Lessico e nuvole... che voglia di piangere (o ridere) ho. Però non c’è Jannacci a cantare, né Paolo Conte a scrivere un testo o anche solo i nomi dei ministeri. C’è la nuova padrona (sorella, madre, moglie o amante d’Italia che sia, comunque straordinaria donna, la prima).
Al lessico per definire un’identità si fa ricorso quando la forma oscura la sostanza. Quel furbone di Socrate avrebbe chiesto: ti estì, cos’è? Come faceva ai sofisti del tempo per inchiodarli alla realtà. Cos’è il ministero della sovranità alimentare, sovrani de che, Giorgia, della polenta, dell’abbacchio o dei carciofi alla giudìa? Quello del mare, coniugato solo al sud (se sei di Grado o Bordighera, fattene una ragione: vieni dopo il Salento)? Quello della natalità abbinata alla famiglia, di default o per obbligo? Quello del merito ad avvalorare l’istruzione, come uno spartiacque per gli adolescenti, asini che siete se non tenete alto l’onore del paese? Quello del made in Italy, che se sono italiano e investo o compro all’estero divento un disfattista?
E niente, è andata così: perché dopo aver dimostrato cipiglio, personalità, destrezza (ops...) e statura nel conquistare le urne, nel ridicolizzare il figurante incerto e stizzito che ci hanno fatto credere fosse Berlusconi in persona, ridimensionata la boria già tramortita al voto di Salvini, tessuto comunque il filo di un rapporto salvifico con Draghi e chi tiene in mano il portafoglio in Europa, non le si poteva chiedere anche di deludere quella fetta di suo elettorato che ha bisogno di parole d’ordine e di ordine a parole. Cioè, tranquilli, ragazzi (un po’ attempati, molti): non è che qui adesso davvero la musica cambia, che finalmente c’è una destra che guarda al futuro e non al passato, senza rinchiuderci nella nostalgia e nei luoghi comuni...
Ma per fortuna da domani comincia un’altra storia, c’è da governare sul serio. E li si vedrà, se queste sono situazioni da contrabbando... tutto si può inventare, diceva la canzone.
