TRIESTE La liturgia dei santi si conclude in un raccoglimento di assoluta solennità. I quattro diaconi si inginocchiano all’altare, pronunciano una preghiera, un ultimo: «sì, lo prometto» nel silenzio della navata. Il vescovo Enrico Trevisi impone quindi le mani sui loro capi, offrendoli poi ai presbiteri presenti: da quel momento i quattro eletti diventano sacerdoti per sempre.
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È stata una cattedrale di San Giusto gremita di amici e fedeli delle comunità natie ad accogliere, durante l’ordinazione celebratasi sabato mattina, i quattro nuovi sacerdoti che opereranno nella diocesi di Trieste: don Ruwan Arachchige presterà servizio a Sant’Antonio Taumaturgo, don Raoul Henri Godonou per Gesù Divino Operaio, don Pierluigi Peraro per la Beata Vergine delle Grazie mentre don Cristian Brunato sarà assegnato alla parrocchia dei Santi Giovanni e Paolo di Muggia. «Ma loro – dice Trevisi nell’omelia – lo sapevano già».
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I quattro sacerdoti «andranno secondo proprio cuore» e serviranno nelle rispettive parrocchie a partire da domenica, ma la prima messa di don Cristian in vesti consacrate sarà celebrata, in serata, non nel duomo di Muggia bensì in quello di San Giorgio Martire a San Giorgio di Nogaro, chiesa che Brunato frequentava da ragazzo.
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Nato a Latisana 45 anni fa, don Cristian è infatti cresciuto nel Basso Friuli. È figlio unico e dell’infanzia ricorda i momenti passati con l’amata zia, cui veniva affidato per consentire al padre, operaio, di prendersi cura della madre, colpita da una malattia invalidante.
L’annuncio, la “buona notizia” è arrivata già durante l’adolescenza, a dissipare quel senso di solitudine che spesso segna i turbolenti anni della crescita: da lì la scelta di entrare nel cammino neocatecumenale, che l’ha sostenuto per oltre trent’anni. Fino a sabato mattina, quando il vescovo ha infine unto le sue mani e accolto la sua promessa di «predicare la parola d’amore».
Al suo fianco ricevono le vesti don Pierluigi, sacerdote “tardivo” entrato in seminario a 52 anni dopo una carriera nell’ambito dell’informatica e dell’insegnamento, e don Ruwan, già diacono nella chiesa di Sant’Antonio dove celebrerà la sua prima messa.
Ma il neo sacerdote pensa già all’omelia che, nelle prossime settimane, pronuncerà a San Pasquale Baylon, parrocchia che lo accolse al suo arrivo a Trieste, nel 2015.
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Don Ruwan, 30 anni, è infatti nato nello Sri Lanka: lì abitano ancora la madre e il fratello, profondamente cattolici e rammaricati di non essere riusciti a raggiungerlo per la cerimonia di ordinazione. «Ma presto, con il permesso dei miei parrocchiani, vorrei fare una vacanza e tornare a riabbracciarli», dice don Ruwan, lasciando la cattedrale per unirsi a un piccolo ricevimento organizzato nel vicino seminario di via Besenghi.
Con lui c’è don Henri, 35 anni, che si gode la festa con i balli tradizionali dell’Africa occidentale, salutata dieci anni fa per seguire la sua vocazione pastorale. Quello di don Henri è stato un cammino lungo, che dal Benin l’ha portato prima a Roma, poi negli Usa e infine nella diocesi di Trieste, dove due anni fa è stato «accolto come un fratello».