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Europee e “par condicio”, il blitz dell’Agcom è dietro l’angolo? Il timore di un bavaglio alla Meloni

Europee

Europee alle porte: e il terrore della par condicio corre sull’algoritmo… e non solo. Con l’approssimarsi dell’appuntamento elettorale europeo si ripresenta il Sudoku degli spazi televisivi da suddividere tra proponenti e proposte da declinare alla famigerata par condicio con l’arbitraggio dell’Agcom (Autorità per le garanzie nelle comunicazioni), pronta alla rigorosa sorveglianza sul rispetto della parità […]

L'articolo Europee e “par condicio”, il blitz dell’Agcom è dietro l’angolo? Il timore di un bavaglio alla Meloni sembra essere il primo su Secolo d'Italia.

Europee

Europee alle porte: e il terrore della par condicio corre sull’algoritmo… e non solo. Con l’approssimarsi dell’appuntamento elettorale europeo si ripresenta il Sudoku degli spazi televisivi da suddividere tra proponenti e proposte da declinare alla famigerata par condicio con l’arbitraggio dell’Agcom (Autorità per le garanzie nelle comunicazioni), pronta alla rigorosa sorveglianza sul rispetto della parità di trattamento dei soggetti politici nei programmi di approfondimento concernenti la campagna elettorale. Ed è qui che dalle colonne di Libero, il direttore editoriale della testata Daniele Capezzone, lancia l’allarme e, citiamo testualmente da pagina 2 del quotidiano in edicola oggi, scrive: «Senza girare intorno al problema, dentro l’Agcom è partita, in vista delle Europee, quella che potremmo chiamare l’operazione “ingabbia-Meloni”». E ne spiega il perché.

Europee, la difficile equazione dell’Agcom nel sudoku della “par condicio”

Certo, non prima di averne sottolineato complicazioni e contorcimenti legati a una «normativa affastellata negli anni distingue tra “periodi non elettorali” e “periodi elettorali”» che non possono prescindere comunque dagli «obblighi di completezza e correttezza dell’informazione» che, via via che si avvicina all’ora X delle elezioni, si fanno più «stringenti». Il tutto, non considerando quanto Capezzone invece puntualizza e sottolinea, ossia che: «In tempi di canali social, di informazione che passa dagli smartphone, o che – sui media tradizionali – è sfaccettata e sminuzzata tra centinaia di canali (generalisti o no, a pagamento o no, satellitari o no), pensare di mettere le mutande al mondo con una regolamentazione ossessiva è da pazzi».

Agcom alle prova delle Europee: nuove regole per disciplinare gli spazi tv e raccontare scenari in continua evoluzione

Non solo. Perché se sono cambiai percorsi e vie d’accesso della comunicazione, anche lo scenario politico, oltre alla fruizione delle notizie che arrivano dai suoi protagonisti, si incastonano in uno scenario profondamente mutato. Una fotografia che – scrive Capezzone – «basata sui gruppi parlamentari esistenti o sui risultati delle elezioni precedenti rischia di essere inattendibile rispetto ai mutamenti del quadro politico. Per capirci: i grillini (allora piccini ma in crescita strepitosa) sarebbero stati penalizzati da un criterio meramente quantitativo nel 2013 e nel 2018. E lo stesso sarebbe accaduto nel 2022 per Fratelli d’Italia, o – tornando assai più indietro nel tempo – per Forza Italia nel 1994. Dopo di che – fa notare il direttore – in questo contesto di per sé assai discutibile, spetta all’Agcom verificare il rispetto delle norme, e – eventualmente – far scattare sanzioni».

Il dubbio di Capezzone di un “blitz” alle porte: «Bavaglio tv alla Meloni?»

Ed è qui che sorge l’enigma e si prospettano le “incognite”. Sì perché, come rileva Capezzone, per anni l’Agcom ha usato come metro di misura il minutaggio delle presenze di partiti ed esponenti politici. Ma, aggiunge il giornalista ponendo la varabile di un’equazione assai indecifrabile, «davanti alle richieste della magistratura amministrativa di integrare questi criteri con elementi più “qualitativi”, e quindi – in ultima analisi – di introdurre elementi di flessibilità e ragionevolezza per consentire un rispetto sostanziale della parità di condizioni tra partiti e candidati senza impazzire con il solo strumento del bilancino, l’Agcom si sta preparando a un vero e proprio blitz che irrigidirebbe ulteriormente le cose».

L’Agcom alla prova delle Europee tra fasce orarie, palinsesti, calcoli e algoritmo

Così Capezzone prova ad abbozzare la soluzione individuata nella risoluzione e nel calcolo. Come? «Varando un ulteriore e ancora più pazzotico obbligo quantitativo, che imporrebbe una fantomatica ponderazione tra il tempo assegnato ai partiti e gli ascolti della fascia oraria in cui è inserito il programma in cui i vari politici vengono ospitati. Morale: anziché garantire in termini generali e sostanziali un equo trattamento di tutti i concorrenti alle elezioni, si introdurrebbero maglie ancora più strette per il gabbione, “algoritmizzando” l’obbligo di presenza di ciascun soggetto politico, fascia oraria per fascia oraria». E tutto, spiega Capezzone soffermandosi sulla vexata quaestio, al netto del possibile flop di una fascia oraria, piuttosto che di un’altra. E degli effetti della concorrenza televisiva.

Europee e par condicio, la variabile impazzita dietro l’angolo

Ossia: «Che si fa se – dall’altra parte, su un altro canale, scrive il direttore editoriale di Libero – c’è un superprogramma o una superpartita che catturano più ascolti del previsto? Sono gli inevitabili effetti collaterali a cui vanno incontro i pazzi che pretendono di fermare il mare con le mani». Sono le norme, bellezza, e “l’ossessione regolatoria” che le anima e disciplina, sembra suggerire neanche troppo tra le righe l’ex politico e giornalista. E non è ancora tutto, perché, incalza capezzone nella sua disamina, è a questo punto che ironia della sorte – e insidie connesse – «sarà sempre l’Agcom – a candidature presentate – a vigilare su tutto».

Come conteggiare?

E allora, a titolo puramente esemplificativo – mirato a evidenziare l’oligofrenia del tutto, il direttore ipotizza: «Poniamo il caso che, ad esempio, Giorgia Meloni decida di candidarsi alle Europee. Ovvio che, dall’eventuale momento della candidatura fino al 9 giugno, la premier non smetterà di essere premier. E quindi, al di là degli eventi strettamente elettorali, gli organi di informazione dovrebbero dare adeguatamente conto dell’attività politica complessiva e delle iniziative del primo ministro».

L’incognita del bavaglio tv e della sordina

Ma, prosegue il giornalista, «il fatto è che l’Agcom si è riservata un potere ultra-discrezionale e sovrano di valutare se, quando Meloni parla di un certo tema, lo stia facendo come capopartito o come capo del governo. Una volta introdotto l’elemento inafferrabile che abbiamo visto prima (le fasce orarie, gli ascolti, una par condicio estesa a dismisura e sottoposta a sanzioni-monstre), ogni testata radiotelevisiva, ogni direttore, ogni redazione, saranno esposti a dilemmi ingestibili: che fare se la Meloni fa un annuncio sui social? Come darne conto? Come trattare un’iniziativa del governo? Come “conteggiare” tutto?».

Per ogni insidia, la furbesca trovata? Non solo caos

E infine, pone l’ultimo dilemma in calce Capezzone, come riequilibrare il cosiddetto “tempo notizia”? Cioè, il tempo in cui il giornalista parla di un soggetto politico senza dare direttamente voce a un suo esponente. E l’intervento diretto? Un delirio insomma… Un caos che, nell’arbitrarietà generale, da declinare e proporzionare alla variabile discrezionale dei regolamenti, non può che generare confusione, richiami all’ordine e arbitrarietà…

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