TRIESTE Sorge sul colle di Chiadino, tra alberi e piante di ogni specie, si arrampica sui muretti di pietra che definiscono il suo percorso interno, per guardare dall’alto verso Trieste. È il Civico Orto Botanico di San Luigi, il rione che dal 1842 accoglie questo piccolo paradiso di erbe magiche e tradizioni antiche. Una pietra miliare per la città, tanto che non è vissuto né gestito come un giardino, ma come un vero e proprio museo. È parte infatti dei Musei Scientifici di Trieste, curati a oggi dalla responsabile Patrizia Fasolato, mentre la gestione interna dell’Orto la detiene da oltre trent’anni il curatore e naturalista Massimo Palma.
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Fu il botanico Bartolomeo Biasoletto il primo affidatario della gestione dell’Orto, quando nel 1842 la municipalità triestina decise di utilizzare la zona di Chiadino per sperimentare l’attecchimento del pino nero di origine austroungarica. Tra i molti nomi che hanno rappresentato la storia di questo luogo incantato, è necessario ricordare anche Muzio de Tommasini, botanico di fama internazionale che decise di dare vita a un vero e proprio istituto scientifico. Ancora oggi, infatti, l’Orto botanico è un luogo di ricerca e di didattica, che spedisce a giardini, istituti di ricerca e orti botanici di tutto il mondo, i semi che produce. Non solo: ogni anno viene elaborato lo “Index Seminum”, una sorta di “erbario dei semi” che funge da archivio storico, ma soprattutto da documento di ricerca per botanici e appassionati.
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È stato proprio Palma a restituire dignità all’antica usanza di questo “erbario”, iniziata con la prima stampa ufficiale nel 1877 grazie alla volontà di de Tommasini e Raimondo Tominz, ispettore delle pubbliche piantagioni. È con Carlo De Marchesetti però che l’Orto raggiunge la sua massima espansione, fino a ottenere la planimetria presente ancora oggi.
Ma qual è la situazione attuale dell’Orto botanico? «Abbiamo un’apertura stagionale, da aprile a novembre – spiega Fasolato – e siamo aperti tutte le mattine, tranne il martedì. L’afflusso di visite è circa del 40% di turisti e il 60% dei cittadini di Trieste che da sempre amano questo spazio. Una grande affluenza è data soprattutto dalle scolaresche di ogni ordine e grado. I turisti si meravigliano che l’accesso sia gratuito e apprezzano molto le visite guidate, che sono ancora possibili grazie a una concessione di servizio che il Comune di Trieste ha attivato con la cooperativa Ecothema».
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Lo spazio all’interno è suddiviso in 12 aree con peculiarità che vanno dal florilegio di piante magiche al Giardino dei semplici; dalle piante ornamentali a quelle spontanee oltre ad una sezione per i fiori di loto e il Giardino dei veleni, rappresentato da simbolici cerchi che accolgono le piante delle streghe. Presenti anche alcune attività didattiche che si svolgono durante la stagione, come le passeggiate shakespeariane, il percorso geopaleontologico e le guide nei vari giardini interni. Ma un tempo, prima del Covid, molte erano le iniziative di incontro culturale che accoglievano la cittadinanza, ad oggi tutte sospese, insieme alla chiusura pomeridiana dell’Orto.
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A ricordare alcuni di questi eventi è stato l’editore Diego Manna che vive a San Luigi: «Abbiamo fatto alcune presentazioni di libri molto belle, partecipavo sempre a “Invasati” che era un evento molto amato. Ricordo anche l’iniziativa “Come foglie al vento” dove si facevano delle passeggiate naturalistiche all’interno dell’Orto leggendo dei passi di libri inerenti al contesto e poi sul prato centrale si faceva la degustazione di vini. Si stava tutti insieme e lo spazio veniva vissuto, soprattutto nei pomeriggi quando le persone tornavano dal lavoro, cosa che adesso non è più possibile. Inoltre necessita di maggior manutenzione e il muretto che dà sulla scalinata sta cedendo».
In molti, a San Luigi, confidano soprattutto nell’ampliamento dell’orario per poter di nuovo passeggiare tra le erbe magiche e i profumi dei fiori anche nei pomeriggi della settimana.
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