Pavia. Una magra consolazione. Il risultato di Simone Verni, vogherese, si può sintetizzare così. Il volto pavese dei Cinque stelle è il secondo più votato in Regione nelle liste del movimento. Con 740 preferenze, supera il risultato personale delle regionali 2018 (cinquecento quelle incassate) e si avvicina ai colleghi del movimento di territori più vasti.
Ma il partito che alle politiche di settembre ha incassato il 15 per cento, in provincia si ferma poco oltre i quattro punti: risultato più simile a quello di una lista civica che a un partito che esprime ottanta parlamentari a Roma. Il movimento ha sfiorato il 20 per cento in provincia alle regionali 2018, piazzandosi sopra il risultato regionale. I numeri di Verni sono distanti dalle migliaia di preferenze incassate da esponenti del centrodestra pavese (come Lucchini o Fedegari)ma per il partito-movimento che ha sempre faticato sui territori, la sua è quasi un’eccezione. Specie al Nord e a livello locale, dove i Cinque stelle hanno sempre faticato di più. «Il mio approccio al territorio è stato ben giudicato – dice il politico – ma l’astensionismo ha lasciato campo libero alla destra».
«Premiato lo sforzo»
Il commento a caldo del consigliere uscente (che ieri ha seguito lo spoglio al liceo Grattoni di Voghera come rappresentante di lista) è sull’affluenza: meno del 40 per cento dei pavesi ha votato, e chi ha imbucato la scheda ha scelto la destra di Fontana. «L’astensionismo è stato un problema – dice – perché ha consegnato la Regione a una destra che governa da trent’anni, con gangli di potere radicati che aiutano a consolidare il consenso. È stata una sfida tra Davide e Golia». Sebbene la sfida sia sempre stata impari, Verni è riuscito a lanciare un segnale in controtendenza: «Il mio approccio alla politica è stato tarato sui bisogni della gente e le istanze del territorio: trasporti, sanità e ambiente. Sono sempre stato a fianco di cittadini, associazioni e delle loro esigenze. Ho dialogato con sindaci di ogni colore politico, non solo del movimento. L’attenzione al territorio ha pagato e per questo non posso che ringraziare. Ma il risultato rimane quello che è». Tra le cause del flop, Verni esclude l’apparentamento col partito democratico e il resto del centrosinistra, mentre i Cinque stelle laziali hanno corso da soli: «Due terzi degli iscritti hanno votato il programma condiviso. L’astensionismo e campagna elettorale infelice nei tempi hanno influito. Chi aveva più potenza di fuoco si è mosso con anticipo sul percorso».
«Manca la struttura»
Che Verni sia un’eccezione in un movimento senza radici lo ricorda anche Silvia Baldina, consigliera a Vigevano e coordinatrice della campagna elettorale del movimento: «Il risultato è deludente – dice – è mancata una struttura locale che non ci ha consentito di raccontare al meglio i punti del nostro programma. La forte astensione che ci fa capire quanto la gente sia stufa e non creda più nella politica: un campanello d’allarme che deve far riflettere». Fa eco Enrico Battaglia, ultimo per preferenze tra i candidati pavesi del movimento: «Tutta la coalizione è andata male, ma noi abbiamo ragionato troppo a livello dirigenziale guardando meno al territorio. Molti hanno votato senza esprimere una preferenza: vuol dire che i candidati non sono percepiti come un riferimento per l’elettore».