«Eccomi!», esclama don Pierluigi Peraro, rispondendo all’appello del vescovo di Trieste, Enrico Trevisi, e accettando le vesti consacrate, il calice e l’ostia con i quali da ieri ha iniziato il suo servizio nella parrocchia della Beata Vergine delle Grazie. La sua è una chiamata “tardiva”, arrivata nel 2019, all’età di 52 anni, dopo una carriera dedicata a discipline completamente diverse.
Nato a Padova, don Pierluigi è cresciuto in una famiglia numerosa – è l’undicesimo di quattordici figli – ed è profondamente credente. I suo genitori gestivano una piccola azienda agricola: non erano ricchi ma di fatto non facevano mai mancare niente in casa, e con sacrificio hanno permesso al figlio di studiare fino all’università.
Dopo i vent’anni, su invito del proprio parroco, Pierluigi si avvicina alla catechesi ed entra poi “in cammino”, per trovare conforto in un periodo di forte crisi esistenziale. «Nell’avvento del 1992 ho seguito le catechesi iniziali del Cammino nella mia parrocchia», racconta. «Al termine delle catechesi è nata una comunità e ho voluto farne parte. In quel periodo ero piuttosto in crisi: ero appena stato lasciato da una ragazza di cui ero molto innamorato, ero indietro con gli studi, piuttosto ripiegato su me stesso, triste. Il cammino ha fatto sì che prendessi sul serio il mio essere cristiano, la mia fede, che formalmente non ho mai abbandonato, ma di fatto rischiava un po’ alla volta di ridursi a una mera facciata e che permettessi a Dio di entrare nella mia vita e di aiutarmi a vincere contro i miei peccati che mi rendevano infelice”.
Proprio trovando sostegno nella fede Pierluigi riesce infatti a laurearsi, poi a trovare lavoro in un’azienda di informatica, dove rimane per alcuni anni. Supera quindi il concorso per insegnante di matematica e scienze nella scuola secondaria di primo grado, dove insegna fino alla scelta, maturata nel 2018, di rispondere infine alla propria vocazione ed entrare in seminario all’età di 52 anni. Sabato mattina a Trieste era il più anziano a ricevere le vesti, e per casualità anche l’ultimo – in ordine – ad accogliere sul proprio capo le mani del vescovo, diventando sacerdote per sempre.