IVREA. Arancere a piedi prima e poi sul carro, una passione per i cavalli che affonda le radici a quando era ragazzino. E poi l’inserirsi nella trafila che ti porta ad essere primo conducente fino a diventarlo. Da allora, presenza fissa e incursioni nel mondo dei cavalli anche ben lontano dal Canavese. Paolo Vicario, cinquant’anni il 22 marzo, dal 2016 è primo conducente del tiro a quattro Gli araldi della regina, lettera W. «I cavalli? Una passione difficile da descrivere. Diciamo che loro ti sentono, capiscono la tua personalità - spiega Vicario - . E tu devi farti comprendere da loro. Il cavallo è un animale predato, nel timore, tende ad allontanarsi. Tu devi porti con convinzione: fidati di me, faremo belle cose, staremo bene». Altro punto cruciale è come si vive questa passione: nella quotidianità, nell’averne cura e coltivarla sempre. «Con i cavalli bisogna confrontarsi ogni giorno - sottolinea -. Bisogna mettersi lì, pazienti, e lavorare sempre, tutti i giorni, con qualsiasi condizione meteorologica. Si sta fuori insieme, si fa un giro. Quale attività dà risultati se viene fatta una volta a settimana? Rispondo io: nes-su-na». Costanza, impegno, tenacia, feeling. Il feeling è tutto: «Chi conduce, lo sa - sottolinea -. Io prendo le redini e faccio alcune cose; gli stessi cavalli, con un’altra persona alle redini, ne fa altre. Io, i cavalli, li sento». Vicario ama i cavalli a sangue caldo: atletici, agonisti, dinamici, reattivi, sensibili.
«Con quanti cavalli ho avuto a che fare? Non saprei». Sorride. Però c’è un cavallo che, su tutti, è nel cuore. Ci pensa pochissimo. «Sì, c’è, è Winston. I cavalli sono dei compagni di vita. Non è per tutti, è un animale sensibile, che sa dare molto».
L’esperienza di Vicario è oltre i confini del Canavese. Racconta di come aveva incontrato Carlo Mascheroni (il più titolato driver), a una fiera dei cavalli a Verona. «Mi disse di andarlo a trovare, non lo feci. Lo reincontrai ad un’altra fiera: e allora? non sei venuto? Ci andai e collaborai con lui». Soddisfazioni, tante. Abilità imparate, molte: «Ma non si smette mai di apprendere».
Paolo Vicario ama i tiri lunghi e, quando spiega, si comprende meglio come ci sia tanto feeling perché non potrebbe mai e poi mai essere solo una questione di forza fisica. Non è solo spettacolo: eppure tutti ricordano, a Ivrea, San Savino 2015, quando Vicario entrò al Rondolino con un tiro a 12. Emozione, una scena da vecchio west calata in città, con i cavalli che ascoltano in qualche modo il guidatore anche senza sentirlo, considerata la distanza fisica che li separa e il rumore degli zoccoli sul selciato. Emozioni e sensazioni.
Carnevale è (anche) tutto questo. Paolo Vicario è un uomo che ama le atmosfere dei preparativi, l’assaporare il giorno prima. In cascina c’è un’atmosfera da sabato del villaggio. Brioches e succhi di frutta sul tavolo, fuori c’è chi lucida i finimenti. Sandro Peretto sta ferrando i cavalli, prima del tramonto i cavalli avranno le criniere e le code intrecciate.
Nico, Levante, Nino e Nando sono i quattro kwpn che traineranno Gli araldi della regina. Il momento più bello? «La domenica di presentazione dei carri - dice -. È il momento in cui puoi mostrare tutto il lavoro fatto, la preparazione che c’è dietro». E poi? E poi il Carnevale è amicizia, è condivisione. È incontrarsi e stare insieme, è trasmettere quello che sai alle generazioni più giovani, è vedere se stessi nelle loro aspirazioni, la storia che si ripete. —