TRIESTE Nessuno è, veramente, triestino. O meglio: quasi nessuno è solamente triestino. A ben vedere, scrutando negli album di famiglia, si finisce sempre per scoprire una qualche radice istriana, una nonna austriaca, o un antenato da terre anche più lontane. Trieste, in fin dei conti, è proprio questo miscuglio: un intrecciarsi di storie improbabili e destini diversi. Anche chi a Trieste non c’è nato, ma piuttosto dalla città è stato adottato, finisce per essere assorbito da questa caoticità.
E dunque per essere triestini, o nuovi triestini, basta poco: aprire le braccia e accogliere ciò che la città ha da offrire. «Il vero triestino non è mai triestino: basta grattare la superficie, e siamo tutti stranieri. Forse per questo mi sono sempre sentita a casa, qui» racconta Judy Moss, inglese in città da oltre quarant’anni. E Judy, fin da suo arrivo, quando era solita presentarsi come “miss Moss”, spesso confuso con “mismas” – miscuglio, guazzabuglio – si sentiva proprio così: un po’ mismas, e quindi un po’ triestina. Judy nasce nel 1956 a Plymouth, in Inghilterra. Cresciuta in una famiglia operaia, terminata la scuola si iscrive al Royal Holloway College di Londra, per studiare letteratura inglese.
Durante l’università, Judy si mantiene da sola con dei lavoretti estivi, insegnando inglese alle comitive di giovani italiani ospiti del college per l’estate. Entusiasta dell’esperienza, dopo la laurea la ragazza prende un anno sabbatico, per visitare l’Italia e scoprire di più di quella cultura che tanto l’aveva affascinata. L’occasione si presenta presto: un posto da insegnante alla British School di Trieste.
È il 1979 quando Judy arriva in città. Trieste, che conosceva dai libri di storia e da qualche racconto, non manca di sconvolgerla: per certi versi è famigliare, le ricorda la città portuale nella quale è cresciuta, per molti altri del tutto inaspettata, così diversa da come l’aveva immaginata. «Trieste è stata illusione e delusione, ma lentamente mi ha conquistata. Volevo fare un’esperienza di un anno: dopo 43 anni sono ancora qui». Stregata dalla città, infatti, Judy decide di rimanervi. Dopo due anni ottiene un ruolo da insegnante nel corso di Lingue e letterature straniere all’Università di Trieste.
Gli anni passano, e nelle aule Judy cresce assieme ai suoi studenti. Dagli anni Ottanta si passa al nuovo millennio, arrivano Internet, la musica pop e i film sottotitolati: il mondo cambia, e con esso i ragazzi e i metodi di insegnamento. Senza mai rinunciare, però, alla gioia di sempre: «Ero un’insegnante molto esigente, ma anche divertente. A volte, una battuta poteva fare miracoli per vincere la loro attenzione». Negli anni, Judy conosce migliaia di studenti, che tuttora capita la sorprendano per strada con «Hello, prof!». Intere generazioni a cui Judy ha insegnato con dedizione, fino alla pensione, nel 2016.
Qui, la storia di Judy potrebbe interrompersi: una vita dedicata all’insegnamento, poi il meritato riposo, magari in campagna. O distesa al sole su qualche spiaggia, assieme alla sua compagna, conosciuta a Trieste 25 anni fa e con la quale convive da allora. Una vita da pensionata, insomma. Non fosse che, alla sua età, Judy abbia ancora una certa fama di donna scatenata, che è possibile incontrare alle feste o veder scorrazzare per la città a cavallo della sua motocicletta. Sì, perché miss Moss, a Trieste, non è stata esattamente ciò che ci si potrebbe aspettare dalla tipica “teacher”. I ricordi sono molti, e si perdono tra le risate. C’è il primissimo appartamento sopra l’osteria Da Libero, luogo magico e caro anche a Claudio Magris.
Ci sono le serate in quella bettola, dove i suoi stessi studenti facevano “lippe”, e che furono per Judy un vero e proprio battesimo: un bicer de vin, e via a divertirsi come una matta insieme ai muli e alle mule di passaggio. Ci sono poi le giornate al mare, ai Filtri tutta nuda, che la liberano da ogni imbarazzo e la rendono sempre più triestina nello spirito: libera, disinibita e sfacciata.
Gli anni da volontaria in “Settima Onda”, a sostegno della salute delle donne. La Cappella Underground, con le sue fantastiche rassegne di film: da Visconti a Fassbender. Judy è, poi, tra le socie storiche della Bonawentura, realtà culturale che nel 1990 dà vita al teatro Miela. Eclettica e creativa, miss Moss non si fa mancare neanche la musica: da trent’anni canta con il complesso jazz “The Judy Moss Quintet” e con il gruppo pop “Club 5”. Da Cole Porter ai Beatles, dall’American Songbook a Bob Dylan: non è raro incontrarla in qualche locale della città, a cantare come se gli anni non fossero mai passati.
C’è poi il British Film Club, di cui è presidente dal 2005, e con il quale organizza rassegne dei più bei film del momento. Tutto in english. E poi tanto altro, ma una sola storia non basterebbe per raccontare l’incredibile vita di Judy Moss, di giorno insegnante e di sera cantante, o artista, o motociclista, o mula scatenata nelle bettole di San Giusto. E non c’è niente di più triestino. «Ogni volta che dopo un viaggio faccio ritorno a Trieste, c’è un momento magico, che mi lascia senza parole. È il momento in cui attraverso la galleria naturale, sulla Costiera. Forse mi dimentico di suonare il clacson, come tradizione vuole, ma ogni volta un po’ mi commuovo. Mi commuovo come tutti i vecchi triestini romantici, come ormai sono anch’io: ammiro il golfo, e penso a quanta bella vita c’è laggiù». —
