La denuncia di alcune utenti dopo la chiusura di due delle quattro strutture: «Appuntamenti annullati e spostamenti improvvisi: ci sentiamo abbandonate»
TRIESTE Nei due consultori familiari rimasti in città, raccontano le donne, «ci sono ancora alcuni scatoloni chiusi». Anni di visite ginecologiche, consulti di ostetricia, percorsi nascita e assistenza psicologica: centinaia di esperienze e relazioni, lasciate lì dallo scorso 24 gennaio. A più di cento giorni dalla chiusura dei consultori di San Giacomo e San Giovanni nell’ambito della «riorganizzazione» di Asugi, il trasloco nelle due sedi di Roiano e Valmaura, testimoniano alcune utenti, sembrerebbe essere «non ancora terminato». Appuntamenti «annullati, rimandati o mai fissati», corsi post-parto «attivati in ritardo», strutture «inadeguate» ad accogliere i servizi «dimezzati», con il personale delle due sedi pronto a scioperare per l’intera giornata di mercoledì. E, ancora, discontinuità nel rapporto tra operatrici e utenti, come nel caso di Valentina, 33 anni, in attesa del suo primo figlio, che ha dovuto cambiare tre ginecologhe in tre mesi: «Mi sono ritrovata senza punto di riferimento nel momento più delicato della mia vita», confida.
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In uno degli scatoloni trasportati da una parte all’altra della città c’era anche la cartella di Marzia Pani, 36 anni: i documenti relativi al percorso nascita, seguito a San Giovanni durante la prima gravidanza, e i responsi di tutte le sue visite ginecologiche fin da ragazza. Il consultorio era stato per lei lo spazio del «consiglio senza giudizio», in cui chiedere ascolto o aiuto nella difficoltà: proprio di recente si era affidata alle mediatrici familiari del presidio di quartiere, per ricevere sostegno in un momento complesso. Ma da quando è avvenuta la riorganizzazione, racconta, «mi sono sentita abbandonata». Marzia confida la speranza che «tutte quelle relazioni non siano andate perse: dopo anni con la mia ginecologa, adesso mi dicono di ricominciare con un’altra dottoressa». Racconta di «intere settimane» per riuscire a fissare un appuntamento con le mediatrici familiari, che adesso dovranno seguirla a Valmaura, distante da casa: «Mi avevano detto – racconta – che mi avrebbero richiamata. Ma non l’hanno mai fatto».
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«La mia ostetrica si è licenziata appena prima della riorganizzazione», racconta Martina Lanza, 33 anni, da poco madre per la seconda volta. Anche per questa gravidanza, come per la prima, si è rivolta al consultorio di Valmaura: ma le due esperienze, prima e dopo il riassetto, sono state «molto diverse». Le altre operatrici hanno cercato di garantire il miglior servizio possibile, consigliando le mamme su allattamento e gestione del neonato. «Ma il peso sulle loro spalle – riflette – forse era troppo: si sono ritrovate ad assistere anche tutte le utenti delle due sedi chiuse, costrette a spostarsi da un consultorio all’altro». Fare rete con le altre madri durante il percorso nascita, ricorda, «è stato difficile: c’era chi veniva una volta, e poi non si presentava più». E così, confida Martina, «alcune di noi si sono sentite sole: il rischio, per una mamma che ha appena partorito, è di rinchiudersi nelle proprie insicurezze».
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«Ho partorito più di 50 giorni fa, ma sono ancora in attesa di fissare l’appuntamento per la visita di controllo», racconta Maria, giovane neomamma: «Mi è stato detto – riferisce – di fissare l’appuntamento “più in là”, perché la dottoressa non c’è». E la sua dottoressa non c’era neanche quando, con perdite e in assenza di contrazioni, «mi sono rivolta al consultorio, ma mi è stato risposto di andare al Pronto soccorso».
«Mio figlio nascerà tra pochi giorni, ma sento di non aver ricevuto tutta la preparazione di cui avrei avuto bisogno», confida Francesca Garano, 34 anni. Quando ha scoperto di essere in attesa del suo primo figlio sapeva già che il consultorio di San Giacomo, cui per anni si era rivolta per controlli di routine e pap test, sarebbe stato chiuso di lì a pochi mesi. «Ho quindi deciso di iscrivermi al corso pre-parto a Roiano, ma – racconta – l’inserimento è stato pieno di difficoltà: mi hanno mandato cinque mail in cinque giorni, continuando a rimandare l’inizio del corso».
C’erano mattine, nelle settimane successive alla riorganizzazione, in cui gli incontri iniziavano «con mezz’ora di ritardo», altre in cui venivano «annullati senza preavviso». Le operatrici stesse, ammette Francesca, «erano stanche, o forse travolte da quanto stava accadendo: abbiamo ricevuto informazioni incomplete, frammentate». Eppure proprio il percorso nascita, le raccontavano le amiche già mamme, avrebbe dovuto accompagnarla nel momento più delicato della sua vita: «Partorirò a giorni, ma sento di aver bisogno di tante altre risposte su come affrontare il parto. E su tutto quello che verrà dopo».
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