Arriva a Udine, come unica tappa del nord Italia nel percorso che l’ha vista aprire i battenti al Museo nazionale delle arti del XXI secolo (MAXXI) di Roma nel maggio del 2022 e poi a Villa Pignatelli a Napoli, la mostra “Gianni Berengo Gardin – L’occhio come mestiere”.
Da domani al 15 settembre 2024, nel Salone del Parlamento e nelle sale della Galleria d’arte antica del Castello di Udine, saranno esposti 192 scatti del fotografo ligure, una collezione integrale di stampe vintage originali provenienti dal suo archivio personale e dal museo romano.
Maestro del bianco e nero, da sempre fautore e difensore di una stampa fotografica autentica, di un’immagine che cattura e ferma la vita quotidiana, ma anche e soprattutto autore di una fotografia di reportage e di indagine sociale, Gianni Berengo Gardin, nato a Santa Margherita Ligure 94 anni fa, in quasi settant’anni di carriera ha raccontato con i suoi scatti l’Italia dal dopoguerra a oggi.
Quella raccontata da Gardin è un’Italia che vive un cambiamento repentino, attrice di uno sviluppo economico, culturale e sociale profondo, che ha plasmato le città d’Italia e gli italiani.
La sua è una fotografia “vera”, una pratica che vuole allontanarsi dalla manipolazione analogica o digitale, e fare la parte del documento storico, partecipe e mai neutrale della realtà che si evolve, grazie a composizioni naturali, con l’uomo sempre al centro di uno spazio sociale vissuto. Berengo Gardin ha costruito con le sue fotografie un patrimonio visivo unico nella storia della fotografia italiana e internazionale. Nel corso dei decenni questa impostazione è diventata un marchio di fabbrica esclusivo del fotografo, che ha sempre amato definirsi “un fotografo-fotografo”, e quindi un artigiano della fotografia d’autore piuttosto che un fotografo-artista.
L’esposizione, curata da Margherita Guccione del MAXXI e Alessandra Mauro di Contrasto, è immaginata come una sorta di viaggio, un percorso cronologico, topologico e tematico nel modo di vedere e fotografare l’Italia di Berengo Gardin.
La mostra ripercorre i settant’anni di carriera del fotografo attraverso le fotografie scattate nelle città che hanno segnato la sua vita privata e professionale.
Punto di partenza di questo tour visivo è Venezia, città dove Berengo Gardin si avvicina per la prima volta alla fotografia. Dalla laguna veneziana si passa alla Milano dell’industria, delle lotte operaie, degli intellettuali (in mostra, tra gli altri, i ritratti di Ettore Sotsass, Gio Ponti, Ugo Mulas e di Dario Fo), e si percorrono quasi tutte le regioni e le città italiane, dalla Sicilia alle risaie piemontesi, osservate nelle loro trasformazioni sociali, culturali e paesaggistiche dal secondo dopoguerra a oggi. E in questo scenario fa la sua parte anche il Friuli Venezia Giulia.
Trovano spazio dai luoghi del lavoro realizzati per Alfa Romeo, Fiat, Pirelli e, soprattutto, Olivetti, che lo conducono, nel corso della sua vita professionale, a vivere le evoluzioni del mondo operaio e dei suoi bisogni. Tra gli scatti anche i Cantieri navali di Monfalcone. E infine le stampe racconteranno gli ospedali psichiatrici, fotografati e pubblicati nel 1968 nel volume “Morire di classe”, realizzato insieme a Carla Cerati. Si tratta di immagini di denuncia e rispetto nel cui sfondo si può notare anche l’Ospedale psichiatrico di Gorizia, che documentavano le condizioni all’interno di diversi istituti in tutta Italia, 10 anni prima della legge Basaglia che li fece chiudere.
L’allestimento nel Salone del Parlamento che si apre alla fotografia internazionale grazie al contributo di prestigiosi partner pubblici e privati del territorio, è stato pensato riprendendo l’idea della macchina fotografica. Tutto si apre con un mirino che collega idealmente il Salone alle sale adiacenti.
Le fotografie, ordinate in senso cronologico, topologico ma anche tematico, faranno emergere i punti fermi della ricerca documentaria di Berengo Gardin: la centralità dell’uomo e della sua collocazione nello spazio sociale; la natura analogica della sua fotografia “vera”, mai ritoccata; la potenza delle sue sequenze narrative, delle storie nascoste negli spazi catturati; e infine l’utilizzo della fotografia come documento storico e sociale, puntellata tuttavia da dettagli spiazzanti e ironici. A completamento del percorso espositivo una sala sarà dedicata alle oltre 200 pubblicazioni fotografiche del Maestro Berengo Gardin. Nella stanza finale, costruita a specchi, saranno esposte le copertine dei libri fotografici realizzati del maestro nel corso della carriera.