Un’attesa che mischia angoscia e speranza. Per la famiglia Redivo il tempo si è fermato all’11 maggio, a quell’ultima telefonata prima del buio e della scomparsa di papà Luciano, 77 anni.
Ore eterne, giorni velocissimi e la decisione di vincere l’iniziale ritrosia diffondendo con ogni mezzo la foto del pensionato di Roveredo in Piano. «Non è nelle mie corde farlo – spiega il figlio Paolo Redivo, 43 anni – ma ho contattato Chi l’ha visto, ho fatto volantinaggio, ho pubblicato gli annunci sui gruppi Facebook di diversi paesi. Tutto, insieme a mia sorella, pur di avere risposte su papà».
Quel papà, Luciano, rimasto vedovo sette anni fa. Quel papà, Luciano, che ha passato una vita lavorando all’interno della base di Aviano. Quel papà, Luciano, conosciuto e stimato a Roveredo in Piano, dove era attivo e pieno di amici.
«È sempre stato autosufficiente – spiega il figlio Paolo – vivendo da solo nella casa di famiglia. Io e mia sorella abbiamo provato più volte a suggerirgli un aiuto esterno ma lui si è sempre rifiutato. Ma è lucido, sta bene: questa scomparsa non ha senso».
Venerdì 10 maggio Luciano riceve l’ultima visita da parte della figlia, che il giorno successivo in tarda mattinata lo sente al telefono. È un cellulare, ma il pensionato non lo porta mai con sé «quindi eravamo sicuri che fosse in casa» continua Paolo. Nel pomeriggio non risponde e, quando il telefono squilla a vuoto anche domenica, la figlia capisce che qualcosa non va.
Il resto è la cronaca di una perlustrazione vastissima, coordinata dalla Prefettura. In mancanza di nuovi elementi la perlustrazione è stata sospesa, ma non la ricerca, pronta a riprendere se emergeranno altre tracce. «Hanno usato ogni mezzo, mi sono unito anche io alle squadre di ricerca ma il territorio è molto selvatico. È difficile accettare che le perlustrazioni vengano sospese, ma è comprensibile» aggiunge il figlio. Che, però, continua a cercare risposte. La famiglia ha distribuito volantini nei paesi dove Redivo potrebbe essere passato (l’ultimo avvistamento è a Polcenigo) e ha diffuso un appello sui social. Troppe le domande senza risposta.
«Sì, ogni tanto faceva un giro in bicicletta. Ma già il fatto di essere a Polcenigo era una stranezza. In passato aveva avuto colleghi da quelle parti, ma ora non aveva nessun motivo di andare lì. È strano anche che all’osteria dove l’hanno visto l’ultima volta gli avessero dato delle indicazioni, ma lui abbia preso la strada contraria. Quel percorso lo conosceva e nei giorni precedenti non ci era sembrato stanco: ogni tanto aveva qualche calo di memoria, come succede a tutti». E poi c’è la bicicletta, trovata appoggiata a un albero nei pressi del rio Fontanive, affluente del Livenza, lungo una strada bianca a due chilometri dall’arteria principale.
Come è arrivata lì? Con Redivo o con qualcuno che gliel’ha sottratta? «Dall’altra parte c’è un campo incolto, davvero non capiamo perché appoggiarla lì».
La famiglia esclude l’ipotesi dell’allontanamento volontario. «Mio papà è sempre stato presente – continua Paolo –. La mia paura è che in quel frangente possa essere successo qualcosa. Si è perso e ha cercato in tutti i modi di tornare a casa, magari tagliando per i campi. Ecco perché abbiamo rinnovato l’appello: qualche cacciatore o pescatore, che conosce bene la zona, potrebbe aver visto qualcosa».