[15] J. Sinner b. T.M. Etcheverry 6-3 6-2 6-2
Jannik Sinner non sembra avere intenzione di perdere tempo. Dopo la passeggiata nel primo turno per sbarazzarsi del tormentato Kyle Edmund, il kid di Sesto Pusteria ha inteso offrire un’altra partita flash contro Tomas Martin Etcheverry, ventitreenne argentino di La Plata che giusto lunedì, battendo in rimonta Gregoire Barrere, aveva centrato il primo successo della sua vita in un tabellone principale di un torneo dello Slam. Per superare lo scozzese, complice qualche inopinata difficoltà nel chiudere l’incontro, a Jannik era servita un’ora e cinquantotto minuti. Oggi la durata è persino scesa: un’ora e quarantanove di tennis solido e a tratti persino scoppiettante, certo non sfavorito da un avversario di qualche cilindrata inferiore, in particolare su terreni rapidi. Il tetto chiuso sulla John Caine Arena causa condizioni meteo avverse – pioggia e sedici gradi, circa ventuno in meno rispetto alla stessa ora del Day 2 – ha ulteriormente rilassato il Nostro, subito parso in condizione di far agevolmente la propria parte.
E in effetti non c’è stato match: Sinner ha concluso la pratica senza concedere palle break e a sua volta sfruttando tutte e cinque le occasioni avute per strappare il servizio a un avversario mai in grado di issarsi ai vantaggi in risposta, convertendo per giunta in punti a favore l’88% di prime palle messe in campo. Etcheverry, buon potenziale da meglio apprezzare su superfici più lente, è stato di fatto in partita fino al due pari del primo set; la fatidica fase di rodaggio, come viene chiamata. Poi, la slavina. Il primo strappo dell’incontro Jannik l’ha imposto nel game numero sei, quando ha strappato il servizio al collega complici un paio di errori commessi da quest’ultimo. La testa di seria numero quindici, brava a muovere, mi si perdoni l’eufemismo, sarebbe più corretto dire sballottare, l’avversario e a pescare a ogni indizio di angolo aperto, si è portato sul cinque a due in coda a un parzialino di nove punti a zero. E, condotto in porto il primo set con una certa nonchalanche, ha premuto sull’acceleratore con ancor maggiore decisione.
Propiziato da un debordante dritto anomalo eseguito con i piedi in volo, e convertita da una benevola deviazione del nastro la risposta di rovescio nel punto successivo, nel terzo gioco del secondo set è arrivato il break che ha spaccato il secondo set, davanti allo sguardo sconsolato di un avversario per la prima volta in grado di fare due punti in ribattuta solo nel sesto game della medesima frazione. Nel frattempo Sinner gli aveva strappato il servizio un’altra volta, e dopo un’ora e cinque minuti la partita era già sostanzialmente conclusa. Il terzo set è stato una fotocopia di quello precedente, con la differenza che, stavolta, il break è arrivato subito, nel primo game: bravo Jannik a rispondere forte, profondo e ad aumentare nell’attimo buono i giri con il dritto; lo stesso dritto che, scintillante, gli permetterà di lì a poco di scippare una quinta volta la battuta a Etcheverry nel quinto gioco, pochi minuti prima della fine delle ostilità, dichiarata conclusa al primo match point disponibile.
Un Sinner scintillante, che sin qui, per superare due turni, ha impiegato meno di quatto ore e concesso tredici game in totale. Certo la sua temperatura andrà misurata da avversari più affidabili – il prossimo uno tra Lloyd Harris, il giustiziere di Lorenzo Musetti, e Marton Fucsovics – ma si possono avere sensazioni peggiori.