TRIESTE Graffi, pugni, calci, maltrattamenti, violenze fisiche e verbali. Così una 52enne triestina gestiva il suo rapporto con il figlio di 13 anni. Costringendolo anche a vivere in un appartamento con seri problemi di igiene e trascuratezza. A contribuire a fermare la mano violenta di quella donna e a farla arrestare, cogliendo i segnali di tanto disagio, è stata la titolare di un bar della zona di piazza Foraggi.
La madre e il figlio, triestini e avventori del locale, non sono passati inosservati alla donna mentre serviva dei caffè o preparava dei tramezzini. La barista si è accorta del modo di fare della madre, dei segni di violenza che il ragazzino riportava, delle evidenti difficoltà del tredicenne e dell’atteggiamento violento di sua mamma. E con responsabilità e senso civico ha deciso di non girare la testa dall’altra parte, presentandosi dai Carabinieri. Lì ha raccontato quello che aveva visto, i suoi sospetti, fornendo altri dettagli utili ai militari dell’Arma.
Grazie alla tempestiva azione della Procura della Repubblica, sono immediatamente scattate le indagini da parte del Nucleo Investigativo dell’Arma. I Carabinieri hanno sistemato all’interno dell’alloggio dove vivevano la donna e il minore delle microcamere. Agli inquirenti non è servito attendere molto per raccogliere le prove delle violenze e delle vessazioni che il ragazzino era costretto a subire dalla propria madre.
Non un episodio isolato, ma ripetuti maltrattamenti che lasciavano soprattutto sul volto e sulle braccia della vittima dei segni inequivocabili. In uno dei video catturati dai dispositivi installati nell’abitazione e diffuso ieri dal Comando provinciale dei Carabinieri – ovviamente con i volti dei protagonisti resi irriconoscibili a tutela del minore –, è possibile vedere come la donna, corpulenta, mentre lei e il figlio stanno discutendo sferri ripetutamente dei pugni in faccia al ragazzino che, esile, barcolla, non reagisce e poi cade all’indietro. In un’altra occasione la madre gli tira un calcio all’altezza del bacino. Il 13enne indietreggia e subisce il colpo.
Violenze che, come detto, lasciavano sul volto, sul collo, sulle braccia dell’adolescente degli ematomi, dei graffi, dei lividi. La donna, per timore che il figlio potesse raccontare a scuola o agli amici l’inferno domestico che stava vivendo, gli dava indicazioni precise sulle risposte da fornire nel caso qualcuno avesse notato e fatto domande sui quei segni. Insomma lo picchiava, si scagliava su di lui, ma poi lo obbligava a stare zitto, a subire quei ripetuti maltrattamenti riferendo di semplici cadute o di piccoli incidenti.
Grazie alle bugie che il ragazzino era obbligato a sostenere, e alla violenza psicologica che la madre utilizzava, in passato la donna era riuscita ad evitare una condanna per analoghi fatti. Dunque, la situazione si protraeva da anni, da quando il figlio era ancora un bambino.
A rendere il quadro ancora più drammatico sono le condizioni di degrado igienico sanitario in cui versava l’abitazione, e dove il ragazzino veniva costretto a crescere.
Raccolta la necessaria documentazione, a fronte di quella situazione e della totale sudditanza del ragazzo, «che ormai uso a tale violenza – indicano i Carabinieri – si riproponeva costantemente alla madre senza alcuna forma di autodifesa, anche istintiva», l’Autorità giudiziaria ha chiesto l’immediato l’arresto della 52enne, disponendo la custodia cautelare in carcere. Il ragazzo è stato invece affidato ai Servizi sociali ed inizierà un percorso di recupero psicologico.
I Carabinieri sottolineano come «l’unico elemento positivo di questa deprecabile vicenda è appunto il lodevole comportamento della privata cittadina che ha richiamato la nostra attenzione e che speriamo rappresenti un esempio da imitare». —
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