. Non a caso, il processo con rito abbreviato che era stato celebrato a suo carico davanti al gup si era concluso con la condanna a 3 anni di reclusione, rideterminati in appello in 2 anni.
L’assoluzione con formula piena «per non aver commesso il fatto» di Tramontin era stata impugnata sia dalla Procura generale sia dalla parte civili, concordi nel ritenere incongruo pensare che un coordinatore, qualora nominato, non avrebbe percepito il pericolo, visto che il cedimento non era stato improvviso, bensì preceduto da avvisaglie di cui avrebbe appunto potuto accorgersi