CORTINA. Neanche un segnale di pericolo. Non c’era alcuna avvertenza sulla strada regionale 48 che potesse mettere in guardia l’automobilista Carla Catturani, la sera del 4 agosto 2017. Eppure non erano per niente rare inondazioni o frane. La 61enne anestesista in pensione dell’istituto Codivilla Putti fu travolta e uccisa dalla colata di fango e detriti che verso le 23.30 si staccò dal monte Cristallo, distruggendo una parte della frazione di Alverà. Per questo motivo, l’ex dirigente di Veneto Strade Sandro D’Agostini è a processo per omicidio colposo. E ieri il consulente della famiglia Catturani, Giuseppe Monfreda, ha illustrato la sua perizia.
L’accusa a D’Agostini è di non aver predisposto idonei presidi di allarme formati da centraline, ecometri, stazioni semaforiche, terminale di segnalazione, sirene di avvertimento o luci a faro attivabili con un sistema di tiranti o fotocellule né mediante presidio umano, alle prime avvisaglie di smottamento, per poter bloccare il traffico di mezzi e il passaggio delle persone. Ma secondo lo specialista friulano mancava addirittura un semplice cartello di pericolo generico o caduta massi: eppure c’erano stati parecchi eventi, negli anni precedenti, tra esondazioni del rio Bigontina, frane e colate detritiche.
Il suo sopralluogo nell’area è del 3 marzo scorso (quasi cinque anni dopo i fatti di causa) e la viabilità è cambiata in maniera sostanziale con la costruzione di un ponte, ma all’epoca ogni volta che il tombotto si riempiva c’erano dei problemi, figurarsi dopo una frana come quella che è venuta giù dalla montana.
Non c’era nemmeno illuminazione pubblica, a parte un lampione più a valle, e mancava del tutto una segnaletica che poteva essere utile a evitare la tragedia. Insomma, ci sarebbero gravi colpe da parte di D’Agostini per quella strada pericolosa e dotata al massimo di new jersey, cioè quelle barriere in cemento o plastica colorata.
La consulenza è stata depositata al giudice Coniglio, che è il terzo magistrato a occuparsi del caso, dopo Angela Feletto ed Edoardo Zantedeschi. Poi doveva essere la volta del consulente della responsabile civile Veneto Strade, ma non si è visto in tribunale e l’avvocato di riferimento non è stato in grado di produrre la perizia e nemmeno farla stampare dalla cancelleria, premesso che in assenza del redattore non sarebbe stato possibile fargli delle domande. Il difensore di D’Agostini, Marco Vassallo, non ha acconsentito all’inversione dell’ordine delle testimonianze, di conseguenza è saltato di nuovo l’esame dell’imputato, che è stato rinviato proprio per questa ragione.
Coniglio avrebbe fissato un’udienza per mercoledì prossimo, ma lo stesso Vassallo sarà impegnato in udienza a Roma, di conseguenza si è anticipato a martedì 19, quando saranno sentiti il consulente ieri assente, l’imputato e almeno due dei dieci testimoni della difesa.
I difensori di parte civile, Carlotta e Giuseppe Campeis, hanno fatto garbatamente notare che manca soltanto un anno alla prescrizione del reato e rischiano di non poter nemmeno chiedere il milione di euro di risarcimento per i familiari di Carla Catturani.
L’altro procedimento
Chiuse le indagini postume, quelle della Procura generale di Venezia. Avviso di garanzia per l’ipotesi di reato di omicidio stradale a carico dell’ex sindaco ampezzano Gianpietro Ghedina e Lara Stefani di Veneto Strade, l’ente gestore della strada regionale 48 delle Dolomiti. Ci sarà presto la richiesta di rinvio a giudizio, per un reato più grave di quello per il quale è già a processo Sandro D’Agostini. Non ci sono altri indagati, dopo che l’inchiesta avviata dalla Procura di Belluno aveva coinvolto anche l’allora sindaco Andrea Franceschi, l’assessore Stefano Verocai e il responsabile dell’Ufficio Lavori pubblici Stefano Zardini Lacedelli. Per i tre, il pubblico ministero Roberta Gallego aveva chiesto e ottenuto l’archiviazione, ma non per D’Agostini, che la pubblica accusa ritiene responsabile.
Dopo le dimissioni di Franceschi, c’era stato il periodo di commissariamento con il viceprefetto Carlo De Rogatis in municipio e l’11 giugno 2017 l’elezione del sindaco Ghedina. La colata di fango e detriti che fece esondare il rio Bigontina e travolse la strada regionale 48 all’altezza di Alverà scese dal monte Cristallo la sera 4 agosto, questo significa che Ghedina era in carica da meno di due mesi e questo potrebbe anche scagionarlo dall’accusa di «non aver predisposto idonei presidi di allarme formati da centraline, ecometri, stazioni semaforiche, terminale di segnalazione, sirene di avvertimento, o luci a faro attivabili con un sistema di tiranti oppure fotocellule né mediante presidio umano, alle prime avvisaglie di smottamento, per poter bloccare il traffico di mezzi e il passaggio delle persone. E questo in una zona ripetutamente interessata da frane e colate, oltre che da esondazioni».
Prossima tappa il proscioglimento o il rinvio a giudizio per Ghedina e Stefani, il resto arriverà in un secondo momento