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Mari sempre più caldi e pericolo boom di eventi estremi dopo l’estate. Soldini: “Dobbiamo cambiare le nostre abitudini”

Mentre nel dibattito politico italiano la parola ambiente sembra quasi una bella intenzione da inserire in un programma, spesso senza alcuna seria articolazione e priorità, la situazione su questo fronte si fa sempre più preoccupante.

I report degli scienziati, dopo i continui record delle temperature dei mari e l’aumento di eventi climatici estremi registrati nel 2021, sono di fronte a dati ancora più allarmanti in questo torrido 2022.

Se gli oceani si riscaldano come non si era mai registrato, e a Londra si gira in maglietta, preoccupa quanto sta avvenendo in mare chiuso come il Mediterraneo.

Ma perché il caldo ha effetti così negativi sulle acque?

Gli oceani assorbono circa un terzo dell`anidride carbonica prodotta dall’uomo. Quella storia del CO2 ormai diventata come una solfa che non spaventa più di tanto. Purtroppo l’ulteriore riscaldamento delle acque sta limitando questa capacità di assorbimento.  Inoltre il mare calmo determina una ancor più forte evaporazione che alimenta quelli che, ormai anche in Italia, sono noti come eventi estremi. Roba da clima tropicale.

Mare più caldo e ghiacciai che si sciolgono determinano un livello generale delle acque sempre più alto che sta già mettendo in serio allarme non solo gli atolli del Pacifico, ma anche tante realtà costiere.

È noto come in questa estate 2022 si sia assistito al fenomeno delle acque del mare che in pochi mesi sono entrate nel Po per circa 40 km. Una cosa mai vista, dagli effetti disastrosi per gli esterrefatti agricoltori e allevatori della zona.

Dietro questo fenomeno vi sono vari fattori: l’impressionante e rilevante diminuzione dello strato di neve sulle montagne, (il che significa meno acqua stoccata), associata alla quasi assenza della pioggia nel bacino padano, con temperature in costante ascesa rispetto alle medie. Il livello basso delle acque del Po ha consentito l’ingresso dell`acqua marina, rendendo inutilizzabile l’irrigazione dei campi, con acque diventate salmastre. Un problema anche per le ordinarie necessità di acqua potabile da parte della popolazione. 

L’acqua sempre più calda è anche l’origine delle morie di pesci registrate nell’Adriatico. I pesci muoiono per la scarsità di ossigeno e l’aumento dell’acidità. Un fatto che sta creando variazioni sulla fauna ittica, compromettendo delicati equilibri della catena alimentare marina già sotto stress per pesca selvaggia e inquinamento. Per non parlare dell’inarrestabile  invasione della plastica, che continua ad alimentare delle vere isole di spazzatura galleggiante, causa di pericolose microplastiche che, ingerite dai pesci, spesso finiscono sulle nostre tavole. 

È da sottolineare come questo riscaldamento globale caratterizzi sempre di più, come non mai, anche le acque più profonde con temperature anche qui da record. 

Il clima torrido ha un suo inevitabile corollario di siccità, incendi, perdita raccolti, razionamento dell’acqua potabile e processi di desertificazione. Se questo non si può ancora definire un cambiamento climatico non si sa cos’altro bisognerà attendere prima di intervenire per diffondere comportamenti virtuosi da parte di tutta la società.

 “il mondo deve mangiare meno carne e pesce, dobbiamo cambiare le nostre abitudini, mentre il mare è sempre più una pattumiera” è l’ennesimo appello lanciato del navigatore solitario Giovanni Soldini che, anni fa, aveva puntato il dito, insieme a Greenpeace, contro esercitazioni Nato in Italia  che, con i loro potenti sonar militari, erano responsabili del  disorientavano dei cetacei che finivano a morire sulle nostre spiagge. (un discorso che ovviamente vale anche per altre grandi potenze militari).

Gli esperti sono allarmati per cosa potrà succedere dopo questa calda estate per il possibile scatenarsi di eventi estremi. Inutile aggiungere cosa questo possa implicare in un Paese come l’Italia caratterizzato da una strutturale fragilità morfologica del suo territorio.  Questo a fronte di possibili aumenti di frane, alluvioni, smottamenti, con drammatici risvolti sul nostro patrimonio agroalimentare e sulla sicurezza.  Non ci riferiamo alla sicurezza  invocata da Salvini, ma quella legata al rischio che frani una collina su un paese o esondi un fiume.

Per fronteggiare queste emergenze da più parti si invoca un sistema meno consumistico, meno inquinante, una sorta di comunismo ecologico in cui ingenti risorse dovrebbero essere investite per proteggere e difendere un territorio a rischio idrogeologico. Un discorso di prevenzione rischio ambientale globale, in un paese dove intere aree si stanno desertificando tra caldo e incendi. Ma esiste una concreta volontà in tal senso?

Ad ascoltare quanto emerge in un dibattito preelettorale carico di rivalità personalistiche, tra chi urla meno tasse e chi invoca di eliminare lacci e lacciuoli per sviluppare l’imprenditoria impedendo anche una seria revisione del catasto, non sembrano molto di moda indicazioni e appelli per fronteggiare un’emergenza  ambientale ormai anch’essa globalizzata.  A quanto pare a livello mondiale si pensa ancora troppo alla difesa dei sacri confini e molto meno a fronteggiare e impegnarsi per un futuro più sereno e sicuro per tutti, visto che la natura e le sue reazioni non hanno confini.

Oltre a tanti furboni senza scrupoli, l’Italia è piena di risorse umane, di volontariato, di generosità, tuttavia senza una seria svolta ecologista, con chiare direttive statali e il supporto di una cittadinanza sempre più virtuosa e responsabile, non si riuscirà a fronteggiare concretamente le tempeste ambientali e sociali che potrebbero scoppiare già dopo l’estate. 

Oggi la parola sostenibilità è presente in ogni dibattito e in ogni pubblicità, anche quando si propongono scatolame o candeggina. Questo in un Paese che ancora non riesce a smaltire i suoi rifiuti nucleari e ad elevare il livello della sua raccolta differenziata, che  rimane l`unico sistema per ridurre l’impatto di discariche e termovalorizzatori.

Un discorso che non può prescindere dal coinvolgimento di una variegata realtà rappresentata da ottomila comuni, per lo più piccoli, il cui capillare coinvolgimento ha un ruolo fondamentale per una tutela ambientale diffusa. La sola che può assicurare quella difesa della nostra straordinaria biodiversità che rappresenta un vero patrimonio e una garanzia per un futuro davvero sostenibile. 

I giovani oggi sembrano molto sensibili alle tematiche ecologiste e sono sempre più quelli propensi a lavorare nel verde lasciando le città. Sicuramente è più facile trovare veri gretini tra  oligarchi e ultra ricconi, dediti al sistematico spreco spaccone, legato a  comportamenti iper consumistici.  Un discorso che tocca chiunque operi nella sistematica cementificazione del territorio, in un paese già pieno di case, e chi non rispetta il mare trattandolo come una discarica.

Non è forse un caso se nel nostro Paese i verdi abbiano sempre contato molto poco e sono stati spesso malvisti, a differenza di quanto si registra nel nord Europa. 

Certo l’Europa ha indicato parametri ambientalisti per i suoi stati membri ma la natura non sembra avere molta pazienza. Inutile ricordare come vi siano personaggi, come Trump e i suoi seguaci, per i quali il riscaldamento globale è una bufala speculativa e in fondo si tratta solo di ordinarie variazioni del clima.

Sulle responsabilità dell’uomo facciamo un ultimo cenno su un ulteriore allarme: quello sull’azoto.

L’azoto costituisce gran parte dell’atmosfera terrestre (circa il 78%). Un fatto naturale e assolutamente innocuo. Purtroppo però esiste un azoto reattivo, rilasciato dai fertilizzanti e dalla combustione dei carburanti fossili, all’origine di smog e piogge acide, che contribuisce a quel fenomeno noto come effetto serra.  Un azoto insomma non assorbito che diventa nocivo.

Dovremmo iniziare tutti a seguire l’appello di Soldini e di tanti esperti, certo non seguiti come gli influencer dello spreco e della vanità: Meno carne e meno consumismo, niente plastica, godendoci la natura. Insomma assumendo anche qualche sorso di descrescita felice. 

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