Se i friulani hanno cominciato a bere e ad apprezzare le bollicine ben prima della moda del Prosecco o della Ribolla gialla, lo devono a lui. Piero Pittaro, enologo vecchio stampo (negli anni aveva scalato i vertici dell’associazione nazionale e addirittura mondiale diventandone presidente), aveva una visione, un’ambizione.
Quella di creare lo Champagne friulano, uno spumante che il più possibile si avvicinasse al re francese delle bollicine. Il suo lavoro, la sua ricerca, le sue sperimentazioni andavano di pari passo con quelle di un altro grande vignaiolo friulano, Girolamo Dorigo, coetaneo di Pittaro e scomparso nel maggio scorso.
Lui nella Bassa, a Codroipo, in quei terreni che un tempo erano del Demanio militare, giusto di fronte alla base delle Frecce tricolori, Dorigo sulle colline di Manzano. Ma entrambi centrarono l’obiettivo: in quegli anni ruggenti, gli Ottanta della Milano da bere, dell’inflazione a doppia cifra, ma anche dell’economia italiana che galoppava, imbottigliarono lo spumante millesimato, realizzato con il metodo classico.
Una soddisfazione non da poco per un uomo che, seppur di antica famiglia di viticoltori (i parenti del fratello oggi gestiscono la nota cantina “I Pitars” di San Martino al Tagliamento), era un classico “self made man”. Prima il lavoro da enologo alla cantina di Bertiolo, poi l’acquisizione dei terreni a Codroipo, ancora adesso cuore dell’azienda Pittaro
Di pari passo la carriera politica, nella Democrazia cristiana, la Balena bianca che tra i Settanta e gli Ottanta regnava incontrastata. Fu sindaco di Bertiolo, diventò poi presidente del Centro vitivinicolo regionale confluito nell’Ersa. Tentò il salto alla Camera, con il Patto di Mario Segni nel 1994, ma i tempi stavano cambiando e quella sfida la perse.
Però la tenacia e l’amore per la sua terra, il Friuli, non vennero mai meno, tanto che fu eletto, dopo Giorgio Santuz, al vertice dell’Ente Friuli nel mondo, un incarico che lo inorgoglì moltissimo e che lasciò nel 2015, dopo un quinquennio in cui rinsaldò i legami dei friulani sparsi per il mondo con la Piccola patria. Era Accademico della vite e del vino, nobile del Ducato dei vini friulani, Cavaliere al merito agricolo della Repubblica francese, grand’ufficiale d’Italia.
La sua azienda, che oggi si estende su 85 ettari e produce decine di migliaia di bottiglie - tra spumanti, bianchi e rossi fermi - , è gestita da Stefano Trinco, enologo e presidente della Doc Friuli. Nella tenuta c’è pure il Museo del vino che raccoglie migliaia di cimeli della civiltà contadina legati alla viticoltura, di cui Pittaro era stato l’artefice.
Nel dicembre 2016, grazie a una donazione di un cavalletto di pittura e di alcuni dipinti degli artisti Alexander e Nicola Benois che Piero Pittaro fece al museo della Peterhof di San Pietroburgo, ebbe l’occasione di conoscere personalmente - e di essere premiato - nientemeno che dal presidente russo Vladimir Putin. «Putin mi ringraziò pubblicamente, parlandomi in italiano - disse Pittaro al rientro in Friuli - , augurandomi di tornare spesso in Russia, in nome della cultura e dell’amicizia».
