Ho riletto con piacere le scorse settimane il primo libro di un autore che mi è molto caro, il goriziano Paolo Maurensig, scomparso nel 2021 all’età di 78 anni. Non so dire cosa esattamente mi abbia spinto a riprendere tra le mani “La Variante di Luneburg” dopo oltre trent’anni. Ricordavo ben poco del racconto, mi era rimasta impressa soltanto una vaga sensazione di inquietudine, come spesso capita quando i personaggi di un libro sono legati a un destino ineluttabile.
Maurensig adotta uno schema narrativo che riproporrà anche nelle opere successive: un crescendo di attesa e di mistero che coinvolge i protagonisti delle sue storie fino alla soluzione finale dell’enigma.
In questo romanzo, l’autore ci descrive nelle prime pagine la misteriosa morte dell’anziano Dieter Frisch, cagionata da un colpo di arma da fuoco esploso da brevissima distanza, mentre la vittima si trovava in una stanza della sua villa di campagna. L’arma era accanto al suo corpo: una pistola di ordinanza munita di silenziatore, appartenuta allo stesso Frisch.
Chi era quest’uomo e perché è deceduto in modo tragico? Ebbene, l’autore ci fornisce fin dall’inizio un’interessante chiave di lettura: “nessuno aveva pensato alla possibilità di un’esecuzione capitale, seppure differita nel tempo e nello spazio”.
Dopo queste parole, entra in scena il narratore (di cui non si conosce ancora l’identità) il quale ci fornisce ulteriori indizi. Accanto al corpo di Frisch, infatti, viene rinvenuta una strana scacchiera, costruita con ritagli di stoffa chiari e scuri cuciti assieme e dei pezzi ricavati da bottoni di varie dimensioni su cui erano state disegnate, o meglio incise, le figure dei pezzi del gioco.
Subito dopo, l’autore ci fornisce una seconda chiave di lettura: su quella scacchiera era riportata una posizione molto complessa del mediogioco che derivava da una particolare difesa che comportava, nella fase di apertura, il sacrificio da parte del Nero di un cavallo per due pedoni.
Il nome di quella difesa, la variante di Luneburg, era stato inventato molti anni prima dallo stesso Frisch il quale aveva cercato in ogni modo di demolirla scrivendo numerosi articoli su riviste scacchistiche.
Quella difesa, rivela la voce narrante, costituiva l’unica cosa che legava entrambi ad “un sogno infame del passato”, il filo conduttore che aveva consentito al misterioso protagonista di risalire fino alla persona a lungo cercata.
Fin dalle prime pagine, il lettore prova una irresistibile curiosità di conoscere la storia di questi acerrimi nemici e si pone le prime domande: quale evento del passato così gravido di tragiche conseguenze unisce i due uomini? Perché Frisch aveva avvertito la necessità di ricostruire quella posizione poco prima di morire? Quale messaggio era nascosto in quella variante difensiva e a chi era rivolto? Chi era il vero responsabile, materiale o morale, della morte violenta dell’uomo? Chi aveva emesso quella sentenza inappellabile?
Non sarà così facile sbrogliare l’intricata matassa nel corso del racconto. Entreranno in scena altri personaggi, ascolteremo le voci di altri protagonisti e si svilupperà una sorta di incastro narrativo, non tanto semplice da seguire per il lettore, ma comunque affascinante.
È il caratteristico incedere dello scrittore goriziano, che ritroviamo anche in “Canone inverso”, la sua seconda opera, e in “Teoria delle Ombre”, cui ho fatto riferimento in un altro articolo apparso sul nostro blog e dedicato alla scomparsa del grande Alexandr Alekine. Entrambi i romanzi, assieme alla Variante di Luneburg, sono, a mio avviso, i libri più riusciti di Paolo Maurensig.
Cosa rappresenta il gioco degli scacchi ne “La Variante di Luneburg”? È difficile rispondere a questa domanda. Indubbiamente, nulla a che vedere con l’immagine che si è imposta al giorno d’oggi. Sappiamo che da più di vent’anni ormai, predomina l’aspetto sportivo, scientifico ed agonistico degli scacchi, spinto all’estremo dall’irruzione dei computer nella preparazione e nell’analisi delle varianti.
A mio avviso, ne “La Variante di Luneburg” prevale invece l’aspetto romantico, epico, finanche eroico del gioco che rende la passione per gli scacchi un’attività quasi maniacale. I protagonisti ne sono ossessionati, ogni attimo della loro vita è in funzione del gioco stesso, la vittoria o la sconfitta sono le uniche possibilità. Prevalere sull’avversario rappresenta l’essenza del duello scacchistico, lo scopo stesso della vita.
Diverse le figure dei grandi del passato che mi sono venute in mente rileggendo il romanzo, ma in particolare ho pensato ad Alexandr Alekhine e a Bobby Fischer. Entrambi geni predestinati e ossessionati dal gioco degli scacchi che combattono strenuamente fino al raggiungimento dell’unico scopo della vita: il trionfo su ogni avversario. Non c’è altra possibilità o altra via d’uscita per l’Eroe.
Una volta raggiunto l’obiettivo, è inevitabile scomparire nell’oblio: la morte, la pazzia o il ritiro dal mondo, poco importa. Nulla può scalfire l’affermazione del proprio io, l’agognato trionfo della verità sulla menzogna.
Il gioco degli scacchi ne “La Variante di Luneburg” costituisce la fondamentale chiave di lettura per comprendere la tragica fine di Frisch. L’inevitabile affermazione della giustizia esige che il colpevole venga punito attraverso la sconfitta, il crollo della sua autorità, la fine di ogni illusione.
Gli eroi più famosi dei romanzi di Maurensig, come Frisch, Alekine, Kuno, o Morphy, sono tutti inseguiti dal proprio passato e cercano in ogni modo di sottrarsi al destino, senza riuscirci.
La via per ottenere giustizia e ristabilire l’equilibrio violato è spesso misteriosa, impalpabile, tuttavia non è mai rappresentata da un deus ex machina. Può restare ignota (come in “Teoria delle Ombre”) oppure può manifestarsi al termine (come ne “Il Canone Inverso”) o ancora fin dalle prime pagine del libro, ma ciò che affascina il lettore è il cammino che è chiamato a percorrere, pagina dopo pagina, fino alla scoperta del mistero.
Cosa rende indimenticabile la lettura de “La Variante di Luneburg”? Senza dubbio, a mio avviso, lo stile rigoroso dell’autore, che coinvolge fin dalle prime pagine il lettore avviluppandolo nell’intreccio misterioso della trama. Si procede come in una sorta di thriller seguendo la narrazione degli eventi e il flusso dei pensieri della voce narrante.
Non molti sono i dialoghi che si sviluppano nel corso del racconto, ma anch’essi contribuiscono a delineare il carattere dei personaggi e il loro ruolo nella vicenda. Ogni parola è scelta dall’autore con cura ed è inserita nella pagina al posto giusto, come il movimento di un pezzo sulla scacchiera, seguendo il piano di gioco elaborato dopo l’apertura.
Come ogni buon thriller, la soluzione dell’enigma (se nel nostro caso di soluzione si può parlare) è svelata verso la fine del racconto e affonda in un passato lontano che coinvolge i protagonisti. Negli ultimi capitoli, sembra quasi di udire le grida, i lamenti, le urla di dolore delle vittime innocenti che implorano giustizia.
Nella parte conclusiva, il pensiero ritorna alle prime pagine del racconto, quando vediamo Frisch disteso a terra con un proiettile nella testa e a fianco a lui la strana scacchiera con l’enigmatica disposizione dei pezzi.
Ricorderemo che anche in Teoria delle Ombre la prima immagine che ci viene in mente è quella della celebre foto di Alekine accasciato sulla poltrona, privo di vita; al suo fianco, è sistemata la scacchiera con tutti i pezzi nella posizione iniziale.
Ancora un mistero: quella scacchiera era già lì oppure qualcuno, prima della scoperta del cadavere, è entrato e ha modificato la scena (dell’ipotetico) delitto?
Ma questa è una storia diversa, un’avventura che appartiene a un altro celebre racconto di Paolo Maurensig.