«Chi decide quando si alza il Mose? Occorrono maggiore trasparenza e scelte fondate su protocolli di manovra con regole scientifiche, approvate da organismi tecnici qualificati. Maggiore cautela per evitare rischi per il patrimonio e l’incolumità dei Veneziani». La questione dei sollevamenti del Mose arriva in Municipalità. Dopo le polemiche sul mancato sollevamento del 16 maggio, con l’acqua piovana che non defluiva in laguna anche a causa del consistente livello della marea, un gruppo di consiglieri ha presentato un documento da presentare al sindaco e alla giunta che sarà votato lunedì 27 maggio.
Lo firmano il consigliere delegato alla Salvaguardia della Municipalità veneziana Alberto Bernstein, Tommaso Bortoluzzi del Pd, Renata Mannise dei Verdi progressisti, Stefano Colovini di Venezia è Tua.
La richiesta raccoglie il malcontento diffuso in città sulle modalità decise per il sollevamento del Mose. Si alza quando la marea supera i 120 centimetri, secondo il protocollo in vigore. A quella quota però, in assenza di altre difese e dei rialzi delle rive, buona parte della città è già sott’acqua. In discussione anche i tempi di sollevamento. Nelle ultime occasioni di alta marea sostenuta le barriere sono state alzate quando l’acqua in laguna era già oltre quota 90. Anche in questo caso, con una parte della città già a mollo.
Infine il caso “eccezionale” della settimana scorsa. Piogge (quasi) mai viste, 200 millimetri d’acqua in tre ore. E la decisione di non alzare le dighe.«Non sarebbe cambiato nulla», dicono al Consorzio. Invece i tecnici dell’Ufficio maree e molti ingegneri idraulici sono convinti del contrario. Se si fosse alzata la barriera, la marea in laguna sarebbe stata più bassa. E l’acqua piovana che ha allagato mezza città sarebbe defluita più facilmente. La prova è che in mare, alla bocca di Lido, il livello massimo registrato dagli strumenti è stato di 98 centimetri. A Punta Salute di 111, come un’acqua alta eccezionale, con ben 13 centimetri di sovralzo portati dalle precipitazioni.
C’è anche il problema dei fiumi, e dell’acqua che arriva dall’entroterra. Una questione complessa, che attende ormai da quattro anni il varo dell’Autorità per la laguna e l’esame affidato a tecnici del settore indipendenti. «Invece», si legge nell’ordine del giorno, «le manovre del Mose avvengono oggi, quattro anni dopo la prima alzata, basate su valutazioni personali e utilizzando bozze provvisorie dei protocolli di manovra».
«Questi protocolli», si legge nel documento, «non sono mai stati resi pubblici, così come gli atti di approvazione degli stessi e gli atti di certificazione tecnica». L’ordine del giorno richiama quanto successo il 16 maggio. «Altri errori di manovra in futuro potrebbero determinare effetti ancora più gravi». Chiediamo allora che il sindaco intervenga presso il ministro delle infrastrutture e la commissaria Spitz. Per ottenere che il Mose venga manovrato secondo «protocolli tecnici dettagliati, esaurienti, pubblicati e certificati come validi a garantire l’incolumità del patrimonio dei Veneziani». Con il grande progetto da 7 miliardi non ancora concluso ma in funzione “provvisoria” da quattro anni, il potere decisionale affidato a commissari e ministeri e l’Autorità che non arriva, la città chiede risposte. E di partecipare alle scelte che la riguardano.
