Visita assieme a Macron e Scholz: apertura sull’ingresso nell’Unione. I cereali passeranno via treno attraverso la Polonia e la Romania
Il viaggio si farà subito. Giovedì 16 giugno. A Kiev si ritroveranno il presidente del Consiglio italiano Mario Draghi, il presidente francese Emmanuel Macron e il cancelliere tedesco Olaf Scholz. Come previsto, dunque, sarà prima del Consiglio europeo, prima del G7 in Germania, prima del vertice Nato. Tutti e tre assieme, a indicare con una semplice fotografia tutto il sostegno dei tre Paesi europei più grandi al presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Sono gli ultimi leader ad andarci, gli altri ci sono già stati quasi tutti. Non ancora il presidente americano Joe Biden. Mentre la presidente della Commissione Ue Ursula Von Der Leyen c’è stata due volte, l’altro ieri l’ultima.
A Palazzo Chigi è stato dato ordine di non lasciare trapelare nulla per ragioni di sicurezza, ma La Stampa è venuta a conoscenza della data e ha ricevuto conferma nella triangolazione con Berlino e Parigi. Come spiegano fonti di governo, è significativo che vadano tutti e tre, e che ci sia l’Italia a rompere il tradizionale asse franco-tedesco. Anche perché il governo di Roma è quello che, tra i tre, ha messo meno paletti all’allargamento dell’Ue verso Est e all’ingresso dell’Ucraina. Per Draghi è l’occasione anche per fare il punto con i partner dopo il viaggio in Israele (che si concluderà 48 ore prima della tappa a Kiev) e per discutere realisticamente se ci siamo i margini per un negoziato con i russi per trovare uno sbocco per la pace. Anche se il governo di Zelensky ha sempre fatto sapere di non essere disposto a concedere territori a Mosca.
Ma la presenza a Kiev di Macron e Scholz è attesa anche perché rappresenta un cambio di tono da parte dei due leader, con la promessa che Francia e Germania saranno al fianco dell’Ucraina, superando quelle che Kiev ha percepito finora come ambiguità e tensioni. Non più tardi di una settimana fa, infatti, le parole del leader francese sulla necessità di non «umiliare» la Russia avevano irritato Zelensky, che aveva subito replicato: «Mosca non ci umilia, ci uccide». Poi, Parigi ha fatto retromarcia. A riallacciare i contatti è stata la telefonata di Macron col presidente in guerra, in cui il francese ha auspicato una chiara e netta vittoria dell'Ucraina e ha preannunciato che fornirà armi a Kiev, tra cui i carri armati Caesar. Quanto a Scholz, la reputazione del leader tedesco in Ucraina è al minimo storico. Sui social media circola un verbo derivato dal suo cognome: “Scholzen”, cioè «chi promette e non mantiene». Troppi i tentennamenti, prima sul gas, ora sulla candidatura ad entrare nella Ue, infine sulle armi. Tanto che l’ambasciatore ucraino in Germania, Andrij Melnyk, ha twittato che dall’inizio dell’invasione, le importazioni dalla Russia in Germania sono aumentate del 60%, quelle dall’Ucraina sono diminuite invece dell’11%. E che Berlino non ha ancora fornito alcuna arma pesante al suo Paese. I primi obici tedeschi potrebbero arrivare il 22 giugno, forse troppo tardi per sostenere una controffensiva nelle città chiave come Severodonetsk.
Quel che è certo è che Draghi, Macron e Scholz parleranno con Zelensky dello sminamento dei porti e dello sblocco dei corridoi del grano. Tema quest’ultimo che il nostro premier ha messo in cima all’agenda. L'Ucraina ha stabilito due rotte terrestri, attraverso la Polonia e la Romania, per esportare i cereali bloccati ed evitare una crisi alimentare globale, sebbene alcuni colli di bottiglia abbiano rallentato la catena di approvvigionamento. Il viceministro degli Esteri di Kiev, Dmytro Senik, ha anche annunciato di essere in trattativa con gli Stati baltici per aggiungere un terzo corridoio.
Kiev è quarto esportatore di grano al mondo e sostiene di avere circa 30 milioni di tonnellate di cereali bloccate nei territori sotto il suo controllo, che sta provando a portare fuori su strada, fiume e ferrovia perché i porti sono controllati dai russi o minati. Sulla spinta della necessità alimentare, il tour a Kiev di Macron sarà anticipato da un viaggio in Romania martedì, dove il presidente francese saluterà i soldati mandati a rafforzare il contingente Nato nei Paesi dell’Est, per poi proseguire verso la Moldavia, dove l’idea è di dare un sostegno a uno Stato che rischia di essere destabilizzato dall’invasione russa. Infine, la tappa ucraina, a sancire la compattezza dei tre Paesi forti della Ue al fianco di Kiev.